25 anni di Fondantico
Dipinti dal XIV al XVII
secolo
Ѐ con la consueta passione e consolidata esperienza di oltre trent’anni di
attività che la Galleria d’Arte Fondantico di Tiziana Sassoli organizza nella
storica e nobile sede di Casa Pepoli Bentivoglio il venticinquesimo “Incontro
con la pittura” intitolato 25 anni di
Fondantico. Dipinti dal XIV al XVIII secolo.
Il questa
nuova mostra autunnale, che celebra il 25º appuntamento annuale, sono esposte
circa trentacinque opere realizzate da importanti maestri non soltanto
emiliani, com’è stato fin qui nella tradizione di Fondantico, attive dal
Trecento al primo Ottocento.
Apre la rassegna
un raro dipinto raffigurante la Madonna
dell’umiltà di Lippo di Dalmasio. La pregevole tela è un esempio importante
della frequentazione del tema mariano da parte di Lippo di Dalmasio, che vi
avrebbe profuso “ un’aria così santa e devota” (Malvasia) da venire
soprannominato in età di Controriforma “Lippo delle Madonne”.
Segue nel secondo
Cinquecento La Sacra famiglia con Santa
Caterina dell’elegante Lorenzo Sabbatini. Seduta al centro della
composizione, la Vergine regge sulle ginocchia un Gesù un po’ cresciuto, mentre
si volge verso Caterina con la quale intrattiene un profondo gioco di sguardi.
Un rame, accanto, raffigura il Matrimonio
mistico di Santa Caterina del suo allievo Denys Calvaet, fiammingo attivo a Bologna e primo
maestro di Guido Reni.
Segue La Sacra
Famiglia con santi su rame di Bartolomeo Cesi, che ci mostra una pittura
orientata sui nuovi indirizzi della Controriforma. Capolavoro dell’affascinante
pittrice Lavinia Fontana è la magnifica Sacra
famiglia con i Santi Caterina, Elisabetta e Giovannino, tela datata 1591, su cui l’artista non esitò ad apporvi
la propria firma. In scena una complessa sacra conversazione, con la Madonna
che si china a protendere il Bambino verso Caterina, inginocchiata ai piedi del
suo trono. Alle sue spalle Giuseppe, visibile a mezza figura, si volge verso
Elisabetta, cugina della Vergine, che, seduta a sua volta in secondo piano,
trattiene tra le braccia il piccolo Giovanni. Oltre che per la vivacità dei due
bambini, la tela si anima per la ricchezza dell’ordito cromatico, nel quale
spiccano i rossi, i gialli e i verdi, talora mescolati fra loro in sontuosi
cangiantismi.
Accanto
appare un’opera degli esordi di Guido Reni, principale interprete del
classicismo locale del Seicento, è una tela con Santa Cecilia, in cui il giovane artista si esercita copiando la
celebre figura dipinta da Raffaello nel capolavoro dell’Estasi di santa Cecilia (Bologna, Pinacoteca Nazionale).
Ad
arricchire la quadreria secentesca intervengono le opere di allievi di Guido
Reni: Giovan Giacomo Sementi e Pier Francesco Cittadini, rispettivamente con un
dipinto di soggetto allegorico e una deliziosa Santa Barbara. Tra i discepoli di Reni figura anche il fiammingo
Michele Desubleo, in grado di combinare nei suoi dipinti classicismo e
naturalismo, di cui sono esposte due tele: una bellissima Madonna della rosa e una fiera Sant’Orsola.
La prima
metà del secolo XVII vede inoltre la presenza di Matteo Loves, un pittore nato
a Colonia in Germania ed entrato a far parte della bottega del Guercino, dove
acquisisce una personale e suggestiva maniera, ben illustrata da una toccante Madonna con il Bambino.
Nella
seconda metà del Seicento si collocano le opere di Flaminio Torri e Lorenzo
Pasinelli, entrambi allievi di Simone Cantarini, del modenese Francesco
Stringa, rappresentato da una coppia di ovali, di Giovan Gioseffo dal Sole,
grande decoratore e anticipatore di soluzioni fatte proprie del secolo
successivo, e ancora del giovanissimo Donato Creti, la cui ricercatezza è ben
testimoniata da un’intensa Testa di
giovane donna.
La scelta
antologica prosegue con Giovanni Odazzi, artista romano autore di due ricchi e
luminosi quadri con L’adorazione dei Magi
e La moltiplicazione dei pani e dei
pesci.
Il versante
classicista del Settecento bolognese è rappresentato da Ercole Graziani, mentre
quello barocchetto è illustrato da opere di Francesco Monti e Nicola Bartuzzi
detto l’Anconitano, del quale figurano in mostra una Rebecca al pozzo e un Martirio
di Sant’Antonio. Lo stesso Bertuzzi collabora in qualità di figurista con
Vincenzo Martinelli, il più apprezzato temperista bolognese della seconda metà
del XVIII secolo, autore di ariose vedute. Da segnalare poi due dipinti péndant di Candido Vitali, protagonista
in città nel genere della natura morta.
La mostra
propone inoltre due opere di grandi dimensioni: un dipinto raffigurante un
episodio della vicenda di Rinaldo e
Armida trattata nella “Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso, opera del
rarissimo Ciro Maria Paris Porroni allievo di Francesco Monti, e la Trasfigurazione del veronese Giambettino
Cignaroli, proveniente dalla chiesa di San Salvatore in Corte Regia di Verona e
di solenne impianto monumentale.
Il Cristo trasfigurato si libra sulle nuvole a
certificare la propria natura divina. L’episodio, ricco di tradizione
pittorica, si verificò allorchè, appartatosi sul monte Tabor con Pietro,
Giacomo e Giovanni, Gesù cambiò di aspetto emanando luce dal volto e dalle
vesti e chiamando a testimonianza la Legge e i profeti. I discepoli, appena
destatisi da una strana sonnolenza, lo videro così sfolgorante in vesti
candide, intento a dialogare con Mosè ed Elia, prima che una voce divina lo
dichiarasse il Figlio eletto.
Ѐ quanto viene appunto raffigurato in questa smagliante pala d’altare, i
cui caratteri veneti sono ben evidenziati dalla tavolozza schiarita, basata su
toni pastellati e dalla limpida composizione giocata su diagonali.
La mostra si
chiude con opere di due importanti esponenti della corrente neoclassica: Felice
Giani, con un delizioso Matrimonio
mistico di Santa Caterina, e Filippo Pedrini, autore di un incantevole
piccolo rame con Venere e Amore bendato.
Lo studio
delle opere nel catalogo è curato con il consueto rigore scientifico dal
professor Daniele Benati dell’Università di Bologna, e da suoi brillanti
collaboratori.
Maria Paola
Forlani
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