Henri Cartier-Bresson
Fotografo
140 scatti
di Henri Cartier Bresson sono in mostra alla Galleria d’Arte Moderna e
Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano fino al 15 ottobre 2017,
dedicati al grande maestro, a cura di Denis Curti, per poterci immergere nel
suo mondo, per scoprire il carico di ricchezza di ogni sua immagine,
testimonianza di un uomo consapevole, dal lucido pensiero, verso la realtà
storica e sociologica. L’esposizione è promossa dall’Assessorato alla Cultura
del comune di
San
Gimignano, prodotta da Opera-Civita con la collaborazione della fondazione
Henri Cartier-Bresson e Magnum Photos Parigi.
“Fotografare è mettere sulla stessa linea di
mira testa, occhio e cuore. Ѐ un modo di vivere”. Questa la sintesi di Henri Cartier-Bresson, cofondatore nel 1947 della
celebre agenzia Magnum, figura mitica della fotografia del Novecento. Nel 1931
dopo aver studiato pittura, aver frequentato i surrealisti e intrapreso il
primo viaggio in Africa, decide di dedicarsi alla fotografia. Da Città del
Messico a New York, dall’India di Gandi alla Cuba di Fidel Castro, dalla Cina
ormai comunista all’Unione Sovietica degli anni Cinquanta, non cesserà di
percorrere il mondo con la fedele Leica inchiodata all’occhio. La mostra di San
Gimignano invita lo spettatore a seguire il tiro fotografico di questo
instancabile viaggiatore che, rifuggendo dal sensazionalismo e difendendo
l’integrità delle proprie fotografie, rende omaggio e prestigio alla fotografia
da reportage e rende l’ “immagine secondo natura” un’etica. E un’estetica.
Quando
scatta l’immagine guida che è il logo per questa sua nuova rassegna monografica
allestita a san Gemignano, Henri Cartier-Bresson ha appena 24 anni. Ha comprato
la sua prima Leica da appena due anni, ma è ancora alla ricerca del suo futuro
professionale. Ѐ incerto e tentato da molte strade: dalla pittura, dal
cinema.
“Sono solo un tipo nervoso, e amo la pittura”…”Per
quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” affermava.
Non capire
nulla di fotografia significa, tra l’altro, non sviluppare personalmente i
propri scatti: è un lavoro che lascia agli specialisti del settore. Non vuole
apportare alcun miglioramento al negativo, non vuole rivedere le inquadrature,
perché lo scatto deve essere giudicato quanto fatto nel qui e ora, nella risposta immediata del soggetto.
Per
Cartier-Bresson la tecnica rappresenta solo un mezzo che non deve prevaricare e
sconvolgere l’esperienza iniziale, reale momento in cui si decide il significato
e la qualità di un’opera.
“Per me, la macchina fotografica è come un
blok notes, uno strumento a supporto dell’intuito e della spontaneità, il
padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso
tempo. Per “dare un senso” al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si
inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina
mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo
minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”.
Henri
Cartier-Bresson non torna mai ad inquadrare le sue fotografie, non opera alcuna
scelta, le accetta o le scarta. Nient’altro. Ha quindi pienamente ragione
nell’affermare di non capire nulla di fotografia, in un mondo, invece che ha
elevato quest’arte a strumento dell’illusione per eccellenza. Lo scatto è per
lui il passaggio dell’immaginario al reale. Un passaggio “nervoso”, nel senso
di lucido, rapido, caratterizzato dalla padronanza con la quale si lavora,
senza farsi travolgere e stravolgere.
“Fotografare è trattenere il respiro quando
tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge.
In quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e
intellettuale”.
I suoi
scatti colgono la contemporaneità delle cose e della vita. Le sue fotografie
testimoniano la nitidezza e la precisione della sua percezione e l’ordine delle
forme.
Egli compone
geometricamente solo però nel breve istante tra la sorpresa e lo scatto. La
composizione deriva da una percezione subitanea e afferrata al volo, priva di
qualsiasi analisi. La composizione di Henri Cartier-Bresson è il riflesso che
gli consente di cogliere appieno quel che viene offerto dalle cose esistenti,
che non sempre e non da tutti vengono accolte, se non da un occhio disponibile
come il suo.
“Fotografare, è riconoscere un fatto nello
stesso attimo ed in una frazione di secondo e organizzare con rigore le forme
percepite visivamente che esprimono questo fatto e lo significano. Ѐ mettere sulla stessa
linea di mira la mente, lo sguardo del cuore”.
Per parlare
di Henri Cartier-Bresson è bene tenere in vista la sua biografia. La sua
esperienza in campo fotografico si fonde totalmente con la sua vita privata.
Due episodi la dicono lunga sul personaggio: nel 1946 viene a sapere che il
MOMA di New York intende dedicargli una mostra “postuma”, credendolo morto in
guerra e quando si mette in contatto con i curatori, per chiarire la
situazione, con immensa ironia dedica oltre un anno alla preparazione
dell’esposizione, inaugurata nel 1947. Sempre nello stesso anno fonda, insieme
a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert, la famosa
agenzia Magnum Photos. Insomma Cartier – Bresson è un fotografo destinato a
restare immortale, capace di riscrivere il vocabolario della fotografia moderna
e di influenzare intere generazioni di fotografi a venire.
Maria Paola
Forlani
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