Guernica, icona di pace
Al museo
Magi ’900, di Pieve di Cento (Bologna) dopo l’esposizione al Senato della
Repubblica, ospita, fino al 28 febbraio 2018,
la suggestiva esposizione Guernica,
icona di pace dedicata al cartone realizzato da Pablo Picasso, raffigurante
la sua opera capolavoro, da cui è nato l’arazzo esposto all’ingresso della sala
del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
L’idea
espositiva parte da una lunga ricerca fatta dalla storica dell’arte Serena
Baccaglini che, nel corso dei suoi studi dedicati al grande artista spagnolo,
scoprì una eccezionale collaborazione a tre – frutto di una altrettanto
eccezionale amicizia – tra Pablo Picasso, Nelson Rockfeller, uno dei più grandi
mecenati del Novecento, e l’artista Jacqueline de la Baume Durrbach, che ricreò
e tessè il dipinto di Guernica mediante l’antica arte dell’arazzo.
Per
comprendere la portata di questa straordinaria vicenda occorre fare un
preliminare passo indietro, partendo dalla storia dell’olio di Guernica, oggi al Museo Reina Sofia di
Madrid.
Guernica è l’opera che meglio di ogni altra
testimonia la partecipazione appassionata di Picasso alla sofferenza umana e il
suo furente giudizio morale sulla violenza sanguinaria.
La grande
tela è stata ispirata da un terribile evento bellico: la distruzione
indiscriminata, durante la guerra civile spagnola, della omonima cittadina
basca ad opera di aerei tedeschi. Come Goya nelle Fucilazioni dell’8 maggio, anche Picasso leva alta la sua voce
contro l’eccidio e si schiera dalla parte degli oppressi, perché, come scrisse
poco dopo nel Messaggio al Congresso
degli artisti americani, <<davanti a un conflitto che mette in gioco
i più alti valori dell’umanità gli artisti non possono e non devono restare
indifferenti>>.
Ma la sua
opera non è una documentazione oggettiva del fatto; niente ci richiama al luogo
e al tempo; niente ci indica che si tratta di un bombardamento. Ѐ piuttosto una protesta sdegnata
contro la violenza, contro la distruzione, contro la guerra in generale; può
essere riferita al conflitto spagnolo, come a qualsiasi altro, precedente o
futuro, antico o moderno. Come in un frontone di tempio greco (del quale è un
generico ricordo nella prevalenza della larghezza, nella composizione
approssimativamente triangolare, nella distribuzione delle figure in primo
piano), il fatto assume un significato universale. Forse per questo, in alto, a
sinistra, appare il toro, il mostruoso mitico Minotauro, simbolo di bestialità.
L’altro senso drammatico nasce anche dalle deformazioni dei corpi, dalle linee
che si tagliano vicendevolmente, dall’alternarsi di campi bianchi, grigi, neri,
che, sostituendo i colori usuali, accentuano la dinamica delle forme contorte,
accavallate, incastrate le une nelle altre. E nasce anche dalle dimensioni del
grande quadro che impongono i contenuti con evidenza immediata, cosicchè, come
spesso accade, la quantità diventa qualità.
La tela è la
summa dell’arte picassiana. In essa
si riassumono, portati al massimo livello, i contenuti e gli strumenti
linguistici sviluppati nel corso di tanti anni: da un lato torna la tematica
del dramma umano che il pittore ha affrontato fin dall’età giovanile,
dall’altro l’esperienza cubista (si noti la visione simultanea degli occhi su
un piano solo) permette di giungere alla comprensione totale della realtà,
oltre l’apparente collocazione nello spazio e nel tempo convenzionali
rivivendola interiormente.
L’opera ebbe
un successo immediato e numerose esposizioni internazionali, anche e
soprattutto per il messaggio morale e civico che Picasso volle esprimere,
cosicchè l’amico Nelson A. Rockefller (esponente della omonima famiglia di
petrolieri, governatore dello Sato di New York dal 1959 al 1973 e
vicepresidente degli Stati Uniti nel 1974 con l’amministrazione Ford), - per
tutelare l’integrità – convinse l’amico Picasso a rappresentarla in arazzo grazie
a Jacquelin de la Baume Durrbach, la geniale artista francese dalle dita d’oro, capace di tessere un
dipinto trasformandolo in arazzo.
Oggi,
l’archivio Rockfeller di New York – oltre alle modalità tecniche per realizzare
l’arazzo, fatto sotto la completa supervisione e direzione di Picasso, che
scelse personalmente le undici nuances utilizzate
per dare colore all’arazzo rispetto al dipinto che l’Artista creò bianco, e
grigio per rievocare le cruenti immagini riportate nelle foto monocrome dei
quotidiani di Parigi, dove Picasso si trovava all’epoca dei fatti – contiene
memoria di quel luogo e fruttuoso accordo tra i tre protagonisti, durato
diciotto anni, dal 1955 al 1973, anno della morte di Picasso, e che favorì la
nascita di una collezione unica in cui ventisei opere dell’artista spagnolo
vennero trasformati in arazzi “per poter
portare la bellezza alla gente”, secondo l’espressione usata da Rockfeller
per descrivere il progetto.
Quando
Rockfeller, nel 1974, assunse la carica di vicepresidente degli Stati Uniti,
gli arazzi – incluso Guernica – furono
portati nella sua residenza di Kykuit (Stato di New York) e, nel 1985, la
moglie Happy, sei anni dopo la morte, decise di consegnare l’arazzo di Guernica
alle Nazioni Unite perché il forte messaggio iconico evocativo
sull’orrore della guerra potesse essere continuo e costante.
Il cartone,
di proprietà della famiglia Durrbach – dopo l’esposizione a Praga, San Paolo in
Brasile e a Wròclw, sempre a cura di Serena Boccaglini, nell’anno in cui si è
celebrato l’ottantesimo anniversario della creazione dell’olio di Guernica, è stato esposto per la prima
volta in Italia,
ricevendo un’accoglienza dal Senato della Repubblica che, in
prossimità delle celebrazioni per i Settanta anni della Costituzione, ha
ritenuto di ospitare l’opera – non solo per l’altro valore artistico – ma anche
per l’indubbio tributo universale che il dipinto offre alla democrazia e alla
libertà, prodromi della vera pace, quella pace che nasce, germoglia e
fruttifica grazie all’impegno politico e sociale contro i conflitti, di
qualsiasi natura essi siano, come ben ricorda l’articolo 11 della costituzione.
Il museo
Magi ‘900, nato nel 2000, dalla passione e dalla visione culturale
dell’industriale Giulio Bargellini, è oggi il più grande museo europeo privato
dedicato alla documentazione, studio e valorizzazione delle generazioni
artistiche italiane del Novecento.
L’entusiastica
adesione al progetto espositivo del cartone
da parte del Museo Magi ‘900 e del suo patron
Giulio Bargellini si pone in coerente linea con la visione politica,
espressa da Picasso, allorchè creò Guernica:
grazie all’opera, Picasso volle fare un vibrante appello al variegato mondo
dell’Arte affinchè non girasse mai la
testa dall’altra parte dinanzi ai germi di disumanità che ogni conflitto
porta con sé, ma facesse sempre sentire la propria voce alta e sicura e
sapesse, attraverso la bussola della cultura
– ovvero del rispetto della diversità, del dialogo e
dell’ascolto -, Indirizzare l’uomo verso la pace, che non è
la mera assenza di guerra, bensì il più alto tra i valori della convivenza
umana.
Maria Paola
Forlani
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