Giulio
Romano
Arte
e desiderio
“Con il
palazzo del Te, la sfarzosa dimora di Federico Gonzaga costruita tra il 1526 e
il 1534 al posto di una scuderia, Giulio Romano ha creato per sé e per il suo
tempo un monumento veramente singolare.
Pressochè esente da quelle limitazioni di
carattere pratico e tecnico, che solitamente pongono ostacolo all’arte
dell’architetto, ricco dei mezzi economici che la brillante corte di Mantova
gli elargiva, maestro indiscusso di una scuola di collaboratori, l’allievo prediletto
nonché l’erede di Raffaello, seppe qui dar forma a un’opera che vale come
immagine ideale delle tendenze e delle aspirazioni del tempo.
Ernest
Gombrich (L’opera di
Giulio Romano, Palazzo Te)
Palazzo Te torna
a celebrare a distanza di trent’anni dalla grande monografia del 1989, il genio
di Giulio Romano con la mostra Giulio Romano:
Arte e desiderio, aperta fino al 6
gennaio 2020.
L’esposizione, a
cura di Barbara Furlotti, Guido Rebecchini e Linda Wolk-Simon, è parte
integrante del programma di mostre ed eventi Giulio Romano e Palazzo Te (fino
al giugno 2020).
La mostra indaga
la relazione tra immagini erotiche del mondo classico e invenzioni figurative
prodotte nella prima metà del Cinquecento in Italia.
Concentrandosi
sulla produzione di Giulio Romano, il percorso espositivo evidenzia la
capillare diffusione di un vasto repertorio di immagini erotiche nella cultura
artistica cinquecentesca e svela le influenze esistenti tra cultura alta e
cultura bassa nella produzione di tali immagini.
I preziosi
oggetti esposti provenienti da venti istituzioni italiane e straniere, tra cui
il Metropolitan Museum il Rijksmuseum di Amsterdam, la Galleria di San
Pietroburgo, il Musée du Louvre di Parigi, il British Museum di Londra, la
Galleria Borghese di Roma, la Galleria
degli Uffizi e il Museo del Bargello di Firenze – sottolineano il carattere
giocoso, inventivo e a tratti sovversivo di queste invenzioni artistiche e
dimostrano la flessibilità del soggetto erotico, utilizzato in opere che
spaziano dai disegni ai dipinti, dalle sculture alle incisioni, dalle maioliche
agli arazzi.
<<Palazzo
Te è un luogo di segreti e di utopie. Un fiume di suggerimenti visivi e
narrativi, nel quale si mescolano Vitruvio e Ovidio, l’arte di costruire e
l’arte di amare, in una sequenza che racconta metamorfosi profonde
trasformazioni culturali e clamorose catarsi. Edificio tra il 1525 e il 1535
nel dialogo tra Federico II Gonzaga e Giulio Romano, il palazzo partecipa
all’avventura diplomatica del marchese e poi duca che lega la città di Mantova
a doppio filo alle vicende di un impero che si apre ad una fase di grande
splendore, ma nello stesso tempo già si confronta con le sfide che lo
condurranno in poco più di vent’anni ad una profonda crisi. Il mondo cambia, la
civiltà del Rinascimento italiano tiene ancora Venezia e Genova, ma l’ecumene
cristiano si spacca, l’Europa si insanguina di un secolo di guerre terribili da
cui emergerà una nuova politica, secolare, e un nuovo senso della potenza.
Il palazzo
racconta di questo, dell’inizio di tutto questo, segnando con tratti ironici
l’irrompere di un terremoto che con la necessità di ridisegnare il futuro; il
lusso politico, di un erotismo trasformativo e privato, in apparenza
indipendente dal rigore di una morale cattolica comune; e finalmente la
speranza di un nuovo olimpo imperiale che si erga sulle ceneri delle antiche
potenze>>
(Stefano Baia
Curioni, direttore di Fondazione Palazzo Te)
Il tema della
mostra, che offre al pubblico la possibilità di indagare un aspetto
relativamente poco noto dell’arte del Rinascimento, è infatti strettamente
connesso al luogo che la ospita. Soggetti erotici e storie amorose sono infatti
ricorrenti nelle sale di Palazzo Te, capolavoro indiscusso della carriera
artistica di Giulio Romano: si vedano, per esempio, le vicende di Bacco e
Arianna affrescate nella Camera delle Metamorfosi; o la passione di re David
per la bella Betzabea che prende forma nella Loggia di Davide; e soprattutto la
tormentata storia di Amore e Psiche che si snoda sulle pareti e sul soffitto
della sala omonima. Molteplici sono anche i riferimenti all’interno del palazzo
alla storia d’amore, in questo caso terrena e contemporanea, fra Federico II
Gonzaga e Isabella Boschetti, cominciata nel 1516 e terminata solamente con la
morte del duca, nel 1540.
