sabato 26 dicembre 2020

Antelami a Parma. Il lavoro dell'uomo, il tempo della terra

 


Le raffigurazioni scultoree dei Mesi di Benedetto Antelami

Nel Battistero di Parma.


Talvolta per fare una grande mostra basta una piccola idea, come per esempio portare a terra delle preziose sculture solitamente collocate in alto, in modo da poterne ammirare da vicino l’originalità, l’armonia delle forme e la raffinatezza dei dettagli. Proprio a partire da questa semplice idea è stata allestita nel battistero di Parma, con la curatela di Barbara Zilocchi, la mostra Antelami a Parma. Il lavoro dell’uomo, il tempo della terra: protagoniste assolute sono le opere attribuite a Benedetto Antelami (1150 circa – 1230 circa) e raffiguranti le personificazioni dei Mesi, un tema tutto medioevale e diffusissimo sia in aerea padana sia in tutta l’Italia ed Europa.


A quell’epoca la rappresentazione personificata dei Mesi veniva scelta per tradurre in immagini simboliche il tempo ciclico della vita umana scandita dai lavori agricoli e che si interseca con il tempo divino, quest’ultimo lineare perché comincia con la Genesi e termina con il Giudizio e l’eternità dei beati e dei dannati.



La vicenda delle sculture conservate nel battistero parmense è in parte misteriosa, ma senza dubbio si colloca nei decenni in cui l’artista lavorò a Parma, e quindi tra la fine del XII secolo e i primi decenni del successivo. Lo sappiamo perché Antelaqmi firmò, datandola 1178, un’opera capitale per la storia medioevale, la lastra con la Deposizione di Cristo conservata nell’attigua cattedrale, mentre nel 1196 suggellò con un’iscrizione pure l’inizio della costruzione del battistero.


Ma chi era Benedetto? Lo chiamiamo con il solo nome proprio perché a quei tempi “antelami” non designava tanto un cognome, quanto un mestiere: così infatti erano chiamati i costruttori provenienti dalla val d’Intelvi e particolarmente attivi nell’area di Genova, da cui partirono per raggiungere varie località, compresa Parma. Benedetto non fu solo un raffinatissimo architetto a capo del cantiere del battistero: ce lo dice lui stesso definendosi <<sculptor>>. Sotto la sua la sua mano e sua regia furono realizzate i tanti rilievi che adornano l’edificio sacro che adornano l’edificio sacro che con l’enorme mole rivestita di breccia di Verona nelle sue varie sfumature di rosa, domina piazza Duomo.


Le parti più ricche di figure, così “classiche” sono i tre portali, dove stipiti, archivolti, lunette raccontano storie sacre, tra cui quelle di san Giovanni Battista e l’ Adorazione dei Magi; la Resurrezione nel giorno del Giudizio e Cristo in trono con angeli e simboli della passione, mentre sul portale meridionale Antelami narra l’inconsueta leggenda di Barlaam: per sfuggire a un drago che lo insidia, un uomo sale su un albero, vi trova dei favi di miele e, distratto dalla delizia, non si accorge che il tronco sta per essere rosicchiato e abbattuto da due grossi roditori; ai lati con il Giorno e la Notte e il Sole e la Luna. Tutt’attorno all’ottagono del battistero corre invece un zooloro con animali fantastici.

Anche l’interno si caratterizza per un abbondante decorazione plastica: nelle lunette, nei capitelli e poi lassù nella prima loggia dove a fino poco fa stavano i rilievi dei Mesi abbinati ai rispettivi segno zodiacali; un ciclo probabilmente mai del tutto finito visto che è privo di tracce di policromia. Tuttavia a quell’epoca la scultura indipendente dall’architettura era rarissima e il fatto che questi pezzi siano ricavati da blocchi che, con tutta evidenza, prevedevano il loro montaggio in una struttura più complessa, fa pensare che essi rimasero inutilizzati in tal senso, forse a causa della scomparsa del “magister”.


Nella mostra introducono il percorso due figure interpretate come le stagioni: un’elegante Primavera (o Primavera/Estate) coronata di fiori e un barbuto Autunno/ Inverno, per metà vestito e affiancato a un ramo secco, e per metà nudo con ramo fogliato. Come altri cicli medievali, l’anno doveva iniziare a marzo, secondo l’antica tradizione del calendario romano: il mese della rinascita suona il corno e ha i capelli arricciati (il suo segno è l’Ariete, che al pari di altri segni è scolpito su una pietra separata e incastonata nella muratura); viene poi il regale Aprile, coronato, togato, con un fiore in mano e una sorta di scettro nell’altra. Maggio è “cavaliere” – perché in quel mese si ricominciavano le guerre dopo la pausa invernale – e ha in mano un falcetto per poter tagliare il foraggio per il suo cavallo, Giugno miete il grano, Luglio lo batte sull’aia facendolo calpestare da due animali da soma, Agosto prepara le botti e Settembre vendemmia, con ai suoi piedi il segno della Bilancia.



Ottobre è un uomo maturo che semina, vigilato dallo Scorpione, Novembre raccoglie le rape in compagnia del Sagittario e Dicembre fa scorta di legna. Gennaio, seduto su uno scranno, è un uomo barbuto con vesti decorate; ha due volti, uno davanti e uno dietro, per guardare sia all’anno futuro sia a quello passato, come l’antico Giano bifronte. Infine Febbraio vanga la terra, sovrastato dal segno dei Pesci.


L’esposizione, in una “location” di per sé stupefacente per complessità architettonica e decorazione pittorica, è un’occasione per riflettere sul sapere teologico del XIII secolo e sulla lettura che ne diede Benedetto Antelami, nonché per riaccendere i riflettori sulle incognite storiche e sui dibattiti relativi al lavoro del maestro, aperta fino al 12 settembre (salvo proroghe o chiusure per emergenza Covid-19.


M.P.F.

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