BALTHUS
Le Scuderie del Quirinale e Villa Medici hanno aperto fino al 31
gennaio 2016 la mostra Balthus , una grande retrospettiva organizzata
a quindici anni dalla morte del pittore e dell’ultima esposizione che gli è
stata dedicata in Italia. La mostra sarà in seguito al Kunstforum di Vienna dal
17 febbraio al 19 giugno 2016, prima monografica dell’artista in Austria.
Curata da Cécile Debray, conservatrice al Museo nazionale d’arte moderna Centre
Pompidou, con la collaborazione di Matteo Lafranconi per la sezione alle Scuderie del Quirinale
a Roma e Everlyn Benesch per Vienna, la mostra riunisce più di duecento opere:
quadri provenienti da importanti musei e da collezioni private prestigiose, ma
anche un’ampia selezione di disegni e fotografie.
Balthazar Klossowski de Rola
detto prima Baltusz, poi Baltus, infine a partire dal 1925, Balthus. La sua
famiglia è di origine polacca. Lui nasce a Parigi nel 1908, il padre è lo
scrittore e pittore Eric Klossowski, la madre Paladine –
suo vero nome Elisabeth Dorothea Spiro – è un’artista.
Poiché nasce il 29 del mese
di febbraio, compie gli anni ogni quattro anni. Infatti alla festa per i 21
anni della figlia Harumi nel salone del suo “Grand Chalet” a Rossinière,
cantone del Vaud sopra Montreaux,
compaiono delle insegne che
dicono che la figlia e il padre celebrano l’anniversario dei loro 21 anni. Poi
Balthus ha deciso di non compiere gli anni, non si è festeggiato, e desidera
non farlo mai più. Muore
il 18 febbraio del 2001 a
novantatrè anni.
L’esposizione romana ripercorre
la carriera di Balthus proponendo nuovi spunti di riflessione sul lavoro di uno
dei più originali artisti del Novecento. Balthus è profondamente legato
all’Italia. Il suo primo viaggio nel nostro paese, nel 1926, rappresenta uno
spartiacque per la sua vocazione artistica. Folgorato dalla scoperta dei
maestri del Rinascimento toscano, in particolare di Piero della Francesca,
Balthus ne eredita la chiarezza formale, la capacità narrativa, il senso della
composizione.
È proprio da questa tradizione – integrata dalla
conoscenza dei movimenti italiani del Rinascimento magico e della Metafisica,
oltre che dalla Nuova Oggettività tedesca – che trae origine quell’atmosfera
sospesa ed enigmatica che è caratteristica distintiva delle sue opere, in
particolare dei capolavori degli anni Trenta. Il legame con l’Italia si
rafforza a partire dal 1961, quando viene nominato direttore dell’Accademia di
Francia a Roma a Villa Medici fino al 1977, e qui sviluppa una nuova pratica
del disegno e della pittura, traendo ispirazione dalle tecniche del passato per
reinventare
Alle Scuderie del Quirinale
la mostra presenta circa centocinquanta opere, riunendo capolavori appartenenti
a tutte le fasi della carriera di Balthus, in un percorso cronologico che si
sviluppa attorno ad alcuni temi centrali: l’eredità rinascimentale, l’infanzia,
l’influenza di opere
letterarie come Cime tempestose di Emily Bronte e Le avventure di Alice nel paese delle
meraviglie di Lewis Carroll;
l’importa degli scambi con Antonin Artaud, Andrè Derain, Alberto Giacometti e
con suo fratello Perre Klossowski. Sono esposte opere chiave, come La tolette de Cathy (1933), Le Roi des chats (1935), Les enfants Blancchard (1937), La Phaléne (1959), Les Joueurs de carts (1968-75), Le
Peintre et son modale (1968-73), La
Patience (1946-48).
A proposito de La Patience (Il Solitario), tra le opere
più affascinanti ed enigmatiche esposte in mostra.
Balthus trascorre gli anni della
seconda Guerra Mondiale in Svizzera, tra Friburgo e Ginevra. Proprio a Friburgo
gli vengono commissionati numerosi dipinti e, nel 1943, Georges Moos invita il
pittore a esporre nella propria galleria di Ginevra. Tra le opere eseguite in
quegli anni, il quadro più apprezzato è La
Patience (Il Solitario).
Nel dipinto, modificato tra
il 1946 e il 1948, il pittore affronta per la prima volta il soggetto del gioco
delle carte. Si tratta di un solitario giocato da una fanciulla. Questa è
ritratta con un ginocchio appoggiato a uno sgabello foderato di velluto, il
corpo proteso in avanti e lo sguardo pensoso rivolto alle carte da gioco. La
stanza è illuminata da un raggio di luce che penetra da una finestra alle
spalle della ragazza. La luce fredda ne lambisce i contorni marcati, mentre il
volto in penombra annuncia significati misteriosi. Il quadro, dipinto durante
il soggiorno svizzero del 1943, è permeato da un’atmosfera metafisica; gli
oggetti presenti nella stanza, arredata da preziosi tappeti e da una pesante
tenda, assumono una valenza drammatica. La candela spenta, le carte sul tavolo,
simili a tarocchi, sembrano annunciare l’avvenire. In una recensione della
mostra alla Gallerie Moos il poeta Pierre Jean Gouve si sofferma sul quadro: “La Patience produce la chiarezza, la
vittoria, o almeno la promessa della vittoria su un dolore presente; il
profondo enigma del quadro diventa a poco a poco l’espressione chiara della
nostra attesa, corrisponde segretamente e chiaramente al cammino della
speranza, come la fanciulla diventa poco a poco la patria dolente della
fanciulla”.
A Villa Medici l’esposizione
si localizza invece sul processo di lavoro dell’artista durante il periodo
romano e negli anni successivi. Attraverso più di cinquanta opere tra dipinti,
disegni e fotografie, i visitatori hanno l’opportunità di scoprire gli aspetti
meno noti dell’universo creativo di Balthus, nella cornice unica di Villa Medici
che per diciassette anni è stata il suo laboratorio artistico.
La mostra
propone diversi capolavori tra cui La
Chambre tourque (1963-66), eccezionalmente prestato dal Centre Pompidou ed
esposto poco lontano dalla stanza che raffigura, Japonaise à la table rouge (1967-76) e Nu de profile (1973-77). Questi celebri dipinti sono accompagnati
da una selezione di schizzi, fotografie e disegni preparatori che permette di
ripercorrere le diverse fasi di lavoro.
Il percorso non si limita
alle sale d’esposizione ma include alcuni dei luoghi più emblematici di Villa
Medici, reinventati da Balthus
attraverso un metodo inedito
di applicazioni del colore. Inoltre la camera turca, raffigurata nell’omonimo
quadro, è per la prima volta accessibile al pubblico.
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