Al Primo
Sguardo
Opere inedite dalla collezione
Della Fondazione Cassa di
Risparmio di Padova e Rovigo
Le
Collezioni d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo,
ricche di più di mille pezzi, vengono per la prima volta svelate al pubblico a
Rovigo fino il 5 giugno 2016.
Per
ospitare le circa duecento opere che rappresentano il fior fiore della
imponente raccolta di pittura e scultura sono state scelte due diverse sedi,
tra loro vicinissime: Palazzo Roverella e Palazzo Roncale.
La prima è
la sede della Pinacoteca dei Concordi e di tutte le grandi esposizioni
d’arte
rodigine; il secondo, Palazzo Roncale, sorge dirimpetto al Roverella ed è un
imponente palazzo nobiliare rinascimentale, patrimonio della Fondazione, che ha
provveduto al suo completo restauro. Questa mostra offre quindi anche
l’occasione per ammirare gli interni restaurati di questa nobile dimora.
La scelta
della Fondazione è stata di privilegiare, per questa doppia mostra rodigina
affidata alla curatela di Giandomenico Romanelli e di Alessia Vedova, l’ampio
corpus di opere riguardanti i due più recenti secoli l’Ottocento e il
Novecento. Per motivi storici e di appartenenza non c’è dubbio che l’interesse
maggiore si è concentrato sulla presentazione di un nucleo ancora inedito della
Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio.
Si tratta
dei dipinti riuniti nella collezione di Pietro Centanini, che recentemente l’ha
voluta donare alla Fondazione affinchè possa mantenersi integra e soprattutto
possa essere goduta dalla collettività.
Com’è
testimoniato dall’esposizione, Pietro Centanini indirizzava le sue scelte sugli
artisti veneti ma anche, in omaggio alla moglie di origine partenopea, alla
scuola napoletana. In collezione si trovano infatti opere di grandissimo
interesse di Palizzi, De Nittis, Lega, Ghiglia, Boldini, Fattori, Soffici,
Rosai, de Pisis, de Chirico, insieme a Zandomenighi, Milesi, Luigi Nono,
Licata, Brass, Barbisan ma anche Utrillio e Chagall.
La
famiglia invece collezionava i vedutisti e i pittori di interni, compresi
alcuni magnifici Guardi.
Se la
Collezione Centanini è una novità per tutti, il nucleo maggiore della
Fondazione Cariparo stupisce per ricchezza e varietà di contenuto.
In esso
sono testimoniati ben 5 secoli di storia dell’arte veneta e italiana.
Si passa
più puntualmente a Oreste da Molin, Giuseppe Manzoni e a Mario Cavaglieri,
gloria rodigina. Il Futurismo è ben rappresentato da Tulio Crali, mentre il
secondo dopoguerra è presente con una sequenza notevolissima di opere, a
ricordare l’importanza del gruppo N e dell’optical, con Biasi, Landi, Chiggio,
Massironi e infine tre opere di Castellani.
L’omaggio
a Mario Cavaglieri (1887-1969) al Roverella presenta un consistente gruppo di
opere.
Nel primo
decennio del Novecento Cavaglieri si impone nella ritrattistica al femminile,
integrata all’interno di scenari di volta in volta mutevoli per ambientazioni e
circostanze come in “La Cucitrice” e
“Venditrice di arance”.
“Donne in
verde” (1912) colpisce per l’esuberante vitalità cromatica dell’abito della
figura femminile.
La soluzione pittorica è paragonabile a certe soluzioni fauve
con cui l’artista entra in contatto l’anno precedente durante un viaggio a
Parigi, dove guarda e apprezza il linguaggio postimpressionista, i caldi
interni di Vuillard e Bonard. Ma di quanto vede si servirà solo per accrescere
uno stile personale, distante dagli orientamenti delle avanguardie
contemporanee.
In questo
periodo Cavaglieri conosce Giulia Catellini de Grossi che diviene sua compagna,
musa ispiratrice, soggetto di numerosi disegni e dipinti ad olio, ritratta sia
in spazi esterni che in studio (“Giulietta in visita”). La sposerà a Piacenza
nel 1921.
Il 1925 è
un anno di censura nella vita dell’artista, che decide di spostarsi in Francia.
In quello che assomiglia molto ad un esilio volontario, mutano anche il suo
repertorio e il registro della sua pittura, dedicata sempre più frequentemente
agli spazi aperti, privilegiando il paesaggio campestre e di vita agreste.
