I mai visti XVI
Capolavori dai depositi degli Uffizi
Fino al 1°febbraio
2015, la Sala
delle Reali Poste del Museo fiorentino accoglie la mostra delle “Collezione
delle icone russe agli Uffizi”.
La rassegna promossa
dell’Associazione Amici degli Uffizi e curata da Valentina Corticelli, Daniela
Parenti e Vincenzo Gobbo (catalogo Sillabe) è parte integrante del ciclo ‘I mai visti’, che ogni anno offre al
pubblico l’opportunità di approfondire temi legati ad opere poco note delle sue
collezioni.
La mostra presenta 81 icone
delle Gallerie fiorentine, costituenti il più antico nucleo collezionistico di
icone russe esistenti al di fuori del mondo ortodosso.
I due esemplari più antichi,
un’icona mariana e quella raffigurante la Decollazione del Battista, sono databili fra la fine
del XVI secolo e l’inizio del XVII e conservano ancora la coperta d’argento,
detta oklad, che le rendeva gradite
al gusto principesco di casa Medici, trovando posto fin dal Seicento fra le
suppellettili della cappella di Palazzo Pitti. Ad eccezione di pochi esemplari,
tuttavia, la collezione giunse a Firenze in epoca lorenese ed è costituita per
la maggior parte da icone databili alla prima metà del XVIII secolo; i
caratteri stilistici che le accomunano sono tali da far supporre che possano
essere state acquistate per piccoli gruppi in qualche bottega provinciale della
Russia centrale. S’ignorano gli eventi che hanno portato questa raccolta a
Firenze. Una scritta presente sul retro dell’icona con le Storie di Cristo porta a ipotizzare un legame con la chiesa
ortodossa della Santissima Trinità di Livorno, eretta alla fine del sesto
decennio del XVIII secolo con il favore del granduca Francesco Stefano di
Lorena. Nell’ambito della strategia propagandistica messa in atto da Caterina di
Russia durante la guerra con i Turchi (1768 – 1774), nel corso della quale la
flotta russa soggiornò a Livorno, la zarina fece ricorso più volte a doni
votivi, tributandoli anche alle comunità ortodosse d’occidente, ed è possibile
che la collezione delle icone oggi agli Uffizi si origini in un episodio legato
a questo particolare momento storico.
La tradizione vuole che proprio un tipo di rappresentazione iconografica del Cristo sia
l’icona più antica e quella maggiormente carica di significato religioso:
l’immagine del suo volto. La mostra inizia proprio con l’icona del Salvatore
Acheropita (XVIII secolo).
Nel pannello centrale sono
raffigurati due angeli in piedi sulle nuvole, che reggono un drappo riccamente
decorato con l’effige di Cristo. Nell’arte bizantina non si ha notizia di
immagini del Salvatore Arceropita con angeli (generalmente gli arcangeli
Michele e Gabriele) che reggano il drappo su cui si imprimono i suoi
lineamenti. Nella Rus’ esse appaiono per la prima volta nel XV secolo e,
all’incirca a partire dallo stesso periodo, si incontrano nell’iconografia
dell’Ucraina occidentale.
Sebbene il tema della
venerazione degli angeli all’efige “non dipinta da mano umana” compaia in opere
bizantine e russe già nel XII-XIII secolo, le raffigurazioni di angeli che
reggono il velo sono probabilmente desunte dall’iconografia occidentale della
Veronica.
