Da
Poussin
A Cézanne
Capolavori
del disegno francese
dalla
collezione Prat
“Apprezzare la bellezza dei disegni è
una delle massime forme di eleganza dell’anima che non soltanto la nutre di
fugaci attimi di piacere, ma avviluppa il pensiero in amenità che nel pensiero
stesso risuonano e in cui esso trova tutto il suo appagamento”
Henri
Focillon (1935)
“La lezione più difficile di tutte in
Europa, è sapere di non sapere: ma ce n’è un’altra che lo è ancora di più;
dubitare di tutto”
Ange Goudar
(1764)
Si è aperta
nella sede di Museo Correr a Venezia fino al 4 giugno 2017, a cura di Pierre
Rosemberg, un eccezionale mostra composta di 110 raffinatissimi disegni
provenienti da una delle più importanti raccolte private francesi, la
collezione di Louis-Antoine e Véronique
Prat, che riunisce tutti i grandi maestri dal XVII al XIX secolo del titolo
Da Pussin a Cèzanne. Capolavori del
disegno francese dalla collezione Prat.
IL disegno
si conferma così, dal punto di vista degli studi della storia dell’arte, una
delle espressioni più alte che un artista possa lasciare a testimonianza della
sua opera. Netto, incisivo, ricco di dettagli, o, viceversa, rapido, di getto,
senza controllo e pentimenti, esso costituisce il “diario” più intimo
dell’artista che grazie alla libertà che questa tecnica consente, proprio nella
sua immediatezza affida gli umori più autentici del suo estro creativo.
L’esposizione
si articola in otto sezioni tematiche per accompagnare lo spettatore
nell’evoluzione dell’arte del disegno francese lungo tre secoli.
I francesi in Italia
Per tutto il
XVII secolo, l’Italia e in particolare Roma, hanno attirato gli artisti francesi
che seguendo l’esempio di François Stella alla fine degli anni
Ottanta del Cinquecento, non esitavano a compiere il lungo viaggio al di là
delle Alpi.
L’esempio
più celebre resta quello di Nicolas
Poussin, il quale, se si esclude una breve fase parigina (1640-1642), molto
produttiva ma che lo lasciò profondamente insoddisfatto, svolse quasi tutta la
sua carriera di pittore a Roma.
Lo stesso
vale per il suo amico Claude Gellée
detto il Lorenese, per il quale la campagna romana fu la fonte di
ispirazione di una vita.
Per quanto
più sporadiche, le relazioni con l’Italia di artisti come Callot, che soggiornò per un periodo a Firenze alla corte dei
Medici, o Franç Perrier, che
per ben due volte trascorsero diversi anni a Roma, hanno segnato per sempre
l’arte di questi disegnatori.
Centro
e periferie nel Secolo d’oro
Generalmente gli artisti francesi influenzati dal
“caravaggismo” non disegnarono, ad eccezione di Simon Vouet, il cui stile mutò dopo il definitivo ritorno in
Francia nel 1627, data a partire dalla quale egli intraprese una grande
carriera come decoratore e pittore di storia.
Una forma epurata di quest’ultimo si trova in Eustache Le Sueur, artista di grande
delicatezza marcato dalla lezione di Raffaello, così come in Laurent de La Hyre, il cui stile
particolarmente raffinato e sereno ha potuto ricevere la qualifica di “attico”,
in riferimento alla purezza dell’arte greca antica.
Nella provincia francese si svilupparono diversi
centri artistici, caratterizzati da una maggiore libertà e spesso da
un’originalità sorprendente, come testimoniano le invenzioni di un Brébiette, originario di Orleans, o del
pittore di storia lionese Thomas
Blanchet. Ad Avignone, Nicolas
Mignard sviluppò invece una maniera più castigata, mentre alla fine del
secolo si assistette all’emergere dell’affascinante e audace stile dei tolosani
Antoine Rival e Raymond La Fage.
Classicismo
Il trionfo dello spirito classico si impone durante
il regno centralizzato di Luigi XIV, la cui produzione artistica tende prima di
tutto a celebrare la gloria del sovrano.
