L’altra metà del cielo
Sante e devozione privata
Nelle grandi famiglie fiorentine
Nei secoli XVII – XIX
Si è aperta a Firenze, fino
all’8 marzo, la mostra “L’altra metà del cielo. Sante e devozione privata nelle
grandi famiglie fiorentine nei secoli XVII – XIX” (catalogo Sillabe). In tutto
si possono ammirare 165 opere – tra cui vari inediti – tra dipinti, sculture,
reliquiari, oggetti sacri, elementi curiosi di una sacralità ormai lontana.
L’esposizione è composta da
due sezioni che hanno luogo rispettivamente al Museo di Casa Martelli (via Zannetti 8) ed a Villa La Quiete
(via di Boldrone 2).
Diretta da Monica Bietti e
curata da Francesca Fiorelli Malesi, l’esposizione nasce dalla collaborazione
tra la soprintendenza per il Polo Museale Fiorentino e l’Università degli Studi
di Firenze. La mostra propone al pubblico il tema della devozione privata delle
grandi famiglie fiorentine fra Seicento e Ottocento, declinata soprattutto al
femminile, con approfondimento in particolare sulla famiglia Martelli.
Il felice convergere di molti
studi sui rapporti tra fede, arte e storia ha visto fiorire in questi ultimi
tempi vari e qualificati eventi ospitati nei musei fiorentini, come la mostra Sacri Splendori allestita nel Museo
degli Argenti di Palazzo Pitti, (da poco conclusa) accanto si è aperta presso
il Museo Martelli e il Conservatorio di Villa
Se nel primo caso il tema
affrontato è stato quello della devozione della famiglia Medici e del ‘tesoro’
di reliquie un tempo raccolto nella Cappella del palazzo (che certo per
ricchezza delle teche e dei vasi destinati a contenere i sacri resti di santi e
beati assolveva anche al compito di esibire il potere e il fasto del
granducato.
In questo ultimo evento dedicato alla
devozione delle grandi casate fiorentine, (con ovvia e necessaria attenzione
alla famiglia Martelli), la storia si tinge ora di toni più intimi e familiari
e, se vogliamo, di una fede meno conclamata e forse più profonda. La mostra si
concentra specialmente sui culti dedicati alle sante e alle beate fiorentine e
pone lo spettatore di fronte ad agiografie poco note e a culti desueti, attorno
ai quali fiorì un attività artistica a scopi devozionali tracciabile anche
attraverso cappelle, altari,
suppellettili e memorie nelle chiese di Firenze;
fin alla corte, dove le reggenti vedove del primo Seicento, poi Vittoria della
Rovere, infine l’Ellettrice, esercitarono complesse pratiche religiose
supportate da una quantità strabiliante di oggetti per il culto pubblico e
privato, personale e collettivo. Una storia di sante e di principesse che,
valorizzando il passato della famiglia Martelli strettamente legato alla Chiesa
fiorentina schiude una finestra sul vivido scenario delle arti applicate
nell’età barocca, dalle lavorazioni preziose di metallo o d’avorio ai modesti
manufatti in legno o perline, inducendo una volta di più all’ammirazione per la
sapienza progettuale e manuale che ne guidò la creazione.
La prima sezione della mostra
che ha sede a Casa Martelli inizia con un’introduzione storica sulla devozione
a Firenze e sul culto che la famiglia Medici e il patriziato fiorentino
riservarono, tra XVII e il XIX secolo, ai santi loro concittadini e alla
Santissima Annunziata di cui si espongono testimonianze della devozione
all’immagine attraverso i riti, le cerimonie e i doni di cui il santuario è
stato testimone.
Il percorso prosegue con
l’illustrazione, nei suoi aspetti più privati, del culto come la spiritualità
vissuta nell’intimità dei palazzi – espressa attraverso il possesso di
reliquie, libri, piccoli altari portatili e immagini devozionali – per i grandi
santi fiorentini, ma soprattutto per la santità femminile di cui le maggiori
testimoni sono
Maria Maddalena de’Pazzi (Firenze, 1566 – 1607), Caterina de’ Ricci (Firenze, 1522 – Prato, 1590), illustre ava
della Caterina che sposò nel 1802 Niccolò Martelli, e
Giuliana Falconieri ( Firenze, 1271 – 1341).
Allestita presso alcuni
ambienti di Villa La Quiete ,
si apre una sezione che approfondisce le origini e i caratteri di un importante
aspetto della devozione femminile fiorentina tra Sei e Settecento. La Quiete , istituzione
secolare d’ispirazione religiosa fondata da Eleonora Raminez de Montalvo alla
metà del XVII secolo, accoglieva donne per lo più provenienti dalla nobiltà,
desiderose di vivere liberamente, senza voti, nella separatezza e nella
preghiera; a questo si aggiungeva la missione educativa delle bambine, che
venivano loro affidate dalle famiglie affinché
si formassero secondo la
morale cristiana e, giunte alla maggiore età, decidessero se sposarsi oppure
prendere i voti. Fondatrici e, pertanto figure – chiave di questa istituzione
furono Eleonora Raminez de Montalvo (Genova,
1602 – Firenze, 1659) e la Granduchessa Vittoria della Rovere (Pesaro, 1622 – Pisa,
1694): l’una ispiratrice della congregazione e autrice delle sue costituzioni;
l’altra superiora e “madre” della stessa. La spiritualità che emerge dalle
Costituzioni è piuttosto austera – si sarebbe tentati di scrivere che appare
molto gesuitica – perché privilegia la meditazione e la devozione trinitaria e
dell’incarnazione e, pur riservando una forte attenzione alla Madonna, non
sembra scivolare in nessun devozionismo.
La fede e la scienza convivono
organicamente nel medesimo habitat concettuale
e fattuale. Parimenti la fondatrice raccomandava alle “Ancille” di tenere
comportamenti benevoli e pazienti, in modo da testimoniare l’amore di Dio con
il loro esempio, e di favorire l’espressione delle migliori virtù di ciascuna.
Nel testo normativo trova spazio anche il teatro: Eleonora considera la
rappresentazione teatrale un mezzo educativo estremamente efficace. Se è vero
che coltiva la passione per la scrittura – come
dimostrano la composizione
della propria autobiografia in versi e la scrittura di numerose operette
letterarie – e se ciò avrà sicuramente pesato nell’assunzione della
drammaturgia quale sistema formativo, nondimeno è assai probabile che la
frequentazione dei Gesuiti di San Giovannino l’abbia ulteriormente persuasa
della potenza educatrice della recitazione. Il teatro gesuitico costituisce,
infatti, uno dei capitoli più interessanti per la storia della cultura e della
formazione delle coscienze nell’Europa Moderna. Il fine dell’azione teatrale,
per Eleonora così come per i gesuiti, è la predisposizione dell’anima
all’azione della grazia.
La sezione si sviluppa in
alcuni ambienti, fra cui la chiesa e il coro basso. Nella chiesa sono esposte –
in aggiunta alle opere d’arte già presenti – alcune testimonianze sulle due
fondatrici appena ricordate, contestualmente ai monumenti loro dedicati che qui
hanno luogo, nonché sulla vita del conservatorio nel XVII secolo.
Nel coro basso, si possono
ammirare le commissioni di Anna Maria Luisa de’Medici, nipote di Vittoria, ultima
dei Medici, legatissima alla Quiete, e alcuni manufatti di eccezionale valore
artistico e documentario per la spiritualità delle Montalve.
Maria Paola Forlani
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