Come per le icone di Cristo,
la chiesa cristiana d’Oriente ammantano di leggenda anche la creazione
delle prime immagini recanti la figura
della Madre di Dio, che la tradizione vuole siano state dipinte
dall’evangelista Luca quando Maria era ancora in vita. In mostra “Madre di Dio
di Kazan”, con i miracoli (Russia centrale, secondo quarto del XVIII secolo)
Questa immagine è una dei tesori sacri più venerati nel tardo medioevo e
nell’era moderna per i miracoli da essa compiuti. Secondo la tradizione,
l’icona miracolosa venne rinvenuta a Kazan’ l’8 luglio 1579, dopo che la Madre di Dio apparve in
sogno per tre volte a una fanciulla di nove anni, Matrona, figlia dell’arciere
Danila Onučin. Segue l’icona
della “Madre di Dio di Vladimir”
(Russia Centrale, secondo
quarto del XVIII secolo)
Questa immagine è una delle
più venerate dell’antica Russia, palladio dello stato russo, era diventata un
modello per numerose copie in tempi diversi. Nota sotto il nome di Glikofilusa, questa iconografia vuole
rappresentare la consapevolezza delle future sofferenze di Cristo. Molte sono
le icone presenti in mostra rappresentanti la
“Natività della Madre di Dio”
(Russia centrale, secondo quarto del XVIII secolo).
La prima tavola che inizia
questo percorso si riferisce alla variante iconografica breve del soggetto più
popolare nell’antichità, secondo la quale la “Natività della Madre di Dio”
veniva unita alla scena della lavanda del Bambino. La raffigurazione della
scena di Gioacchino assiso nel seggio e in conversazione con Anna, resa
manifesta dal gesto, è diventata caratteristica della pittura di icone
anticorussa a partire dal XVII secolo.
Esposte secondo l’ordine
della gerarchia celeste, le numerose icone raffiguranti gli angeli, i profeti,
i santi, i martiri e i beati ben rappresentano il sentimento popolare che
legava la devozione del popolo russo verso queste sante figure, evidenziando
con le icone ad esse dedicate la più spontanea e partecipe manifestazione della
vita religiosa dei singoli. Infatti, se per i momenti di grande pericolo o per
eventi negativi che interessavano l’intera collettività, si invocava il Cristo
o la Madre di
Dio, per i bisogni del fedele le preghiere erano rivolti ai Santi protettori o
taumaturghi, agli Angeli Custodi, a Martiri che davano, con la loro morte, un
chiaro esempio di fede.
L’icona con l’ “Arcangelo
Michele, condottiero delle schiere celesti” (Russia centrale, secondo quarto
del XVIII secolo), presenta al centro della composizione l’arcangelo Michele,
al galoppo su un destriero rosso alato. Egli suona una lunga tromba dorata e le
sue braccia allargate reggono l’arcobaleno. Con la destra Michele impugna la
croce, gli strumenti della passione e una lunga lancia, con cui trafigge il
diavolo riverso a terra, e nella sinistra regge un Vangelo con rivestimento
dorato, tempestato di perle e pietre preziose, e un turibolo anch’esso dorato.
Nella seconda parte
l’accostamento con opere antiche di maestri toscani accanto alle icone, propone
un percorso assai affascinante.
Prendiamo, ad esempio, la
“Madonna del parto incoronata da angeli” (Madonna della Nina) (1330) Galleria
degli Uffizi. Il dipinto raffigura la Vergine stante, recante un libro con la mano
destra poggiata sul grembo, a sottolineare lo stato di gravidanza, denunciato
anche dalla rotondità del ventre; al contempo due angeli incoronano Maria come
Regina.
Ritornando ad un’immagine
molto amata dai fedeli tra le icone russe spicca “Natale di Cristo” (Russia
centrale, secondo quarto del XVIII secolo). Al centro della composizione, su un
alto trono senza schienale, con piedistallo circolare a gradini, sopra un
cuscino rosso, siede la Madre
di Dio. Ha le mani protese in avanti nel gesto della Desis. Accanto al trono, una mangiatoia, appoggiata su sostegni,
nella quale è posto il Bambino Cristo Gesù. La Madre di Dio e il Bambino sono raffigurati sullo
sfondo di una grotta nera, all’interno della quale si vede l’immagine
stilizzata di un letto. Da sinistra si avvicinano al Bambino i tre Magi con in
mano i doni; uno di essi è raffigurato con la pelle nera. A destra sta
Giuseppe, con le braccia al petto.
Nella parte più alta, nuvole
color marrone circondano un lembo semicircolare di cielo, dal quale scendono in
direzione del Cristo raggi con la stella di Betlemme.
Maria Paola Forlani
Nessun commento:
Posta un commento