Raffaello
E l’eco del Mito
Raffaello è
il protagonista della stagione espositiva 2018 di Bergamo, all’Accademia
Carrara e alla GAMeC, con la grande mostra Raffaello
e l’eco del mito che anticipa le celebrazioni dell’anniversario, nel 2020,
dei 500 anni dalla morte del maestro urbinate, attraverso un inedito percorso
di oltre 60 opere, provenienti da importanti musei nazionali e internazionali e
da collezioni private.
Il progetto
scientifico della mostra ha preso avvio dal San Sebastiano di Raffaello, capolavoro
giovanile parte delle raccolte della Carrara. La tavola è tra le prime opere
dell’artista urbinate, non ancora ventenne, il femmineo San Sebastiano si impone per una straordinaria finezza esecutiva e
per capacità quasi miracolosa di gradazione della luce, che scioglie nella
morbidezza atmosferica il modulo compositivo e la caratteristica fisionomia
sognante, imparati dal Perugino.
L’opera non
è solo protagonista di una sezione dedicata ma centro dell’indagine espositiva
che si sviluppa attraverso vari capitoli: le opere dei “maestri” come Giovanni
Santi, Perugino, Pintoricchio e Luca Signorelli, raccontano la formazione; un
significativo corpus di opere di Raffaello ne celebra l’attività dal 1500 al
1505; infine, il racconto del mito raffaellesco si sviluppa in due sezioni, la
prima ottocentesca e la seconda dedicata ad artisti contemporanei.
Raffaello ha
occupato i pensieri di Roberto Longhi fin dalla giovinezza; nella Breve ma veridica storia della pittura
italiana, scritta nell’estate del 1914, ancora in pieno clima futurista,
per i suoi studenti di liceo romani, l’artista è ritenuto uno
<<
psicologo più grossolano e ad effetto>> di Leonardo, un pittore
<<sull’orlo dell’accademia>>, intento a ripetere i motivi di
Michelangelo <<senza riviverli e senza ricrearli>>: <<Non
posso dilungarmi di più su Raffaello che, voi l’avrete ormai compreso, non fa
parte precisamente della schiera dei puri pittori ma degli illustratori grafici
di ideali di vita.
La sua è letteratura figurativa non pittura, degna di essere
rispettata ed anche ammirata soltanto per la nobiltà e la dignità nella scelta
degli ideali da illustrare in paragone alla bassura in cui cade la maggior
parte degli illustratori odierni. Ma come principio non vi è fra Raffaello e
costoro che una differenza etica, non una differenza artistica. La sua
superiorità insomma si valuta con un criterio morale, non con un criterio
estetico, e non posso perciò insistere su lui almeno dove tratto la storia
dell’arte>>.
Nell’ultimo
intervento raffaellesco di Longhi (1964), teso a ribadire la <<presenza
di Raffaello giovanissimo a Siena accanto a Pintoricchio>>, concedendo
all’artista poco più che adolescente la capacità di <<risorgere in seno
alla poesia quella vivida, formicolante impuntatura ornamentale>> pinturicchiesca,
già avvertibile nel <<primo e stupendo esempio dei “neumi” nello scollo
del San Sebastiano di Bergamo,
l’urbinate può ormai essere definito, senza remora alcuna, <<grandissimo
artista>>.
Nella
sezione Raffaello, giovane magister è evidente che gli anni giovanili
sono caratterizzati da una continua capacità di innovare i canoni linguistici
del suo tempo, come testimoniano i 14 capolavori presenti, dalla Madonna Diotallevi di Berlino alla Croce astile dipinta del Museo Poldi
Pezzoli, dal Ritratto di giovane di Lille
al Ritratto di Elisabetta Gonzaga degli
Uffizi, fino al San Michele del
Louvre, parte di un dittico commissionato ai primi del Cinquecento da
Guidobaldo da Montefeltro insieme al nipote Francesco Maria della Rovere.