Giulio
Romano: Arte e Desiderio, allestita
nell’Ala Napoleonica del palazzo, si articola in sei sezioni. Il percorso si
apre con la presentazione teatrale di una figura di Venere di marmo antica, già
proprietà di Giulio Romano e donata dall’artista al marchese di Mantova,
Federico Gonzaga.
L’opera esposta
testimonia come la scultura antica ebbe un impatto fondamentale
sull’immaginazione degli artisti attivi nel Cinquecento a Roma, in particolare
Raffaello e Giulio Romano e fornì loro lo stimolo per la creazione di nuove
opere dal carattere scopertamente sensuale.
La prima sezione
è dedicata a I Mondi, una serie di 16 immagini pornografiche,
probabilmente ispirate a fonti antiche, che furono disegnate da Giulio Romano,
incise da Marcantonio Raimondi e accompagnate da sonetti linceziosi composti da
Pietro Aretino. In seguito a una severa campagna censoria da parte
dell’autorità papale, queste incisioni sono andate perdute, ma la loro
eccezionale fortuna è attestata dalla proliferazioe di immagini erotiche ad
esse ispirate e realizzate in diversi media, inclusi i disegni, bozzetti e
decorazioni su maiolica istoriata.
La sezione
intitolata Arte e Seduzione,
presenta una copia antica e
particolarmente fedele della Fornarina di Raffaello, probabilmente realizzata da
Raffaellino del Colle, un collaboratore di Giulio Romano, e il Ritratto di cortigiana di Giulio stesso, sempre ispirato al famoso
ritratto erotico raffaellesco.
A seguire, la
sala dedicata a Gli amori degli
dei dimostra,
attraverso disegni e incisioni, la grande fortuna collezionistica di cui
godettero i soggetti erotici nel Cinquecento quando mascherati dietro la più
accettabile apparenza di una storia mitologica e giustificati come traduzioni
in immagini di invenzioni letterarie e poetiche.
La quinta sezione
costituisce il cuore della mostra ed è dedicata al quadro monumentale di Giulio Romano intitolato
i Due Amanti, conservato
all’Ermitage, il quale potrebbe essere stato realizzato poco prima dell’arrivo
dell’artista a Mantova, nel 1524, e condotto nella città dei Gonzaga come dono
per il marchese Federico. Affiancano il dipinto due opere di eccezionale
importanza artistica, affini ai Due Amanti per soggetto e cronologia: un arazzo –
spettacolare per dimensioni e preziosità dei materiali – con Mercurio ed Erse, ispirato a un’invenzione di Raffaello per la
Villa Farnesina, in prestito dal Metropolitan Museum of Art di New York, e un
raffinato cartone di grandi dimensioni proveniente dal Louvre raffigurante Giove e Danae, di
mano di Perino del Vaga – un altro collaboratore di Raffaello – che dovette
servire da modello per un arazzo (ora perduto) realizzato su commissione di
Andrea Doria a Genova, pare di una serie dedicata agli amori clandestini di
Giove.
Il tema degli amori clandestini di Giove torna nell’ultima stanza dell’esposizione,
dove un grande cartone raffigurante gli amori di Giove e Leda ispirato a una
invenzione di Michelangelo e la sensuale Danae di Correggio, commissionata da Federico II
Gonzaga nel 1530-1532, attestano come gli artisti cinquecenteschi si siano
cimentati nel campo della pittura di soggetto erotico in competizione con la
scuola di Raffaello.
M.P.F.
Nessun commento:
Posta un commento