A tavola. I colori del Sacro
A tavola. È questo il tema che
caratterizza l’ottava edizione de I
Colori del Sacro,
la rassegna internazionale di
illustrazione organizzata dal Museo Diocesano di Padova, in programma fino al
26 giugno 2016.
“Per l’uomo è fondamentale –
sottolinea Andrea Nante, direttore del Museo e coordinatore scientifico della
manifestazione – tanto il cibo quanto l’atto stesso del condividerlo”. La nuova
edizione della rassegna vuole riflettere sulla tavola per indagare quel luogo e
quella situazione che apre alla relazione con gli altri, andando oltre al
semplice nutrimento fisico.
Mi siedo a tavola per
soddisfare un bisogno e per l’opportunità di incontrare e confrontarmi con
l’altro.
La famiglia si siede a tavola
e il gesto diventa occasione di racconto e dialogo.
Gli amici si ritrovano allo
stesso tavolo per il piacere dell’incontro e la condivisione del tempo. La
degustazione di nuovi e vecchi sapori, la scoperta delle tradizioni dei
commensali, la sperimentazione delle novità arricchiscono e predispongono alla
conoscenza reciproca. Anche in ambito lavorativo, nella gestione degli affari,
il momento conviviale è prezioso per suggellare contratti e chiarire
situazioni, per festeggiare traguardi. Attorno al tavolo si ritrova il mondo,
ogni popolo con le sue tradizioni, colori e narrazioni. Ogni persona con le sue
esperienze e differenze.
130 le illustrazioni in
mostra opere di artisti provenienti da tutto il mondo che, nei modi più
originali, hanno indagato ed esplorato il tema di questa edizione, nelle sue
molteplici dimensioni.
Molte sono le opere cariche
di fascino e suggestioni, ora gioiose ora malinconiche, personalissime in
taluni casi, testimonianze di vissuti familiari, accanto ad interpretazioni del
concetto di comunanza universale. Un vasto caleidoscopio di forme, di colori e
declinazioni che riflette – peculiarità della rassegna – la meravigliosa
complessità e ricchezza immaginativa che scorre il mondo.
Una sezione è dedicata ai
classici della letteratura per bambini e ragazzi, che nelle edizioni riservano
al tema del cibo e della tavola alcune tra le pagine più belle e suggestive. A
10 illustratori inoltre è stato chiesto di concentrare l’attenzione sugli
episodi che descrivono il tema del
banchetto nelle Scritture. Le illustrazioni di Luca Caimmi, Chiara Carter,
Maja Celia, Beppe Giacobbe, Federico Maggini, Giovanni Manna, Viola Nicolai,
David Pintor, Alessandro Sanna, Xavier Cabala interpretano con originalità le
rappresentazioni che ormai fanno parte della nostra tradizione. L’alta qualità
delle opere dicono il contributo che una lettura contemporanea può ancora
offrire.
La tavola è polimaterica,
poliforme e polifunzionale. Questa asse di legno (ma anche di altri materiali),
di fogge e dimensioni diverse, sorretta più o meno da piedi o da gambe di varie
misure, diventa, il tavolo da pranzo, il
tavolo da lavoro, la tavola per spianare la pasta, la tavola da stiro, ecc.
Generalmente, sulla tavola
noi apparecchiamo il cibo, che sfama e le bevande che dissetano i nostri amati
e predisponiamo le parole che saziano il nostro bisogno di storie, di
conoscenza, di affetto. Le parole che ascoltiamo intorno a una tavola nutrono
la nostra immaginazione, la nostra vita. La condivisione del cibo e delle
bevande è un modo per esprimere appartenenza, identità e condivisione, è uno
strumento per coltivare la socialità e la comunicazione: questi gesti
raccontano di cose, che a loro volta raccontano.
Non a caso, la
rappresentazione della tavola nelle illustrazioni di questa mostra è spesso
accostata alla presenza del fuoco che arde nel cammino, nella candela o nelle
lampade, prolungamento del calore affettivo, che enfatizza la cura nell’offerta
di cibo. In numerosissime fiabe classiche, l’avventura ha inizio o l’ordine si
ristabilisce intorno alla tavola. In esse, il compito dell’apparecchiatura è un
passaggio narrativo significativo, compito riscontrabile anche nella tradizione
popolare: le tavole apparecchiate e il cibo offerto appartengono all’accoglienza
che si voleva riservare alle divinità notturne cui si può far risalire la
venuta della Befana.
Significativi sono alcuni
esempi.
Nella fiaba di Cappuccetto Rosso, quando la mamma
impartisce alla figlia le istruzioni per raggiungere la nonna malata e debole,
il dialogo fra le due e la consegna delle cibarie avviene intorno a una tavola,
come appare nell’illustrazione in mostra di Roberto Innocenti.
In Hänsel e Gretel, la strega attira i bambini affamati e stremati dentro
la sua casetta con la promessa che lì si sarebbero trovati proprio bene e, a
suggello delle sue parole, fa trovare loro una tavola imbandita di buon cibo,
latte, frittelle zuccherate, mele e noci.
La tavola è tessitrice di
storie. Nel mondo della poesia cavalleresca medioevale, quando re Artù, il
leggendario sovrano dei Bretoni, adunava a corte i Cavalieri del Graal, tutti
assieme si disponevano attorno alla Tavola rotonda, una tavola che, dunque,
nella sua forma circolare simboleggiava la perfetta uguaglianza dei convitati
seduti intorno ad essa. Il centro era predisposto per ricevere il Graal.
Numerosissime sono, invece,
le rappresentazioni di tavole di forma rettangolare.
In queste immagini, spesso,
il posizionamento di chi sta a capo tavola è strategico e rende bene l’idea di
quali siano i ruoli e le relazioni di affetto o di potere giocate in famiglia.
Nelle rappresentazioni più riuscite, esse, spesso, non solo ci raccontano
storie di convivenza in famiglia, ma muovono anche pensieri e riflessioni in
merito ad accadimenti e condizionamenti storici, culturali, economici e sociali
che fanno da sfondo alle avventure dei protagonisti.
Significativa è la
rappresentazione di Federico Maggioni di “Gertrude alias la Monaca
di Monza e il padre.
In questa splendida
illustrazione, composta di elementi essenziali evocativi della pittura del
secolo XVII, presenta una scena fredda e sgombra di ogni calore umano, in cui si
legge già il tragico destino della bambina: svuotata da ogni valore e da ogni
affetto, Gertrude non potrà che arrendersi ad una vita di perdizione, non ha
trovato alcuna tavola di salvezza a cui aggrapparsi per sfuggire al terribile
naufragio.
Chi, invece, riuscirà a
sfuggire, alle sventure della vita, è Pinocchio. E lo farà diverse volte. Con
la tavola, Pinocchio ha una relazione “predestinata”, vi ritorna spessissimo.
La tavola è presenza irriducibile nelle avventure pinocchiesche non solo perché
burattino di legno ne condivide la stessa natura, ma anche perché intorno alla
tavola egli tenta di soddisfare in ogni modo la fame atavica che lo perseguita.
Nell’illustrare un Pinocchio solitario e disperato con la testa dentro il
piatto vuoto Gianluigi Toccafondo evidenzia uno dei temi strutturali del
romanzo collodiano e ne restituisce anche il significato storico: la fame di
Pinocchio è fame popolare originata dalla miseria, fame vera, terribile che già
pone il soggetto in condizione di ansietà e di isolamento psicologico. Ma è
anche fame simbolica: bisogno di, esigenza e apertura verso qualcosa.
Maria Paola Forlani
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