Splendori
del Rinascimento
A Venezia
SCHIAVONE
Tra Parmigianino,
Tintoretto e Tiziano
Si è aperta al Museo Correr
di Venezia, fino al 10 aprile 2016, la
prima mostra dedicata ad Andrea Schiavone, inventore di uno stile nuovo. Una
pittura dirompente e un artista “fuori dal coro” ammirato da Tintoretto, da
Carracci e da
El Greco, (catalogo 24 Ore Cultura).
Nello straordinario scenario
della pittura rinascimentale veneziana, in quel concerto polifonico che vedeva
eccezionali personalità primeggiare in laguna, e da qui in Europa, la figura e
il “suono” di Andrea Meldola detto lo Schiavone (Zara, 1510 c. – Venezia,
1563) spaccò l’opinione pubblica e
divise la critica: chi come l’Aretino lo stimava e gli era amico, chi come
Paolo Pino non nascondeva il suo disprezzo. L’esposizione a cura di Enrico Maria Dal Pozzolo e Lionello Puppi riunisce per la prima
volta oltre 80 lavori di Andrea Meldola, dipinti, disegni, incisioni, la
maggior parte dei quali mai esposti in una mostra e provenienti da musei e
collezioni di tutto il mondo, oltre ad alcuni inediti, si possono vedere
insieme i capisaldi dell’opera pittorica di Schiavone e con essi importanti
dipinti di confronto dei maggiori artisti del tempo, punto di riferimento per
il dalmata e con cui egli ebbe contatti o rapporti di “dare” e “avere”.
Capolavori del suo maestro
ideale Parmigianino – la grande “Madonna
di San Zaccaria” degli Uffizi – del suo compagno di scorribande giovanili,
Jacopo Tintoretto, di Tiziano – con la “ Madonna Aldobrandini ” dalla National Gallery di Londra – e
ancora Vasari, Salviati, Bordon, Bassano, Polidoro da Lanciano, Lambert
Sustris: tutte presenze importanti per Schiavone e per lo straordinario
concerto dell’arte veneziana nell’età del Manierismo.
A ritardare il pieno
riconoscimento di Schiavone, inventore di uno stile sintetico nuovo, di tocco e
a tratti quasi “informale”, hanno contribuito sicuramente le nebbie che ancora
avvolgono la sua biografia: in particolare la formazione tra la nativa Zara (in
Croazia), l’Italia Centrale (Bologna? Firenze? Roma?) e la meta finale Venezia.
Eppure, le sue opere
raggiungono vertici di straordinario livello; i suoi dipinti, disegni e
incisioni impreziosiscono le dimore dei maggiori patrizi veneziani e finiscono
nelle grandi collezioni reali europee; i suoi servigi vengono richiesti per la
decorazione di numerose Chiese e tante repliche antiche di sue ideazioni
attestano la fortuna delle sue invenzioni.
Fu Vasari a condizionare le
biografie successive, definendo Schiavone esponente di
“una certa pratica che s’usa a Venezia di macchie o vero bozze, senza
esser finita punto”: un precursore dell’informale, verrebbe oggi da dire.
Vasari lo criticò, ancor prima di recarsi a Venezia nel’41, gli commissionò la
rappresentazione di una “Battaglia di Tunisi” per Ottaviano de’Medici.
Considerata la sua opinione
sulla pittura lagunare, la cosa ha dell’eccezionale, spiegabile forse con la
mediazione dell’Aretino, amico comune, se non con l’intento di dimostrare la
superiorità sua o della scuola fiorentina. Certo è che il San Girolamo” che
Vasari dipinse per l’Ottaviano l’anno successivo, ora a Palazzo Pitti ed
esposto a Venezia in questa occasione, pare l’esatto contrario della proposta
linguistica che Schiavone andava diffondendo in quegli anni.
Contro i commenti vasariani e
in difesa di Schiavone – che addirittura viene posto da Giulio Cesare Gigli in
apertura del corteo “De’ Veneziani” che
seguono il carro della
“Pittura Trionfante” 1615 – furono molti a scagliarsi: grandi pittori come
Annibale Carracci ed El Greco, e critici in testa ai quali Marco Boschini –
rispondendo al Vasari – scrisse “ O
machie senza machia, anzi splendori/che luse più de qual se sia lumiera”.
