RESTAURO
XXII Edizione
Ferrara Fiere
6-9 Maggio
La città dei musei. Le città della
ricerca
Con gli auspici del Ministero
dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo è stato promosso a partire da
maggio 2015 il progetto internazionale “La città dei musei. Le città della
ricerca”, con l’idea di un nuovo museo, il museo della viva conoscenza.
L’occasione del progetto
nasce dalla ricerca del corpus mondiale
degli smalti su rame detti veneziani del Rinascimento italiano promosso dal
Département des Objets d’art de Musée du Louvre in collaborazione con Centre de
Resauration des Musée de France e la Fondazione Giorgio
Cini di Venezia, che ha consentito di mettere in campo sul territorio la
presenza di uno dei più grandi musei del mondo insieme a istituzioni italiane
di prestigio – presenza che può essere opportunamente indirizzata alla
creazione di ulteriori scambi e progetti – dato il percorso già tracciato ad
opera solo delle singole volontà e soprattutto dagli stessi temi e metodi di
ricerca innovativi proposti ad ampio raggio, in chiave risolutamente
interdisciplinare.
L’incontro di studio ed
approfondimento, all’interno della Fiera del Restauro è stato introdotto da
Letizia Caselli, responsabile scientifica del progetto internazionale “La città
dei musei. La città della ricerca”.
Sono seguite le relazioni di
Françoise Barbe. Le
corpus mondial des émaux peints sur cuivre dits vénitiens de la Renaissance italiane, conservatrice,
Département des Objets d’Art, Musée du Louvre de Paris
e Béatrice Beillard Les altérations des émaux avec une approche
détaillée sur les émaux dits vénitiens du Musée du Louvre,
restauratrice al Musée du
Louvre de Paris.
Ma le riflessioni più
pregnanti sul “significato di museo” sono venute dal contributo di Tommaso
Montanari, docente di storia dell’arte all’Università degli Studi di Napoli
Federico II, da Giovanni Alliata di Montereale, nipote di Vittorio Cini e da un
dibattito attento ed approfondito.
Da queste riflessioni nasce
la necessità di considerare il museo come un’istituzione permanente senza scopo
di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che
effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del
suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificatamente le
espone per scopi di studio, educazione e diletto.
È necessario ricordare che delle nove Muse nessuna
presiedeva alla pittura, alla scultura o all’architettura: il museo prende il
nome da un consesso che praticava la poesia in tutte le sue varianti, il canto,
il mimo e il teatro, la scienza e la storia.
È l’uomo tutto intero, il vero progetto del museo. Le
competenze specialistiche sono fondamentali: ma l’ago della bussola segue l’humanitas.
Il museo è un’istituzione
politica, un elemento cruciale nella costituzione della polis.
E con le altre istituzioni
politiche e religiose dell’Italia di oggi il museo condivide lo smarrimento, la
confusione, a volte la corruzione, spesso il discredito.
Ma, proprio come loro, non
può essere sostituito con qualcosa di meglio: come loro, per tornare a essere
utile deve tornare a essere davvero istituzione. Indipendente, autorevole,
obbediente solo alla scienza, alla coscienza, alla legge.
Il museo non è una mostra.
Non è effimero. Non si smonta. Non apre a singhiozzo. Non deve essere
fagocitato, occultato, distrutto dalle mostre che ospita, né spolpato da quelle
che alimenta. Deve essere un indirizzo sicuro: dove un cittadino sa che può
trovare le opere che cerca. Né può ridurre la sua attività didattica, alle
mostre.
Forse in questo momento
dovrebbe rifiutarsi di accoglierle, promuoverle, fornirle di opere. È
un contesto intellettuale, non un’attrezzeria di scena.
Le opere dei musei sono
uscite, faticosamente, dal circuito economico. Hanno un senso nuovo. Un senso
che non si vende e non si compra. Un museo che presta le sue opere a pagamento
non è un museo. Un museo che noleggia le sue sale a pagamento non è un museo.
