Domenico Cerato
Architetto a Padova nel Secolo dei
Lumi
L’opera di
Domenico Cerato, architetto vicentino ma attivo soprattutto a Padova, ha
segnato in modo decisivo l’aspetto della città.
A lui si
devono progetti delle principali opere architettoniche del Settecento, come la
sistemazione della Specola Astronomica, la realizzazione del Prato della Valle
e dell’Ospedale Giustinianeo. Come afferma l’Assessore alla Cultura Matteo
Cavatton: “Grazie ai suoi innovativi progetti anche la tradizionale identità di
Padova risultò modificata, arricchendosi di nuovi simboli urbani, nuovi spazi
nei quali ritrovare, affermare e divulgare la propria immagine.”
La mostra
promossa dal Comune di Padova – Assessorato alla Cultura, allestita a Palazzo
Zuckerman (catalogo Skira) fino al 26 febbraio 2017 a cura di Vincenza Cinzia
Donvito e Stefano Zaggia, rende esplicita questa trasformazione e la grande
forza innovativa dell’attività di Cerato. Accanto a una sezione di suoi disegni
originali – taluni inediti – conservati presso la Biblioteca Civica, sono
esposte opere di contesto da Canaletto a Francesco Piranesi, da Giorgio Fossati
a Giuseppe Subleyras – dipinti, affascinanti acquarelli, incisioni, volumi e
stampe – in grado di testimoniare l’evoluzione dell’immagine della città
.
Cerato fu
interprete a Padova delle istanze funzionalistiche in architettura propugnate
da Carlo Lodoli, tramite le committenze dei patrizi veneti Angelo Querini e
Andrea Memmo, propugnatori dell’architettura come strumento di riforma
socio-politica. Il riferimento era l’élite culturale dell’illuminismo
scientifico a Padova alla quale appartenevano anche il matematico Giovanni
Poleni, con cui Cerano intrattenne rapporti epistolari, e Giuseppe Toaldo,
astronomo, al quale fu legato da grande amicizia. Occupatosi con spirito
pragramatico della trasformazione della perduta Villa Quarini ad Altichiero da
modesta casa di campagna in una sorta di manifesto degli ideali antiquari,
artistici, scientifici e agronomici di Quarini.
Cerano usò
lo stesso approccio per fondare a Padova nel 1766, come aveva fatto a Vicenza,
una scuola privata di architettura.
Interveniva
così nel dibattito sulla formazione dell’architetto chiamato a tener conto, per
esempio, anche degli aspetti economici dell’edilizia.
Stabilitosi
a Padova ormai cinquantenne – ospite di Toaldo – gli viene chiesto di occuparsi
della realizzazione di una Moderna
Specola astronomica che trasformasse radicalmente la Torlonga del Castello
medioevale.
Ci vorrà un
decennio per realizzare il suo progetto ma sarà un successo: Cerato e Toaldo
abitarono nella casa per l’Astronomo e presso la Specola – “eretta a maggior
lustro e vantaggio della cattedra d’astronomia” – Cerato vi avviò anche
l’attività d’insegnamento, pensato sempre con un’impostazione eminentemente
pratica “per tagliapietra, muratori e marangoni”.
La modernità
della Specola fu subito compresa e la torre astronomica venne inserita nelle
vedute antologiche della pianta di Giovanni Valle (1784), tra le Fabriche più considerabili della città nelle
acqueforti di Francesco Belluco (1787) e tra i più rappresentativi edifici di
Padova nelle Memorie di Chevalier,
pubblicate dai Gamba.
Stessa cosa
avvenne per l’ospedale commissionato da Andrea Memmo – con un enorme portato di
innovazione e moderno funzionalismo – e per Prato della Valle.
In mostra,
tra le varie documentazioni, vi è anche una gustosa rappresentazione
dell’ospedale a lavori ancora in corso, disegnata da Daniele Danieletti con la
direzione di Cerano: una rappresentazione animata da numerose figurette e forse
realizzata in occasione della raccolta fondi per sostenere l’impresa.
Quella della
ricerca di finanziamenti e, diremmo oggi, del fundraising era evidentemente un
problema già sentito all’epoca e si ripeterà anche per Prato della Valle:
l’impresa di Cerato destinata al maggior successo nell’iconografia identitaria
della città.
Lo sforzo dell’illuminato Andrea Memmo – provveditore straordinario
di Padova dal 1775 al 1776 – per riqualificare e ammodernare la città, trova
nel recupero morfologico e funzionale della zona depressa di Prato della Valle
il suo momento più alto. Memmo affida a Cerato il progetto, che doveva
rispondere ad esigenze pratiche, sociali ed economiche insieme, con l'obiettivo
di una piazza che fosse destinata a usi commerciali e di spettacolo ma anche di
svago, sia per i cittadini che per i turisti.
Ma i fondi non bastano e dunque
avvia il finanziamento delle statue da parte dei cittadini.
La bella
veduta di Canaletto in mostra, del 1740, evidenzia la situazione antecedente l’intervento
con l’area invasa dalle acque stagnanti mentre un’altra opera precedente al
1767 mostra la zona di pertinenza di Santa Giustina adibita a pascolo con
abbeveratoi e canneti. Diverse stampe testimoniano invece differenti stadi dell’intervento
con l’inserimento anche di elementi non ancora realizzati.
Saranno due
carte – il disegno dell’architetto Subleyras e l’incisione di Piranesi – volute
dallo stesso Memmo per gli amici, a mostrare l’opera assai vicina alla
definitiva realizzazione.
Padova aveva
un luogo simbolo per la propria identità urbana.
Maria Paola
Forlani
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