Damien Hirst
Treasures From the Wreck of the
unbelievable
Danien Hirst
(Bristol, 7 giugno 1965), è noto soprattutto per una serie di opere
contradditorie e provocanti, tra cui corpi di animali (come squali tigre,
pecore e mucche) imbalsamati e immersi in formaldeide, vetrine con pillole o
strumenti chirurgici o “mandala” costituiti da farfalle multicolori, o il
celebre teschio ricoperto di diamanti. La morte è il tema centrale delle sue
opere.
Manifesto
della sua poetica è The Physical
Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living (ovvero, L’impossibilità fisica della morte nella
mente di un vivo),
consistente
in uno squalo tigre di oltre 4 metri posto in formaldeide dentro una vetrina.
Quell’opera divenne il simbolo dell’arte britannica degli anni novanta.
La vendita
dell’opera nel 2004 ha reso Hirst l’artista vivente più caro dopo Jasper Johns.
Intimamente legato non solo all’informale, ma anche all’action painting e alla
pop art, è noto pure per le sue tecniche definite spin paintings, realizzate dipingendo su una superficie circolare
in rotazione come un vinile sul giradischi, e spot paintings, consistenti in righe di cerchi colorati, spesso
imitate dalla grafica pubblicitaria degli ultimi anni.
Rivoluzionario
è anche il suo approccio alla clientela spesso bypassando i canali tradizionali
delle gallerie e vendendo direttamente al pubblico attraverso aste milionarie o
art-shop dedicati, per cui la prolifica produzione seriale degli spot-paintings
o degli spin-paintings ed i lavori di più modeste dimensioni permettono a molti
galleristi, ma soprattutto privati, di possedere un pezzo “prêt- à-porter” di Damien Hirst.
Collaborazioni di Hirst con maison di moda si incanalano all’interno di una
tendenza di commistione sempre più frequente tra il mondo artistico e quello
dello stile, talvolta confondendo e i confini (il motivo del “teschio” o degli
spot colorati saranno mainstream nell’abbigliamento e nel deisign).
Oggi che ha
cinquantuno anni, Hirst si presenta con una grande personale in Italia, a
Venezia, dopo la retrospettiva del 2004 al Museo archeologico nazionale di Napoli.
L’artista
britannico è il titolare della quarta monografica in casa François Pinoult con una mostra che copre,
contemporaneamente, le due sedi veneziane della raccolta del magnate del lusso
francese, Palazzo Grassi e Punta della Dogana.
Il progetto espositivo
Treasures from the Wreck of the
Unbelievable (fino al 3 dicembre), curato da Elena Geuna, è il frutto di un
lavoro durato dieci anni e rappresenta il culmine dello stretto rapporto, nato
diversi anni fa, tra l’artista e il mecenate e collezionista Pinault. L’opera
di Hirst, artista imprescindibile della collezione, è già stata presentata
nelle precedenti mostre collettive di Palazzo Grassi.
L’attuale
esposizione nasce da un’idea complessa e ambiziosa, un po’ folle.
Anche nelle
dimensioni. Racconta una storia che assume i connotati leggendari di un antico
naufragio, quello di una grande nave greca, la Apistos (Incredibile: la
Ubelievable che sta nel titolo della mostra), e ne propone i preziosi carichi
riportati in superficie (e in realtà tutti ripensati da Hirst) nei 5000 metri
quadrati esposti delle due sedi lagunari. La collezione sarebbe appartenuta al
libero Aulus Calidius Amotan, conosciuto come Cif Amotan II, originario di
Antiochia e vissuto tra il I e il II secolo d.C., che l’avrebbe destinata a un
leggendario tempio dedicato al dio Sole in Oriente.
Insomma, un
bel rebus per il visitatore, che deve interrogarsi su che cosa possa essere
considerato vero, o anche solo finzione storica e archeologica, e che cosa,
invece, è semplicemente il parto dell’incontenibile fantasia di Hirst, che si
sarebbe ispirato a un fatto vero, il ritrovamento nel 1999 fatto
dall’archeologo subacqueo Franck Goddio nella baia di Aboukir, in Egitto, ma ci
ha poi giocato su col suo ben noto dissacrante. Risultato: centosettantanove
opere ispirate all’antichità, idealmente collocabili tra il Delta del Nilo e
l’Africa occidentale, l’India e il Messico dei Maya, la Grecia classica e la
Roma imperiale.
Il diabolico
Damien ha “truccato” le opere come se fossero appena state ripescate dalle
acque. Ogni cosa è incrostata di alghe e coralli, dalle sirene alle meduse, ai
budda, ai mostri marini ricoperti di conchiglie giganti, alle sculture di
marmo, bronzo, cristallo di rocca e preziosa giada ricamata d’oro, argento e
lapislazzuli.
E tra le
belle cose ecco la zampata dell’artista (e dei cento artigiani che operano nel
suo atelier) che si diverte a inserire tra i reperti i suoi Pippo, Topolino e
altri amati eroi dineyani a loro volta incrostati di conchiglie.
Mentre ci si
interroga sull’autenticità del genio Damien Hirst, il presidente di Palazzo
Grassi e Punta della Dogana se ne dichiara fan assoluto, affascinato dall’energia
inesauribile del suo artista. <<Quella di Damien Hirts è un’avventura
singolare e audace che mi ha appassionato, nella consapevolezza che poche
istituzioni al mondo avrebbero avuto la possibilità di consegnarsi al sogno
folle di un artista>>, dichiara con entusiasmo François
Pinaut.
Maria Paola Forlani
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