II Biennale d’arte
Don Franco Patruno
2017
Ferrara, Palazzo Turchi
di Bagno, 5-18 Dicembre 2017
Questa
seconda edizione della Biennale d’arte “don Franco Patruno” si apre con un
respiro più ampio. Non sono state modificate le caratteristiche del bando iniziale.
Ѐ sempre una Biennale riservata ai giovani artisti. Restano invariati i
premi-acquisto e la mostra personale del vincitore. Ѐ cambiata la geografia di
riferimento, dilatata ora a tutto il territorio nazionale.
La Biennale
d’arte “don Franco Patruno” è una riflessione sulla contemporaneità, sulle
risposte e sulle sollecitazioni con le quali l’esperienza artistica si
inserisce nella realtà dei nostri giorni.
Nel
decennale della scomparsa è giusto ricordare la figura per la quale è nata
questa Biennale. Don Franco Patruno è stato un punto di riferimento religioso,
intellettuale, artistico per generazioni di giovani, artisti e non solo. I
molti legami con il nostro territorio e la sua azione infaticabile dedicata
alla scrittura, alla pittura, alla promozione viva della cultura sono nella
memoria di quanti lo hanno conosciuto. In questo decennio per ricordare don
Franco si sono svolte molte iniziative quali la pubblicazione di parte dei suoi
scritti, l’esposizione di sue opere grafico-pittoriche, convegni e conferenze.
Questa biennale diventa l’occasione per dare continuità alle sue idee, allo
spirito con il quale amava vivere tra i giovani per ascoltare le emozioni che
l’arte sa trasmettere attraverso le sue variate forme di espressione.
G.C.
Dieci anni
sono un intervallo di tempo sufficiente per cogliere l’entità di un lasciato
culturale e umano, e ragionare su quello che di don Franco Patruno, scomparso
appunto un decennio fa, significa inevitabilmente riflettere anche sulla misura
della sua assenza. L’impronta delle idee e degli stimoli che don Franco ha
elargito nel corso della sua vita si riconosce nitidamente nelle personalità di
molti di coloro che, in un modo o nell’altro, hanno avuto la possibilità di
entrare in contatto con lui. Quanto abbia quindi inciso la figura di don
Patruno nel nostro territorio è presto detto: moltissimo. Basti scorrere negli
archivi la mole di attività organizzate e curate, soprattutto nel ventennio in
cui è stato direttore dell’Istituto di cultura “Casa Cini”: centinaia di mostre
di arte contemporanea e altrettanti convegni, incontri e dibattiti con le
personalità più rilevanti della scena intellettuale italiana.
Ma più
facilmente l’importanza di questa presenza – e quindi, oggi, di questa assenza
– si può misurare dal numero di occasioni in cui il suo nome viene ancora fatto
non solo per rievocare un’epoca brillante della città in termini di
elaborazione di idee e progetti, ma per citare un modello imprescindibile di
vigore intellettuale purtroppo non ben conosciuto da chi era troppo giovane in
quegli anni o addirittura doveva ancora nascere.
Uno dei
“segreti”, se così si può dire, del carisma della sua personalità consisteva
nel suo modo di affrontare ogni questione con uno spirito lontano da ogni
paternalismo, moralismo o pregiudizio. Se a ciò si aggiunge la sua attività di
artista si può intuire quanto lontano dagli stereotipi legati al suo ruolo
sacerdotale sia il ricordo che ha lasciato. Con delicatezza e intelligenza ha
saputo creare uno spazio comune di confronto con chiunque, e soprattutto con
chi si faceva portatore di idee lontane dalle sue scelte, offrendo una
dimensione di piena libertà di ragionamento e di espressione. Ciò che per lui,
in ultima analisi, contava davvero era la possibilità di rintracciare nel confronto
degli strumenti che permettessero di avvicinarsi insieme al senso profondo
dell’esistenza. Ѐ una delle sue tante lezioni, questa, che non sembra affatto
essere diventata obsoleta.
Massimo
Marchetti
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