Il volto di Maria e il volto di san Francesco di Cimabue ad Assisi
Se
fosse possibile trovare un Francesco d’Assisi con una verosimiglianza nella
pittura all’immagine del Santo reale, se questo nostro sforzo dovesse cioè
avere il senso di rintracciare una fototessera o una memoria del volto,
sicuramente dovremmo guardare al Francesco dipinto da Cimabue. Non so se questo
pensiero mi sia venuto ponendo attenzione alle cose che si studiano quando si
guardano le opere di Cimabue o se invece sia dovuto alla presunzione della
fedeltà a un’immagine e la capacità di restituirla nella pittura siano più
probabili in chi è più vicino cronologicamente al soggetto che dipinge.
A distanza di poco più di sessant’anni dalla morte del Santo, avvenuta nel 1226, il primo pittore che ci lascia un’immagine di Francesco d’Assisi è certamente Cimabue. Mentre le altre immagini – Margaritone d’Arezzo o i pittori ancora più antichi – rimangono comunque legate a una iconografia bizantina, in cui si vede sì la volontà di definire la realtà in modo più preciso, ma si sente anche la strettoia della natura nella ricerca stilistica più formale della scuola orientale Quando noi guardiamo la Madonna con bambino tra gli angeli e San Francesco della Basilica inferiore di Assisi, vediamo un uomo che è senza barba, che ha un’espressione sofferta e intensa e notiamo due orecchie a sventola che non possono essere state dipinte senza che l’autore ne avesse una nozione di rispondenza fisiognomica. Cimabue, infatti, avrà sicuramente incontrato qualcuno che conosceva il Santo e gli avrà chiesto informazioni, notizie utili per dipingere un volto simile al vero.
Mentre
il gruppo pittorico principale, che racchiude la Vergine al centro e gli
angeli, è composto da figure fortemente idealizzate che appartengono a una
dimensione celeste e ultraterrena, con lineamenti regolari e abiti splendenti,
anche soltanto lo spazio ristretto che il pittore lascia a Francesco indica la
dimensione dell’umiltà, della misura, della volontà di far capire il senso
delle proporzioni tra cose terrene e cose celesti che Francesco custodiva
dentro di sé. Il risultato dal punto di vista spaziale è una dimensione
pittorica eccentrica, perché, Cimabue, per lasciare spazio a San Francesco, è
costretto a spostare a sinistra il gruppo principale; ma è eccentrica anche nel
passaggio di linguaggio che si avverte nei tratti dei personaggi, poiché
Francesco, con il suo volto magro e quella forma così particolare, indica un
realismo opposto all’idealismo della Madonna e degli angeli. Ecco perché molta
della critica ritiene che tra le raffigurazioni di Francesco la più
corrispondente alla realtà sia di Cimabue. Le altre, di un Francesco giovane,
dai lineamenti estremamente regolari, e prive del curioso particolare delle
orecchie a sventola (come si vede nell’Omaggio dell’uomo semplice o nel Dono del
mantello o
nella Rinuncia
degli averi delle
storie francescane, rappresentano senz’altro più una figura dell’anima che non
l’immagine reale.
Il volto di Cimabue, invece, con gli orecchioni, con la faccia smagrita, sembra essere il primo ritratto realistico forse della storia, in opposizione a una Madonna che, pur essendo anch’essa figura terrestre, è ormai assunta in cielo e, per forza di cose, naturalmente idealizzata.
M.P.F.
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