In un
quotidiano contatto con l’armonia della campagna, Cavaglieri produce una serie
di opere nelle quali restituisce una natura nitida e vibrante, colta in ogni
ora del giorno e lungo il corso di tutte le stagioni. “Hiver de Gascogne”, “La
nevicata”, “Novembre in Guascogna”, “Paesaggio bucolico di Gers”, sono brani di
una pittura en plein air realizzata con tecnica alleggerita e una
tavolozza più chiara, che ricorda quella della sua prima fase intimista.
Il Futurismo entra nella Collezione Cariparo con la
figura di Tullio Crali (1910-2000) e, di conseguenza, nella mostra al
Roverella.
Sebbene Tullio Crali abbia aderito al Futurismo nel 1929,
quindi vent’anni dopo la pubblicazione del Manifesto di Marinetti sul
quotidiano francese Le Figaro, rimarrà sempre fedele al movimento
d’avanguardia, instaurando con il fondatore anche un rapporto di solida
amicizia ed ammirazione fin dal loro primo incontro, a Trieste, nel 1931. Un
evidente elogio all’autore del Manifesto futurista è “Marinetti che declama”.
Altrettanto eloquente è “A pieno regime”, che oltre ad alludere alla funzione
propagandistica verso cui si era andata orientando in quegli anni l’Aereopittura
futurista, recupera dalla tradizione dello stesso movimento il motivo della
simultaneità.
Negli anni Cinquanta la visione creativa di Crali si arricchisce
di un’originale sensibilità.
Trasferitosi a Parigi, trascorre più periodi lungo le
scogliere delle coste bretoni, dove scopre numerosi graffiti preistorici.
Quando lascia la Francia lo fa con pochi bagagli e una
quantità indefinita di silici e graniti. Li userà per dar vita ai suoi universi
astratti Sassintesi e Unisassi.
Anche i movimenti del secondo dopoguerra trovano
importante eco nella Collezione Carparo e, perciò, nella mostra, con un
protagonista di notevole rilievo, Concetto Pozzati.
Partito con una fase informale vicino alle esperienze
materico-gestuali di Gorky, assorbito anche l’amore per la grafica
pubblicitaria del padre Mario, noto cartellonista e pittore metafisico, e dello
zio Severo, cartellonista nella Parigi degli anni Trenta, Concetto
Pozzati (1935) indirizza la propria ricerca verso una nuova
figurazione elaborando immagini nitide e geometricamente strutturate.
Sono collage
di luoghi e oggetti della civiltà contemporanea, legati
al nascere immaginario collettivo e derivanti dai mass media. Assemblage in
cui si costruisce il rapporto di coesione tra immagine ed oggetto, spesso
ripetuto o falsato, tipico dei linguaggi pop degli anni Sessanta.
Come insegna Andy Warhol, maestro della Pop Art,
l’oggetto comune va reiterato o moltiplicato. Pozzati, però si limita alla
sterile ripetizione modulare. Anzi, estrapola l’anima dell’oggetto ricalcandone
e riproducendone la sagoma, e solo successivamente lo ripete sequenzialmente.
La collezione della Fondazione Cassa di Risparmio
possiede uno dei più importanti nuclei italiani di opere degli artisti che, nel
1959, si riconoscevano nel Manifesto del
Gruppo N, formatosi
a Padova.
In quel documento si legge: “La dicitura enne distingue
un gruppo di disegnatori sperimentali uniti dall’esigenza di ricercare
collettivamente”.
Creare un’arte impersonale, che al singolo antepone il
collettivo, non è il loro unico intento programmatico.
Le teorie perseguite da Alberto
Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi (
i cinque fondatori rimasti dei nove originali) sono molteplici: l’avvicinamento
a norme visuali e percettive influenzate dai fenomeni studiati dalla psicologia
della Gestal; l’idea di una ricerca artistica che elimina la distanza tra opera
ed il suo spettatore (si tratta di esperimenti percettivi irrealizzabili senza
l’intervento attivo del fruitore); la libera producibilità del lavoro stesso;
la volontà di creare un’arte impersonale, che al singolo antepone il
collettivo.
Nei primi anni Sessanta nascono le opere collettive della
serie “Dinamiche visuali”, chiamate “Torsioni”, nelle quali i cinque componenti
si servono di materiali nuovi per creare movimenti cinetici e di luce.
Le loro sperimentazioni si esemplificano anche con la
fondazione del movimento Arte Programmata di Bruno Munari, Enzo Mari e il
Gruppo T, accanto ai quali espongono in occasione dell’omonima mostra
organizzata a Milano nel 1962 presentata da Umberto Eco.
Maria Paola Forlani
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