Liberty in Italia
Artisti alla ricerca del moderno
Gli anni di
passaggio dall’Ottocento al Novecento sono contrassegnati da una profonda crisi
di cui se ne riscontrano le conseguenze in quasi tutti gli artisti.
Da un lato
prosegue l’ottimistica fede nel progresso scientifico, che appare inarrestabile
e tale da portare a soluzione ogni problema umano, una fede che non è soltanto
sentita negli ambienti còlti ma in ogni strato sociale, tanto da trovare
esplicazione visiva popolare in quel ballo Excelsior
( del coreografo Luigi Manzotti e del musicista Romualdo Marenco) che,
incentrato sulla lotta fra oscurantismo e civiltà con la luminosa vittoria
finale di questa, conobbe, dopo la trionfale <<prima>> alla Scala di Milano nel 1881, successi
strepitosi in tutto il mondo, fino alla scoppio della prima guerra mondiale
(1914). E del resto, prima che quest’ultima spazzasse via, con la brutalità
della violenza e della morte, tutte le illusorie speranze di pace e di civiltà,
sembrava che l’Europa avesse finalmente trovato un’era di prosperità economica
e di stabilità politica.
Dall’altro
lato però ci si rende conto che questa <<felicità>> universale è
solo apparente. Se la borghesia al potere è ricca, lo è sfruttando il lavoro
delle classi subalterne, costrette a lottare per conquistare una migliore
qualità di vita. E il progresso tecnico non è necessariamente legato al
progresso dell’umanità, anzi rischia di meccanizzare l’uomo uccidendone la spiritualità,
cosicchè sarà necessario, invece che considerare la tecnica come fine a se
stessa, cercare (lo afferma il filosofo francese Henri Bergson) un
<<supplemento d’anima>>.
Ѐ questa una delle aspirazioni di quella corrente culturale, che si
manifesta dapprima e soprattutto in Francia, detta
<<decadentismo>>, la quale per evadere dalla materialità volgare
della realtà, si rifugia in un mondo intimo e raffinato, in un mondo fatto di
sogni e di immaginazione, svincolato dalle leggi rigorose della ragione, libero
come la musica, un mondo intellettuale, quale sembrava essere stato non quello
delle età classiche ma epoche dette di <<decadenza>>. Sono le
caratteristiche di letterati come Baudelaire, Villiers de L’Isle-Adam, Malarmé,
che, in pittura, si può riscontrare in Odilon Redon, nei Nabis e in generale, in tutti i <<simbolisti>>.
Elementi stilistici comuni sono l’innaturalità della rappresentazione, il
colore piatto, la linea elegantemente sinuosa.
Ѐ in questo clima <<decadente>> che nasce e si diffonde in
tutta Europa il movimento detto Art
Nouveau nei paesi di lingua francese, Modern
Style
in
Inghilterra, Modernismo in Spagna, Jiunghestil in Germania, Sezessiontil
in Austria, Liberty o Floreale in Italia.
A Reggio
Emilia nella sede di Palazzo Magnani, fino al 14 febbraio 2017, si è aperta una
ampia e raffinata indagine sul Liberty in Italia a cura di Francesco Parisi e
Anna Villari (catalogo SilvanaEditoriale), divisa in sette sezioni che vedono
riunite quasi 300 opere: dipinti, sculture, illustrazioni, progetti
architettonici, manifesti, ceramiche, incisioni.
Ogni sezione
della mostra – dedicata al dialogo tra le diverse arti – mette in luce
l’alternanza tra le due “anime” del Liberty italiano: quella propriamente
floreale e quella “modernista”, più inquieta, stilizzata ed essenziale e che
precederà le ricerche delle avanguardie, in primis il Futurismo.
Filo rosso
che collega tutte le sezioni di mostra è lo stesso dialogo tra opera e processo
creativo, che si manifesta attraverso la pratica del disegno e l’esercizio
sulla linea grafica: alle pitture, sculture, ceramiche, ai progetti decorativi
e ai manifesti sono stati infatti accostati bozzetti preparatori, cartoni, i
disegni relativi a vasi, piatti e oggetti, in continuo scambio tra arti e campi
di ricerca: si può così scoprire che lo scultore Arturo Martini ha disegnato
vasi in ceramica, Felice Casorati ha progettato una fontana, Vittorio Corcos è
stato anche cartellonista e Umberto Boccioni, oltre che cartellonista, ha
disegnato alcune vignette per il “Corriere dei Piccoli”. Che risale insomma proprio
al Liberty la ricerca di una bellezza applicata, grazie alla firma di un
“autore”, a tutte le forme del vivere quotidiano.
Una chiave
inconsueta che rivela, entrando nel vivo del “fare” e nella mente dell’artista,
la vera essenza concettuale e espressiva del Liberty, un movimento, una
tendenza e una moda che, a distanza di più di cento anni, non ha ancora
esaurito il suo potere seduttivo.
Nelle tre
ampie sale dedicate interamente alla pittura emerge come in Italia non sia
possibile individuare uno stile unitario riconducibile ad un ortodossia liberty,
ma piuttosto una varietà dovuta da una parte alla fedeltà di una tradizione
regionale, dall’altra alla volontà di adeguarsi a esperienze straniere. Il
percorso si snoda attraverso i primi tentativi di aggiornamento del gusto, con
l’opera degli artisti del gruppo “In Arte Libertas” di matrice preraffaellita,
e con la pittura a pennellate filamentose di Nomellini e Previati, che
filtrarono le ricerche del divisionismo attraverso temi ed atmosfere
simboliste; un’ampia sezione di ritratti, nudi e allegorie, da Giulio
Bargellini a Giovanni Costetti, da Amadeo Bocchi ad Armando Spadini, accostati
ai disegni preparatori, evidenziano la pluralità delle ricerche e come in
Italia non fosse affidata solo alla linea sinuosa e fluttuante, derivata
principalmente dal mondo vegetale, la ricerca di innovazione di linguaggio.
I temi
correlati della dimora d’artista e della autocommittenza forniscono un punto di
osservazione privilegiato per guardare all’architettura del liberty italiano e
al tema, di primaria importanza, della casa. Anche in Italia le dimore
d’artista offrono agli architetti per un verso imprenscindibili spunti di
riflessione sui temi dello spazio della creatività, e sull’autorappresentazione
dell’artista all’interno della società; per altro offrono l’opportunità di
singolari rapporti con il committente finalizzati alla creazione di importanti
esperimenti di “opere d’arte totali”. A questo poi si collega il tema della
autocommittenza, allorchè l’architetto – svincolato da ogni imposizione del
cliente e dal suo gusto – è libero di esprimersi nella massima autonomia. Il
progetto della propria dimora così offre – anche per quanto attiene i massimi
protagonisti dell’architettura liberty italiana, quali Raimondo D’Aronco e
Ernesto Basile – il migliore campo di sperimentazione per il linguaggio
modernista, anche in tutte le sue contaminazioni e contraddizioni.
Maria Paola
Forlani
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