Era la “furia Dalmatica”, dal
pennello veloce come freccia. Una forza della natura. E
già Ridolfi, nelle “Meraviglie dell’arte” (1648), ricordava che Jacopo Tintoretto era
solito ripetere “ch’era degna di riprensione quel Pittore che
non tenesse in casa sua un quadro d’ “Andrea”, qualche anno più tardi
Boschini precisa – su fonte diretta del figlio Domenico – che Tintoretto
addirittura “teneva avanti di sé, come
esemplare, un quadro di questo Auttore per impressionarsi di quel gran
Carattere di Colorito, così forzuto e punto”.
Certamente l’influenza di Schiavone
su Jacopo Robusti e gli indizi di una loro frequentazione non episodica sono
ormai accertati (non per nulla in passato furono parecchie le confusioni
attributive tra i due), così com’è condiviso dalla critica che il pittore
dalmata sia stato il principale diffusore del Parmigianino in area Veneta.
Dal grande artista emiliano Schiavone
trae modelli figurativi che rende propri e soprattutto una forma di disegno
pittorico che “è un aspetto fondamentale del suo contributo alla storia della
pittura veneziana”.
I disegni pittorici del Meldola impressionano per qualità e
freschezza, ma anche nelle incisioni Andrea raggiunge vertici assoluti,
dimostrando una vera passione che metterà per tutta la vita (quasi maniacale
per le numerose varianti, i ritocchi, la ricerca della precisione), sviluppando
la sua ricerca di pari passo a quella pittorica, utilizzando in modo
straordinario la puntasecca insieme al bulino e realizzando circa 150 soggetti
declinati in più varianti.
La grafica di Schiavone – per
la quale, oltre a Parmigianino, egli trae spunti da molti artisti veneti e del
Centro Italia – costituisce senza dubbio un momento capitale nella storia del
disegno veneziano e del Rinascimento lagunare e il corpus di disegno, incisioni e stampe presente in questa
eccezionale occasione al Museo Correr rivela la magia di un tocco unico, senza
paragoni.
Tra tutte va segnalato il “ Ratto di Elena”: incisione prestata dal
British Museum insieme ad altri 13 importanti lavori dell’artista, unica opera
dello Schiavone firmata e datata, 1547.
Per quanto riguarda l’interesse
e la fama di Schiavone in Laguna era stato lo stesso Vasari a scrivere, nel
medaglione dedicato all’artista nella seconda edizione delle Vite, che “La maggior parte delle sue opere sono stati quadri, che sono per le
case de’ gentiluomini”, sottolineando così l’apprezzamento delle prove di Schiavone
– che si adoperava anche nei formati minori da fregio e da cassone – tra le
mura dei palazzi veneziani.
Nel Sei e Settecento la fortuna collezionistica del
Meldola si spinge anche oltre i confini veneziani. Leopoldo de’Medici nel 1654
acquista un quadro “grande” di Schiavone identificato come il “Caino e Abele”
della Galleria palatina – esposto al Museo Correr – ammirato per il “terribile colorito che fa stupire” e
Leopoldo Guglielmo d’Asburgo vanta nelle sue collezioni numerose sue opere,
oggi in gran parte confluite al Kunsthistorishes Museum di Vienna che per
questo eccezionale evento ha prestato ben sei dipinti dell’artista.
Schiavone, insieme a
Tintoretto, risulta l’artista del Cinquecento veneto più rappresentato anche
nella collezione di Francesco Algarotti che come consulente di Augusto III di
Sassonia, chiamato a completare il museo di Dresda, procura un imponente “Giove
fanciullo in mezzo alle Grazie” (riconosciuto, recentemente come l’“Infanzia di Giove”), il dipinto è un’altra
presenza eccezionale nella mostra di Museo Correr.
Il mito del Rinascimento
veneziano trova in Schiavone un altro grande protagonista, che in Laguna porta
una pittura nuova e audace, fatta di colore, luce e movimento; una pittura a
tratti “informale”, che sorprenderà Tiziano, anticiperà Rembrandt e intuirà
alcune scoperte della più alta pittura del Novecento.
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