Giovanni dal Ponte
La Galleria
dell’Accademia di Firenze ospita la prima mostra monografica, con circa
cinquanta opere, dedicata al pittore Giovanni dal Ponte (1385 – 1437/ 8) – a
cura di Angelo Tartuferi e Lorenzo Sbaraglio – (catalogo Giunti) che viene a colmare una
carenza di studi e conoscenza avvertita da tempo nell’ambito degli studi
storico artistici.
Finalità
principali della mostra sono quelle di favorire una classificazione critica più
adeguata di questa forte personalità artistica del primo Quattrocento, che
occupò un ruolo non marginale negli sviluppi della pittura fiorentina del primo
Rinascimento e di presentarlo al vasto pubblico affinchè ne scopra e apprezzi
il linguaggio assai individuale ed al tempo stesso estroso, nonché aggiornato sull’attività
dei maggiori artisti operanti nel capoluogo toscano nel primo trentennio del XV
secolo: da Gherardo Starnina a Lorenzo Monaco e Lorenzo Ghiberti fino a
Masaccio, Masolino e Beato Angelico.
La
formazione artistica del pittore si svolse probabilmente in una bottega di
tradizione trecentesca, anche se un’influenza fondamentale la esercitò ben
presto Gherardo Starnina, che – al suo ritorno dalla Spagna nei primissimi anni
del Quattrocento – introdusse a Firenze un’interpretazione esuberante e profonda
della pittura tardogotica, risultata decisiva per Giovanni e per la formazione
del suo stile.
Giovanni di
Marco – ricordato come Giovanni dal Ponte nelle Vite del Vasari per il fatto di essere abitante e aver avuto
bottega a Firenze nella parrocchia di Santo Stefano al Ponte – si rivelò subito
partecipe del panorama culturale fiorentino agli albori del Quattrocento,
caratterizzato, come noto, da una straordinaria vitalità creativa.
L’opera più
importante della sua fase più antica giunta fino a noi è il trittico del Museo
di San Donnino a Campi Bisanzio, in origine nella chiesa di Sant’Andrea a
Brozzi. Il dipinto è stato per lungo tempo riferito a un ipotetico “Maestro
dell’Annunciazione di Brozzi”, ma ai giorni nostri si ritiene che esso
documenti gli esordi di Giovanni dal Ponte intorno il 1410, con riflessi assai
spiccati dell’artista Gherardo Starnina.
Nel corso
del terzo decennio del Quattrocento Giovanni di Marco dimostra una crescente
attenzione nell’interpretare gli spunti della nascente cultura rinascimentale,
in pittura di fonte soprattutto masaccesca, come si può notare nel polittico
che aveva al centro la Madonna col
Bambino in trono (Fitzwilliam Museum, Cambridge) e ai lati i santi Giovanni e Pietro a sinistra, e a destra
i santi Paolo e Francesco d’Assisi (Museo
Bandini, Fiesole) e con predella raffigurante la Liberazione di San Pietro, San Tommaso e San Giacomo maggiore, Luca e
Giacomo minore, Andrea e Giovanni evangelista, Matteo e Filippo (Uffizi,
Firenze).
Dal 1427
circa Giovanni dal Ponte fu in società con il pittore Smeraldo di Giovanni,
insieme al quale si specializzò nella fornitura di cassoni dipinti, un genere
che incontrava un grandissimo successo nella Firenze di quegli anni. Tra gli
esemplari più belli di questa produzione si annovera il fronte di cassone del
Museo Civico “Amadeo Lia” di La Spezia. Proveniente da un cassone nunziale, la
tavola raffigura quattro episodi dal Teseida,
poemetto epico composto verso il 1340 da Giovanni Boccaccio. Vi si racconta
di Arcita, che nel combattimento vinto con l’amico Palemone per sposare Emilia
si ferisce cadendo da cavallo. Morente, chiama Teseo, duca d’Atene, per
pregarlo di acconsentire al matrimonio tra l’amico e l’amata.
Al capezzale
di Arcita giungono poi vari personaggi, tra cui Emilia e Palemone che in un
primo momento non vogliono esaudire il suo desiderio (libro X).
Nel primo
episodio del pannello si notano infatti le loro reazioni concitate. Teseo
sembra ispirarsi all’iconografia del Cristo Giudice nel Giudizio Universale,
con la mano destra che accoglie i beati e la sinistra che rifiuta i dannati.
Morto Arcita, il successivo episodio illustra il suo rogo (libro XI), con i
cavalieri che gettano nel fuoco, come narrano nel Teseida, <<militari, armi e gioielli>> (libro XI,
XLVIII, 3); seguono il matrimonio tra Emilia e Palemone, celebrato da Teseo, e
la festa nunziale (libro XII), con suonatori e balli. Non stupisce, data la
funzione nuziale del mobile, il rilievo riservato alla scena del matrimonio:
sebbene nella società fiorentina del periodo quest’evento fosse più un patto
economico o politico tra famiglie che una questione sentimentale, nella maggior
parte dei cassoni di fine XIV – inizi XV secolo è protagonista il tema
dell’amore; solo in una fase successiva predomineranno trionfi o battaglie. In
questo caso è infatti lasciato ampio spazio, oltre che alla cerimonia, ai
festeggiamenti nuziali: nell’ultima scena gli uccellini sullo sfondo sono
metafora dell’amore e ben si accordano con la poetica primaverile boccaccesca.
Il grande
trittico con l’Incoronazione della
Vergine e quattro santi della Galleria dell’Accademia ha beneficiato – come
un buon numero di altri dipinti – di un restauro appositamente eseguito per la
mostra, recuperando splendidamente i suoi valori disegnativi e pittorici. Il
bellissimo tappeto su cui poggiano i sacri personaggi, che era di un colore
scuro, è stato rivelato dalla pittura di un verde assai brillante, su cui
campeggiano i ricchi racemi dorati. Anche il gradino di base era stato nei secoli
completamente ricoperto dalla sporcizia e dalle ripassature pittoriche: grande
è stata pertanto la sorpresa di constatare che l’artista aveva dipinto
accuratamente anche questa parte, utilizzandola, anzi per offrire dei brani
bellissimi di naturalismo pittorico. In
occasione della mostra entrerà definitivamente nelle collezioni del museo un’altra
opera di Giovanni dal Ponte, la tenera e luminosa Madonna col Bambino in trono, proveniente dalla chiesa di Badia nel
cuore di Firenze, ma conservata per moltissimi anni presso la Certosa del
Galluzzo, recuperata anch’essa da un ottimo intervento di restauro. Nella
tavola l’artista giunge ad interpretare in maniera assai originale i modi di
Masolino, celebre compagno di lavoro di Masaccio.
L’ultima
fase dell’attività del pittore è documentata in mostra da una serie di opere
datate che testimoniano il raggiungimento di un linguaggio molto personale,
caratterizzato da forme ampie e solenni, che sembrano coniugare la grande
tradizione trecentesca fiorentina con le forme e i moduli rinascimentali ormai
pienamente affermati.
Giovanni dal
Ponte fu attivo anche come frescante: riflettono in parte il suo stile i
frammenti recuperati nella Cappella del Giudizio del Duomo di Pistoia, mentre
intorno al 1430 egli dipinse certamente gli affreschi per la Cappella di San
Pietro nella chiesa di Santa Trinita a Firenze, andati in buona parte perduti,
e tra il settembre 1434 e l’ottobre dell’anno seguente affrescò le Storie di san Bartolomeo
nella
Cappella Scali della stessa chiesa.
Maria Paola
Forlani
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