Per la prima
volta, inoltre, vengono riunite in Europa tre componenti della Pala Colonna (dal Metropolitan Museum of
Art di New York, dalla National Gallery di Londra e dall’Isabella Stewart
Gardner di Boston) e tre componenti della Pala
del beato Nicola da Tolentino (da Detroit Institute of Art e dal Museo
Nazionale di Palazzo Reale di Pisa).
Nella
sezione Raffaello, la formazione, questo capitolo espositivo anticipa
la sezione delle opere autografe, un capitolo dedicato all’ambiente culturale
in cui Raffaello crebbe, tra fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento,
soffermandosi sulla corte dei Montefeltro a Urbino, attraverso l’opera del
padre Giovanni Santi, capo di una fiorente bottega, scrittore e attore di
cerimoniali, di Perugino, di Signorelli e di Pintoricchio, artisti dei quali è
in alcuni casi allievo, in altri semplicemente acuto osservatore, in altri
ancora collaboratore.
Segue la
sezione Attorno al San Sebastiano. Genealogia di un’immagine.
Proveniente
da un lascito di Guglielmo Lochis, che dona dopo la metà dell’Ottocento la sua
raccolta alla città di Bergamo, il San Sebastiano è, all’interno del percorso
espositivo, posto in dialogo con opere di autori che hanno affrontato sia lo
stesso tema iconografico sia il genere dei ritratti sullo sfondo del paesaggio
– invenzione per eccellenza della cultura fiamminga – di cui sono presenti
alcune testimonianze, dal Ritratto d’uomo
di Hans Memling al San Sebastiano di
Pietro de Saliba fino alle due opere Ritratto
di giovane come San Sebastiano di Giovanni Antonio Boltraffio e Marco
d’Oggiono, allievo di Leonardo a Milano.
Suggestiva è
la sezione La fortuna nel primo Ottocento: un mito che rinasce.
La fama di
Raffaello, già mito in vita, è destinato a propagarsi come un’eco lungo i
secoli, in particolare nell’Ottocento, dove il fascino esercitato dalla sua
vicenda artistica, tanto breve quanto intensa, alimenta storie di fantasia di
derivazione romantica, tra arte e umane passioni. Ne è l’emblema il dipinto La Fornarina –
in prestito
dalle Gallerie di Arte Antica di Roma - Palazzo Barberini, inesauribile fonte
di ispirazione di cui sono esempi in mostra le opere di Giuseppe Sogni,
Francesco Gandolfi, Felice Schiavoni, Cesare Mussini.
L’ultima
sezione L’eco della contemporaneità rappresenta una conclusione di
grande seduzione.
Il fascino
dell’opera di Raffaello, che ha proseguito il suo sviluppo nel Novecento e fino
ai giorni nostri, è alla base di un ulteriore capitolo d’indagine
dell’esposizione, a cura di Giacinto Di Pietrantonio. Opere sotto forma di
citazioni, ritratti ‘in veste’ di rivisitazioni iconografiche di celebri
artisti quali, tra gli altri, Giorgio de Chirico, Pablo Picasso – di cui la
mostra ospita anche un dipinto in prestito dalla Pinacoteca di Brera - , Luigi
Ontani, Salvo, Carlo Maria Mariani – con un lavoro proveniente dalla Galleria
Nationale d’arte Moderna e Contemporanea di Roma – ma anche Christo, Francesco
Vezzoli e Giulio Paolini, che ha realizzato anche l’inedito Studio per Estasi
di san Sebastiano installato nello spazio di norma occupato in Accademia
Carrara dal San Sebastiano di Raffaello: un simbolo di dialogo tra due artisti
e di collegamento ideale tra l’Accademia e la GAMeC.
Raffaello è
pittore rinascimentale per eccellenza, la massima espressione degli ideali di
armonia e bellezza perseguiti negli anni della prima “maniera moderna”, come la
definì Giorgio Vasari. Da cinquecento anni il suo mito compete con quello dei
più altisonanti nomi della storia dell’arte. Interrogarsi sulla resistenza e
sulle evoluzioni di questo mito nel tempo è appassionante esercizio di analisi
storica, oltre che un utile strumento di lettura dei linguaggi visivi del
nostro presente.
Maria Paola
Forlani
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