Tessuto e Ricchezza
A Firenze nel Trecento
Lana, seta, pittura
Presso la
Galleria dell’Accademia di Firenze, fino al 18 marzo 2018, si può ammirare la
mostra Tessuto e ricchezza a Firenze nel Trecento. Lana, seta, pittura. L’esposizione
ideata e curata dalla direttrice Cecile Hollberg (catalogo Giunti), si
concentra sull’importanza dell’arte tessile a Firenze nel Trecento, dal punto
di vista economico, nel campo della produzione artistica e nei costumi della
società del tempo.
Ѐ proprio nel Trecento, che inizia a svilupparsi un nuovo fenomeno legato
al lusso: la moda. La qualità della lana ed in seguito della seta dei prodotti
fiorentini raggiunse, nonostante i costi molto alti delle materie prime e dei
coloranti, un livello di eccellenza, tale da imporsi in Europa, a dispetto
delle guerre, delle frequenti epidemie, nonché delle crisi finanziarie e dei
conflitti sociali.
Lussuose stoffe erano richieste ovunque, dal Medio Oriente
all’Asia, dalla Spagna alla corte del sacro romano impero di Praga, dalla
Sicilia fino al mar Baltico. Si trattava, insomma, di un fenomeno di
straordinaria diffusione geografica e di prestigio senza eguali, nonché di un
enorme fonte di ricchezza.
La
lavorazione dei tessuti diviene ben presto la base dell’enorme ricchezza della
città, che consentiva investimenti d’importanza cruciale non solo nello stesso
settore, ma anche nei beni di lusso e nel campo dell’architettura e della
produzione artistica. Le grandi corporazioni del settore, della Lana e della Seta,
l’Arte di Calimala e di Por Santa Maria, oltre ad essere strutture portanti
dell’economia divengono autentici detentori del potere politico e, allo stesso
tempo, straordinari committenti d’arte.
Gli
artigiani e i pittori, in particolare, trovarono ampia ispirazione dalle stoffe
e dalla moda del tempo, tanto da “trasferire” le lussuose trame dei tessuti
nelle tavole e negli affreschi custoditi in città così come è possibile
riscontrarli ed ammirarli nelle opere tessute e dipinte visibili nell’esposizione.
Il percorso
espositivo della mostra è cronologico e approfondisce lo sviluppo e la
provenienza dei manufatti. La prima sezione illustra le cosiddette Geometrie mediterranee che rimandano al
mondo mussulmano. Qui si può ammirare la Croce
dipinta (Galleria dell’Accademia), di cui la notevole qualità esecutiva
dell’opera è ora apprezzabile al meglio dopo il restauro eseguito in occasione
della presente mostra.
L’ autore, artista
fiorentino, ha voluto impreziosire il tabellone della croce con un motivo
decorativo derivato verosimilmente da un tessuto di fonte islamica.
La seconda sezione presenta il Lusso dell’Asia mongola con i piccoli
motivi vegetali e animali.
Qui la
tavola della Madonna dell’Umiltà con il
Padre Eterno, la colomba dello Spirito santo di Silvestro dei Gherarducci,
esprime tutta la ricchezza dei tessuti nelle bacheche che accompagnano l’opera
nel suggestivo percorso. L’artista ha messo a punto un linguaggio assai
personale fondato su di una sintesi tra la cultura dei miniatori e pittori
senesi del terzo quarto del secolo, come si evince soprattutto dall’elaborato
trattamento decorativo dell’oro nella veste della Madonna e del Bambino.
Seguono le Creature alate degli ornamenti tessili
di influenza cinese. Nella tavola di San
Martino in trono fra due angeli di Lorenzo Bicci, la sontuosa cortina alle
spalle del santo reca un motivo assai replicato nei tessuti raffigurati nei
dipinti, quello della mitica fenice. L’uccello fantastico è interpretato qui in
senso cristiano, quale simbolo della sapienza divina e della resurrezione di
Cristo. Mentre le Invenzioni pittoriche, della
sezione seguente, evocano con fantasia i disegni delle sete pregiate lavorate
da tessitori altamente qualificati.
Qui spicca il Frammento di tessuto con motivo a rosette (Prato, Museo del Tessuto) che è composto da un giro esterno di diciannove piccole foglie dal profilo dentellato che include una corolla a doppio profilo attraversata da un’iscrizione disposta in modo speculare. Si tratta di una pseudoiscrizione in corsivo arabo di stile mamelucco in cui è riconoscibile il ductus delle parole “al mulk” che nella formula completa corrisponde ad “al mulk lillah”, “tutte le cose appartengono a Dio”. Nella sezione Le vesti di seta, si ricorda, con immagini, come nell’affresco del Buongoverno nel Palazzo Pubblico di Siena Ambrogio Lorenzetti illustra con chiarezza quale industria porta e porterà in futuro benessere alla città: quella della seta. Le vesti delle fanciulle che danzano sono aeree e fluttuanti; i loro decori bruchi e farfalle.
In questa
sezione spicca il Pourpoint di Charles de
Blois, la tradizione vuole che questo indumento di seta e oro fosse stato
indossato dal conte di Blois, durante la guerra dei Cento anni, ma il
condottiero fu ucciso nella battaglia di Auray da Jean de Monfort. Egli morì in
fama di santità e le sue vesti furono conservate come reliquie in Notre-Dame-des-Carnes
ad Angers.
La sezione
dedicata al Lusso proibito prende
spunto dal registro che dal 1343 al 1345 annovera le vesti proibite elencate
nella cosiddetta Prammatica delle vesti.
Ma la Prammatica ci rivela una disponibilità
di beni suntuari – oltre seimila capi d’abbigliamento – al di là di ogni nostra
aspettativa. Negli abiti era il rosso, in tutte le sue sfumature, il colore
preferito e notoriamente il più costoso. Oltre alle decorazioni di un ricco
repertorio botanico e animale, le righe, i quadri e gli scacchi, in abbinamento
a tinte squillanti, godevano del massimo favore, soprattutto per le fodere in
vista. Concludono l’esposizione i Velluti
di seta che anticipano gli sviluppi della moda nel secolo successivo.
Tra le opere
più rappresentative presenti in mostra è un grazioso
vestitino in lana prestato dal National Museum di Copenhagen, confezionato
sulla metà del XIV secolo per una bimba e recuperato dagli archeologi in
Groenlandia.
Così appare,
nella sua semplice bellezza, la Madonna
col Bambino in trono e due angeli (1290 circa) del Maestro della Maddalena
e pittore fiorentino della fine del Duecento (Firenze, chiesa di San Remigio).
Si tratta di uno degli esemplari più alti della “maniera greca” a Firenze,
secondo la fortunatissima espressione introdotta da Giorgio Vasari. La
bellissima crisografia del manto della Madonna, di gusto squisitamente bizantino,
convive con i panneggi scheggiati del Bambino che prelude a Giotto.
Chiude il
percorso espositivo il sontuoso piviale del
Museo Nazionale del Bargello, che documenta la sfarzosità raggiunta da Firenze
nel corso del Quattrocento, nel campo della seta e dei velluti.
Maria Paola
Forlani
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