Non si può servire a due padroni.
In Italia i musei sono al
servizio della sovranità del popolo, dell’uguaglianza sostanziale. Al servizio
dell’integrazione e della dignità di tutti.
Al pubblico: non al privato.
Come la biblioteca, anche il museo deve essere una piazza del sapere. Non un
luogo dove si va una volta nella vita, per vaccinarsi: ma uno spazio pubblico
aperto. Ai cittadini, prima che hai turisti. Un luogo dove i bambini possano
crescere, gli adulti rimanere umani, gli anziani godersi la libertà.
Un luogo dove si va per
vedere anche un’opera sola: come si va in biblioteca a leggere un libro. Il cuore
vero del museo è la ricerca. Un museo che non fa ricerca è un deposito di roba
vecchia. Il fine non è la tutela: la tutela è uno strumento per la conoscenza.
Quella scientifica, che poi deve diventare diffusa. Un museo non è una
discarica per politici trombati, presidenti di banca cacciati, giornalisti
finiti, membri cadetti di grandi famiglie.
Un museo che non è guidato da
un ricercatore è come un’aereo che non è guidato da un pilota. Il museo non può
diventare opaco, non deve essere un feticcio, un idolo.
Il museo è un mezzo: più è
trasparente, più funziona.
Nell’intervento di Giovanni
Alliata la presentazione della Galleria di Palazzo Cini a Venezia, descrive, di
fatto, un museo dinamico ed attivo, oltre che per le sue storiche e
straordinarie collezioni d’arte antica, per la coraggiosa e nuova apertura al contemporaneo. Ma, in
questo contesto di mecenatismo, non bisogna dimenticare la straordinaria
collezione di arte contemporanea, che raccoglieva Casa Cini di Ferrara, abitazione
in cui Vittorio Cini era nato. Questo luogo che il conte Cini donò (come dice
la lapide) ai giovani e alla cultura era diventato, oltre che vivace centro
culturale un vero e proprio Museo, visitato e vissuto dalla cittadinanza e non
solo, luogo di studio e di ricerca. Studio vuol dire amore, educazione vuol
dire tirar fuori l’umanità che è chiusa nell’uomo, mentre il diletto è la
dolcezza che ci avvince alla vita. Se un museo riesce a ridare a queste tre parole
il significato etimologico, profondo: ebbene, quello è davvero un museo e “Casa
Cini” di Ferrara lo era veramente.
Ma ora quel museo non esiste
più, la diocesi ha preferito disperdere tutto quel patrimonio con le sue
biblioteche e il suo intreccio d’amore.
Talebano. Così in Italia, è
chiamato chi distrugge l’arte del passato – come i Talebani veri, quelli dei Buddha di Bamiyan- il patrimonio di Casa
Cini e gran parte della sua storia è stato distrutto senza pietà…
L’onestà intellettuale ci comanda di mettere in chiaro
che oggi tutti coloro i quali vivono in attesa di nuovi
profeti e nuovi redentori si trovano nella stessa
situazione
che risuona in quel canto della sentinella di Edom
durante il periodo dell’esilio, raccolto nell’oracolo
di
Isaia:<< Una voce chiama da Seir in Edom:
sentinella,
quanto durerà ancora la notte? E la sentinella
risponde:
verrà il mattino, ma è ancora notte; se volete
domandare,
ritornate un’altra volta>>. Il popolo al quale
veniva
data questa risposta ha domandato e atteso ben più di
due millenni, e conosciamo il suo sconvolgente
destino.
Ne vogliamo trarre l’insegnamento che anelare e
attendere
non basta, e faremo altrimenti: ci metteremo al nostro
lavoro, e adempiremo << alla richiesta di ogni
giorno>>
come uomini, e nel nostro lavoro.
Max Weber, La scienza come professione, 1917
Maria Paola Forlani
La restauratrice del Louvre si chiama Béatrice Beillard.
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