Meraviglie dello Stato di Chu
Per la prima
volta in Europa vengono presentate le testimonianze e la storia dell’antica
civiltà dello Stato di Chu.
Due storie
parallele nel tempo ma che si avverano a più di 8 mila chilometri di distanza:
nelle antiche terre dei Veneti, tra Po e Adige, e lungo le sponde del fiume
Azzurro, in quella che poi sarà la Cina.
In questi
fertili territori, nel millennio che precede l’era cristiana, si affacciano
alla storia due grandi civiltà, capaci di proporre manufatti di straordinaria
raffinatezza e di accogliere il meglio della cultura locale e dei popoli
contemporanei. Civiltà che diverranno parte integrante e costituente di realtà
molto più potenti: l’Impero Romano nel caso dei Veneti, il regno di Quin per il
futuro Celeste Impero.
Un accordo
fra Italia e Cina, e più precisamente tra Veneto e la Provincia cinese del
Hubei, consente per la prima volta in Europa di scoprire le testimonianze,
davvero magnifiche, della civiltà dell’antico Regno. Come, successivamente, una
mostra allestita al Museo Provinciale del Hubei, consentirà ai cinesi di
avvicinarsi alla grande storia che precedette di secoli la nascita di Venezia.
A rendere
del tutto eccezionale questo progetto (promosso, per parte italiana, dai Comuni
di Este e di Adria, dalla Sopritendenza Archeologica del Veneto, dal polo
Museale del Veneto, sostenuto dalla fondazione Cassa di risparmio di Padova e
Rovigo del veneto) è l’esposizione dei “reperti ospiti” del Museo Provinciale
del Hubei accanto alle coeve testimonianze territoriali esposte nel Museo
Nazionale Archeologico di Este e di Adria, sedi delle mostre, con il titolo di
“Meraviglie dello stato di CHU”, aperta fino al 25 settembre 2016.
Nato come
piccolo regno militare, Chu si espanse al punto da diventare, sul finire del
Periodo delle Primavere e degli Autunni (770 – 454 a.C.), una vera e propria
potenza e visse il suo momento di massimo splendore nel successivo Periodo
degli Stati Combattenti (453 – 221 a.C.).
L’impressionante
qualità e stato di conservazione di reperti archeologici rinvenuti nella
provincia di Hubei, cuore dello stato di Chu, in uno straordinario contesto
archeologico di recente scoperta, testimonia come la supremazia del regno fosse
culturale, prima ancora che militare. Armi e giade che rappresentano i due
punti estremi dello stato di Chu: la supremazia terrena attraverso la guerra e
il consenso celeste attraverso l’offerta del bene più prezioso.
Bronzi
rituali ding
e dui, indicatori della ricchezza e del
prestigio della classe nobile.
La loro forma,
le fantasiose cesellature e le iscrizioni votive sottolineano la grande abilità
degli artigiani di Chu, in continuità con la gloriosa tradizione dei bronzi
Cinesi fin dalla più profonda antichità. Lacche straordinarie sono tra gli
oggetti più sorprendenti, solo se si pensa che esse sono di legno e che grazie
alla laccatura ci sono giunte pressochè intatte dopo oltre due millenni e
mezzo. Persino strumenti musicali, parte di vere e proprie orchestre, sono
segno di una padronanza dell’arte musicale senza eguali al momento nel V secolo
a.C. Le campane di bronzo niuzhong
e yongzhong
costituiscono senza
dubbio i reperti più identificati con la cultura dell’epoca. La loro forma del
tutto originale e la speciale lavorazione oltre a farne oggetti d’arte in sé sono
espressione di eccezionali sperimentate conoscenze nel campo della musica.
La
morfologia del vasellame rituale della Cina antica fornì il modello di
riferimento per i contenitori bronzei dei secoli successivi. L’intenzione con
il passato è un tratto distintivo dell’immaginario intellettuale e artistico
della cultura cinese. Durante la più tarda dinastia Quing (1644 – 1911) vennero
infatti riproposti ding, guang, juè e i motivi decorativi che caratterizzavano i vasi
tradizionali più antichi, sebbene arricchiti da maggior varietà esornativa e
coloristica grazie al gioco di incostrazioni
In oro e
argento. Presso il Museo d’arte orientale di Venezia si conservano bronzi Quing
che riprendono le antiche forme e testimoniano il gusto collezionistico della corte
e dell’aristocrazia del XVIII e XIX secolo.
Di forme
varie, realizzati in bronzo o ceramica, i contenitori rituali venivano posti a
corredo delle sepolture aristocratiche da cui provengono tutti i manufatti
esposti.
Il “culto
degli antenati”, cioè la cura delle tombe dei “padri” da parte dei “figli”, è
alla base della cultura cinese e in particolare dello Stato di Chu.
I
contenitori rituali in particolare costituivano un elemento fondamentale per
affermare il prestigio delle classi nobili e la loro stessa potenza politica ed
economica, distinguendosi dal popolo. I manufatti in bronzo, di elegantissima
fattura e decorazione, erano suddivisi in due grandi categorie: vasi
sacrificali e recipienti di uso comune.
I primi
documenti ding, dou, fu, dui, zun e altri ancora, riservati ai riti in onore degli antenati o
di divinità da placare: gli altri, chiamati genericamente yanqui, erano
utilizzati per gli usi quotidiani e tra essi troviamo anche bracieri,
candelabri e diffusori d’incenso.
Si allestiva
nella tomba una sorta di “tavola imbandita” a consolazione dei vivi, che
accompagnano verso l’Aldilà i propri cari con cibi e bevande, e al servizio dei
morti che dovevano trovare nelle proprie dimore per l’eternità tutte quelle
comodità e tradizioni che li avevano accompagnati in vita.
Sorseggiare
il vino in coppe da simposio, servito fresco con del ghiaccio, cucinare il riso
in pentole dall’aspetto irriconoscibile, decorate finemente, preparare pietanze
a base di carne, versare l’acqua per le abluzioni in bacili di bronzo: ciascuno
di questi gesti ha un valore rituale e simbolico che va al di là della
semplicità solo apparente.
I resti
organici di alimenti e vino conservatisi, sono stati analizzati e
contribuiscono in modo scientifico ad avvalorare la ricostruzione-storico-archeologica.
Maria Paola
Forlani
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