Frida Kahlo
“Oltre il mito”
Troppo
facile, banale, scontato riprendere come ritornello comune dell’imminente
dilagare della “Frido mania”. Ma questa volta qualcosa è cambiato.
La mostra
<<Frida Kahlo. Oltre il
mito>> aperta al MUDEC di Milano fino al 3 giugno, promossa dal
Comune di Milano – Cultura e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, a cura di Diego
Sileo, è frutto di sei anni di studi e ricerche e si propone di delineare una
nuova interpretazione della figura dell’artista, evitando letture biografiche
troppo stereotipate e offrendo in visione opere inedite e interessanti
materiali d’archivio. La mostra riunisce più di cento opere tra dipinti (una
cinquantina), disegni e fotografie, con materiali provenienti in gran parte dal
Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman
Collection, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo.
Magdalena
Carmen Frieda Kahlo Calderòn nasce a Coyoacàn, un quartiere di Città del
Messico, nel 1907, da madre messicana e padre tedesco. Di salute cagionevole
fin da bambina – a sei anni si ammala di poliomelite e il piede destro le
rimane leggermente deformato – Frieda, o Frida come si firmerà, sogna di
diventare medico. Agli anni di scuola risale il suo primo incontro con l’opera
di Diego Rivera, celebre muralista, che stava dipingendo un’opera sui muri
dell’Escuela National. Preparatoria. La sua vita cambia nel 1925, quando la
giovane resta vittima di un terribile incidente: tornando a casa da scuola l’autubus
su cui viaggiava si scontra con un tram. Frida viene trapassata da una delle
sbarre di ferro del bus. Trasportata in ospedale ci rimarrà per un mese,
sopravvivendo miracolosamente alle ferite riportate.
Nei giorni di degenza,
comincia a dipingere e si dedica soprattutto all’autoritratto, trovando nella
propria immagine riflessa in uno specchio posto davanti al letto una comoda e
disponibile modella. L’amore per l’autoritratto non l’abbandonerà più. Iscritta
al partito comunista messicano, incontra nuovamente Rivera che sposerà l’anno
seguente. La loro relazione durerà – tra alti e bassi, separazioni e
riappacificazioni – fino alla morte della pittrice.
Con Rivera, Frida condivide la passione per la politica – quando lui ne sarà espulso anche lei lascerà il partito – l’impegno sociale, l’amore per la cultura precolombiana, le tradizioni popolari messicane e la carriera artistica. Nonostante la comunione di interessi e di intenti tra i due, Frida sviluppa uno stile personale, autonomo dal linguaggio del marito. Dopo aver vissuto per qualche tempo negli Stati Uniti, per alcuni impegni di Rivera i due tornano in patria, stabilendosi in una nuova casa a San Angel. Per Frida è un periodo difficile: dopo la terza gravidanza interrotta dai medici le tolgono la speranza di diventare madre; i dolori per la deformazione della gamba destra sono notevolmente aumentati, obbligandola a sottoporsi a un nuovo intervento in cui le vengono amputate alcuni falangi del piede. Aggrava la crisi personale della pittrice la relazione amorosa che Diego, incapace di restare fedele, stringe con la cognata, Cristina.
Il doppio tradimento della sorella e del marito portano la pittrice a riflettere profondamente sulla propria vita e sul proprio comportamento sociale. Da quel momento nascerà una nuova Frida, più libera e disinibita, capace di intraprendere relazioni extraconiugali – come farà con lo scultore americano Isamu Noguchi e, secondo alcuni, con Lev Trotzkij – di andare a vivere da sola a Los Angeles, di divorziare da Rivera e risposarsi con lui l’anno successivo e, soprattutto, di buttarsi a testa bassa nel mondo dell’arte dove comincerà a mietere i primi successi.
Delusa dal
gruppo surrealista che l’ha invitata a Parigi, Frida prende le distanze
dall’Avanguardia di Breton e compagni. Le sue motivazioni, oltre che dettate da
personali antipatie, vertono sulle differenze tra le sue opere e quelle
surrealiste:
Non ho mai dipinto sogni”, spiega lei stessa, “quella che io ritraggo è la mia realtà”.
La sua
salute peggiora, molte operazioni si susseguiranno, nel 1950 ne subisce sette.
Nel 1953 le viene amputata la gamba destra. L’anno seguente, ormai stremata,
Frida si ammala di polmonite e muore nella “casa azzurra” di Città del Messico,
dov’era nata e dove aveva passato la maggior parte del suo tempo, oggi trasformata
in un museo a lei dedicato per volontà di Diego Rivera.
In occasione
del centenario della nascita di Frida Kahlo (1907-2007), l’Associazione dei
Musei Diego Rivera Anahualli, Frido Kahlo Casa Azul e Dolores Olmedo diede
notizia dell’esistenza di un nuovo archivio di Casa Azul, la dimora dei due
artisti messicani. Disegni, stampe, lettere, fotografie, libri, telegrammi,
cartoline, bozzetti, tagli di giornale, vestiti, oggetti personali, medicine
hanno visto in quell’occasione la luce dopo essere stati chiusi in casse e
bauli per oltre cinquant’anni all’interno di diversi spazi della casa, tra i
quali la stanza da bagno personale di Frida.
Sono stati
ritrovamenti veramente eclatanti che hanno fatto parlare di un vero e proprio
tesoro di Casa Azul: ad esempio, nascosti nel retro di una libreria si celavano
più di trenta disegni di Frida, tra tutti, Las
apariencias engañan (Le
apparenze ingannano). Come in un gioco di parole, questo particolare disegno di
Frida sintetizza e proietta l’esperienza di una vita intera e si propone di
essere letto come un testo/manifesto; ma per la composizione, il trattamento
dello spazio, i volumi e i colori, questa immediatezza comunicativa aspira a
trasformarsi in un simbolo permanente e a mantenere un dialogo aperto sia con
le altre opere dell’artista (tra tutte, La
columna rota, 1944) sia con lo spettatore. Si tratta, in totale, di un
realismo figurativo insediatosi nella rappresentazione scenica e nella
illustrazione dettagliata del corpo dell’artista.
L’arte di
Frida non imita la natura, si dà come artificio capace di rappresentare gli
spasmi e le contrazioni dell’animo umano. Come i tanti corpi da lei dipinti, la
natura nelle sue opere assume cadenze geometriche e scheletriche, e vuole
rappresentare la stoica consapevolezza di una sensibilità che esercita
attraverso l’arte la volontà di produrre immagini capaci di andare oltre il
mondo reale. Edonismo creativo di chi non si lascia né coinvolgere troppo in
elitari movimenti d’avanguardia né colpevolizzare da un moralismo borghese che
non vedeva di buon occhio una donna zoppa e barbuta, dagli ambigui orientamenti
sessuali, giocare a fare l’artista.
La mostra e
il suo curatore, con la registrazione dei nuovi materiali e odierne
testimonianze, rappresenta una trama inedita attorno alla figura di Frida
Kahlo, di cui, tra tanti tesori ritrovati, molto c’è ancora da scoprire e
raccontare.
Maria Paola
Forlani
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