Luigi Busi
L’eleganza del vero
1837 – 1884
L’artista Luigi
Busi è protagonista della quattordicesima mostra retrospettiva promossa
da Bologna
per le Arti, associazione culturale da anni impegnata nel percorso di
riscoperta e valorizzazione della pittura bolognese tra Ottocento e Novecento.
Si tratta
della prima grande esposizione monografica dedicata al pittore nella sua città
natale, che accoglie circa sessanta opere, tra dipinti e opere grafiche, di
provenienza sia pubblica che privata affiancate dalle tele dei maestri che
hanno segnato la sua formazione e degli artisti contemporanei che ne hanno
influenzato l’iter creativo.
La mostra
curata da Stella Ingino, è aperta a Bologna presso la Sala Ercole di Palazzo
d’Accursio fino al 18 marzo 2018 (catalogo Grafiche dell’Arte).
Luigi Busi,
figlio del maestro di musica Giuseppe Busi e di Maria Passarotti, discendente
dai celebri pittori bolognesi Passarotti e pronipote dell’illustre paesista
Rodolfo Fantuzzi, nasce il 7 maggio 1837 ed incline alle belle arti già all’età
di dodici anni, fin dalle prime opere, lascia intravedere le sue doti di cui
darà prova al Collegio Venturoli a partire dalla data della sua ammissione
(1849).
Giovanissimo
nel 1860 data del bellissimo Autoritratto, con alle spalle una formazione
artistica che inizia proprio nel Collegio Venturoli in cui l’opera, insieme ad
altre, è tutt’oggi conservata, Busi si ritrae all’età di ventitrè anni. Il
pittore rivolge lo sguardo verso l’osservatore con un’aria distinta, signorile
ed affascinante, con atteggiamento fiero che riflette la consapevolezza delle
sue capacità.
Il Busi,
giovane lodato per “diligenza” e “di belle speranze” – come scrivono i
Professori tra cui il celebre pittore Giuseppe Guizzardi ed il rettore del
Collegio Venturoli, il Canonico Giulio Evangelisti – che aveva saputo coltivare
bene, su quella base solida, gli insegnamenti ricevuti, al 1860 vantava premi,
medaglie e opere vendute alla Società Protettrice di Belle Arti. Del periodo
giovanile vanno ricordate certamente la Properzia
de’Rossi del 1854 realizzata all’età di 17 anni, l’Incontro di Giacobbe e Rachele del 1855, Nicolò de Lapi dell’anno successivo e la Figlia di Jefte del 1857.
In quest’ultimo anno, ormai ventenne,
lascia il Collegio Venturoli e realizza il Ritratto
dell’Amministratore Conte Agostino Salina.
Nei primi anni della formazione,
sono da considerare senz’altro di grande importanza gli insegnamenti dei
Professori Gaetano Serrazanetti, Antonio Muzzi, Napoleone Angiolini e del
suddetto Guizzardi. Al termine della sua istruzione al Collegio, vince il
concorso Angiolini e, designato come pittore storico, beneficia di una pensione
di mantenimento. Si appresta così a conoscere l’arte italiana, viaggiando verso
Roma e Firenze fino ad arrivare a Milano. Quest’ultima meta fu agognata dal
pittore tanto che durante il penultimo anno di pensionato, sempre nel 1860,
scrive agli Amministratori del Collegio Venturoli riguardo la sua volontà di
voler proseguire gli studi nell’Alta Italia. Scrivendo da Genova, poi, presenta
agli Amministratori del Collegio Venturoli alcuni soggetti per il saggio finale
Angiolini ma sembra abbastanza convinto, già a quella data, di voler realizzare
il dipinto raffigurante Le ultime ore del
Doge Foscari (1861).
Sempre negli
anni ’60, Luigi Busi è impegnato nella realizzazione delle scene del Rigoletto di Giuseppe Verdi presso il
teatro di San Giovanni in Persiceto in collaborazione con Tito Azzolini e Luigi
Bazzani.
E ancora
lontana l’importante commissione ricevuta per la decorazione della Sala Rossa
di Palazzo D’Accursio in cui realizza, insieme al quadraturista Luigi Samoggia,
una tempera condotta con grande sapienza tecnica. Negli anni successivi si
accosta a svariati temi del mondo borghese cui mostra di volersi costantemente
ispirare, prediligendo scene di vita signorile caratterizzate dalla presenza di
donne abbigliate elegantemente che, nonostante alcune critiche faranno onore
alla sua carriera.
Risulta
chiaro, in questo periodo, che il vecchio asse Firenze-Napoli è spezzato, tra
coloro che propongono un confronto con il reale, interessato esclusivamente a
tematiche contemporanee, e i nuovi interpreti di una risorta accademia che
ripropone il vero ridotto a mera cifra stilistica.
Al di là
delle polemiche, fondamentale è l’attenzione del macchiaiolo Signorini
all’Esposizione Nazionale del 1870 svoltasi a Parma, che sarà calamitato verso
l’opera di Busi Una visita di
condoglianze, in cui l’artista bolognese, nel dipinto unisce al sentimento
intimo della scena “tante altre qualità d’arte” che lo rendono, per Signorini,
uno degli artisti veramente interessanti in quella Esposizione.
Ma perché,
dirà qualcuno, il Busi non persiste a dipingere quadri d’argomento storico. La
risposta è facile e semplice. I quadri storici, dipinti con coscienza, costano
all’artista molto tempo e molto denaro e poi nessuno li compra.
Busi quindi
si adegua alle esigenze del pubblico e persegue la via più sicura, abbandonando
l’anima del pittore di storia per divenire poeta degli affetti. I quadri si
popolano di madri con pargoli dando vita a tenere scene familiari ambientate in
ricchi interni borghesi. Una pittura delicata che commuove ed emoziona e che
gli garantisce successo tra i contemporanei al punto da essere definito il
“vero pittore familiare moderno” ed essere selezionato per l’Esposizione
Universale di Vienna del 1873.
Nel panorama
bolognese Busi continua ad essere tra le punte più avanzate dell’arte moderna,
ed è chiamato nel 1873 a realizzare il grande dipinto Martirio dei Ss. Vitale e Agricola per l’altare maggiore della
omonima chiesa di Bologna.
Agli anni
Ottanta risalgono le decorazioni della Sala Greca e della Sala degli Etruschi
del Museo Civico Archeologico e della Cappellina Hercolani Belpoggio a Bologna,
oltre agli interventi in Palazzo Pighini, Palazzo Vacchi Suzzi e nel Santuario
della Madonna del Piratello ad Imola.
Il
sopraggiungere di una malattia mentale lo costringe per alcuni mesi al ricovero
presso il manicomio di Villa Sbertoli a Pistoia, ma nel 1883 Busi è nuovamente
a Roma all’Esposizione Nazionale. Tra le sue ultime opere si ricorda Riunione di famiglia e una Madonna Addolorata recante la scritta
“Mater dolorosa ora pro nobis”, probabilmente una preghiera prima che l’acuirsi
della malattia lo costringa a letto, dove sopraggiunge la morte nel 1884, a
soli 47 anni.
Maria Paola
Forlani
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