L’emozione dei colori
nell’arte
Il mondo dei colori non si può
dominare con l’intelletto;
dobbiamo comprendere questa realtà
col sentimento.
Rudolf Steiner
Il colore è l’anima della natura e
dell’intero cosmo, e noi prendiamo parte a quest’anima in quanto partecipiamo,
sperimentando, alla vita del colore.
Rudolf Steirner
Dio geometrizza sempre.
Platone
A cimentarsi
sul tema – vasto complesso e difficile – del colore è una grande mostra aperta
sino il 23 luglio a Torino in due sedi (Castello di Rivoli e GAM-Galleria
civica d’arte moderna e contemporanea), L’emozione
dei colori nell’arte: quattrocento opere realizzate da centotrenta artisti
internazionali tra la metà dell’Ottocento e oggi, con l’intento di ripercorrere
la storia dell’uso del colore nell’arte nel periodo considerato. Un approccio
da diversi punti di vista, filosofico, biologico, antropologico e
neuroscientifico. L’intento è di lasciare definitivamente alle spalle
l’obsoleta concezione solipsistica e “puro-visibilista” della visione.
Come
splendidamente ha sintetizzato Maurice Merleau-Ponty a proposito di Cézanne.
Cézanne non cerca di suggerire con il
colore le sensazioni tattili che darebbero la forma e la profondità. Nella
percezione, primordiale, tale distinzioni fra il tatto e la vista sono ignote. Ѐ la scienza del corpo
umano che ci insegna poi a distinguere i nostri sensi. La cosa vissuta non è
ritrovata o costruita in base ai dati dei sensi, ma si offre di primo acchito
come centro donde essi si irradiano. Noi vediamo la profondità, il vellutato,
la morbidezza, la durezza degli oggetti – Cézanne dice perfino: il loro odore.
Se il pittore vuole esprimere il mondo bisogna che la disposizione dei colori
rechi in sé questo Tutto indivisibile; altrimenti la sua pittura sarà
un’allusione alle cose e non le offrirà nell’unità imperiosa, nella presenza e
nella pienezza insuperabile che per noi tutti del reale. (1962)
La mostra, a
cura di Carolyn Christov-Bakargiev, indaga sull’uso del colore nell’arte
suggerendo significati che tendono a ridisegnare una nuova storia del colore e
dell’arte astratta, attraverso una molteplicità di narrazioni intessute di
memorie, spiritualità e suggestioni sinestetiche, in grado queste ultime di
coinvolgere anche tutti gli altri sensi. Così tra le prime novità, spicca,
quella di aver individuato i precedenti dell’arte astratta occidentale nelle
opere realizzate nel XVIII secolo dai seguaci dell’Hindu Tantra, un insieme di
testi e di insegnamenti spirituali legati a tradizioni esoteriche indiane e in
genere orientali.
Nel
Settecento le indagini scientifiche sul colore di Isaac Newton e un secolo dopo
le teorie di Johann Wolfgang Goethe, pur con le loro visioni opposte, hanno
influenzato gli artisti. Per esempio la fascinosa Alba, forse a Margate, di Turner (1840-1845), intrisa di luce, è
ispirata alla Teoria dei colori del
1810 di Goethe:
L’intera natura si rivela attraverso
il colore al senso della vista. Ora affermiamo, seppure in certa misura ciò
possa suonare singolare, che l’occhio non vede alcuna forma, in quanto soltanto
chiaro, scuro e colore stabiliscono insieme ciò che distrugge un oggetto
dall’altro e la parte di un oggetto dalle altre.
Joann
Wolfgang von Goethe, 1810
Tra scienza,
filosofia, sociologia si snodano le opere esposte in un tripudio di tinte e
forme disparate nelle tematiche, nel linguaggio, nella concezione e negli
intenti, unite dall’attenzione al colore, usato in modo diverso da ciascun
artista. Una piccolissima tela di Manet, Il
limone, (1880) giunta dal Musée
d’Orsay, vede il frutto spiccare giallo e polposo su un fondo scuro. Con il suo
colore intriso di luce, elemento fondamentale, attira il nostro sguardo
elevando l’umile soggetto a valore assoluto.
Sfilano le
opere di artisti famosi. Munch, dopo il suo ricovero in una clinica di
Copenaghen nel 1908-1909, affida a un’inquieta cromia le sue condizioni
psicologiche. Il ritratto dell’amica Ingeborg con le braccia dietro la schiena
del 1912-1913 è costruito da linee inquiete di solo colore, pennellate fluide,
dai forti contrasti, come in attesa di un’imminente tempesta.
Piet
Mondrian, l’artista olandese inventore di un radicale astrattismo, affida al
colore il ruolo dell’emancipazione della pittura dalle forme tradizionali.
Vasilij
Kandinskij, uno dei primi maestri dell’astrattismo e fondatore del Blaue
Reiter, nel 1911-1912, pubblica Lo
spirituale nell’arte e nel 1926 Punto,
linea, superficie. Nei suoi scritti il colore, insieme alla forma, con la
sua <<forza psichica>> ha il potere di fare <<emozionare
l’anima>>. Ѐ quello che succede con Impressione
VI. Domenica, del 1911, una ridda di colori che potrebbero essere suoni.
Stretto è infatti per l’artista il rapporto tra pittura e musica, come denotano
i titoli delle sue opere: impressioni, composizioni, improvvisazioni.
Seguono
altri artisti ciascuno con la sua opera fortemente cromatica, da Gabriele Münter a Marianne Verefkin, da Matisse
a Kupka, da Klee a Balla a Russolo.
E ancora Depero, Hans Richter. Quest’ultimo, artista molto interessante, entrato nel movimento Dada il 15 settembre 1916, lavora in quegli anni a una serie di undici ritratti fra i quali Anima locomotrice, Ritratto visionario, del 1916, in cui sperimenta un uso del colore più libero, precedente alla rielaborazione dell’occhio e ai consueti schemi compositivi.
Pinot
Gallizio <<archeologo, botanico, aromatario, chimico, partigiano delle
Langhe>>, come si presentava nel 1958 nel catalogo della prima mostra
alla Galleria Nazionale di Torino, nel 1955 aveva creato ad Alba un
“Laboratorio sperimentale per una Bauhaus immaginista”, dove elaborò un
utilizzo di colori di origine vegetale.
Nella sua
“pittura industriale” la tela veniva cosparsa di colori ed esposta alle
intemperie, e in seguito venduta un tanto al metro. Una rivoluzione e una sfida
al mercato dell’arte. Tra le sue riflessioni intorno al concetto di
materia-colore, ecco un quaderno di schizzi: <<Segni e dodecofania dei
colori equipollenti e atonali>>.
Un esempio,
è l’intrigante senza titolo, del
1958.
L’innovazione
tecnologica ha permesso di aggiungere un ulteriore livello nel processo di
messa in immagine: la riproduzione cine-fotografica, analogica prima o poi
digitale, delle immagini. Quando guardiamo la riproduzione digitale di un
quadro proiettata su uno schermo, ciò che esploriamo con gli occhi è l'immagine
di un’immagine.
Le storie
del colore moderno sono tante, una per ogni artista. Peccato che i curatori
abbiano tralasciato un grande innovatore della ricerca cromatica come Seurat.
Maria Paola
Forlani
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