La creazione dell’‘Académie Royal de peinture et de sculpture’ nel 1648 permette di
indirizzare a poco a poco la creazione artistica in questo senso.
Charles
Le Brun, primo pittore del re, sarà fino al 1690 il perfetto
rappresentante di questa corrente, lavorando in particolare nella reggia di
Versailles, ove concepì gran parte dei decori. Il suo rivale Pierre Mignard, e i suoi successori Antoine Coyprl e Charles de La Fosse, proseguiranno la sua opera di decoratore, ma
sempre più verso il trionfo del colore sulla linea pura, che condurrà sotto la
Reggenza all’esuberanza rocaille.
Watteau
e la rocaille
Dopo che i rubensiani ebbero la meglio sui
poussinisti e la nozione di “colore” su quella di “disegno”, si tornò a un’arte
meno maestosa, più distesa e anche più poetica.
Nonostante la sua breve vita, Antoine Watteau resta il rappresentante ideale di questa tendenza,
con le sue raffigurazioni di feste galanti e le sue incessanti evocazioni dei
progressi dell’amore.
Dopo di lui, François
Boucher continuerà in questa direzione, arricchendola di tutta
un’iconografia mitologica con la quale celebrerà, fra gli altri, gli amori
degli dei.
Dopo
il 1740
Sotto il regno di Luigi XV (morto nel 1774) si
assiste al sorgere dell’arte neoclassica, influenzata da numerosi fattori: gli
scritti di Winckelmann e del conte di Caylus, la riscoperta dell’antico con gli
scavi di Pompei e Ercolano, ma anche dalla nuova borghesia imprenditoriale, che
non si riconosceva più in uno stile profondamente aristocratico come il rococò.
Il realismo e i soggetti di genere si impongono poco
a poco, parallelamente all’affermazione di un certo gusto per la pittura
nordica del secolo precedente.
Se Challe o
Despez riflettono ancora
l’influenza, diffusa ovunque di un Piranesi, artisti come Greuze e Hoin esprimono
un nuovo interesse per l’analisi psicologica e il realismo del ritratto, che si
trova anche in Quentin De La Tour e Chardin.
Neoclassicismo
Intorno a Jacques-Louis
David si cristallizza un nuovo ‘vangelo’, quello dell’exemplum virtutis (esempio di coraggio fisico e morale) ereditato
dagli antichi: grandi lettori di Plutarco e Tacito, i giovani innovatori dello
stile, amanti della linea fredda e del racconto eroico, coltivano un repertorio
nuovo, approcciandolo essenzialmente attraverso i loro disegni.
La gloria di Napoleone sarà ovviamente narrata da
David e dagli allievi di quest’ultimo, tra cui Girodet o Gros.
Romantici,
paesaggisti, disegnatori letterari
Ѐ proprio con Gros che si manifesta la tensione fra
la doxa neoclassica e l’impulso romantico, contraddizioni così violente che
condussero l’artista al suicidio.
Per il suo contemporaneo Géricoult il problema è ben diverso: gli eroi che egli raffigura
sono popolari, spesso colpevoli, più spesso ancora, già condannati; la loro
statura michelangiolesca si scontra con la forza del fatum che li accompagna.
Più impulsivo, sebbene si sia sempre considerato “un
puro classico”, Delacroix, il grande
rivale che la storia dell’arte non ha mai smesso di opporgli, incarna il
movimento e lo slancio romantico con l’affermazione di una immagine in perenne
rinnovamento, immaginazione che Baudelaire celebrava come “la regina delle
facoltà”.
Se Delacroix, ancora una volta secondo le parole di
Baudelaire, si considerava “un pittore letterario”, è anche l’importanza dei
rapporti fra lo scritto e il disegno che illustrano le opere di artisti come Daumier o Bresdin, così come quelle di scrittori-disegnatori prolifici
(Victor Hugo) o rarissimi (Baudelaire) partecipano della stessa energia; un Corot, e un Millet e un Rousseau, brillano
come paesaggisti.
Modernità
La modernità grafica che prepara le conquiste plastiche
del XX secolo non deve essere cercata nell’impressionismo puro, i cui maggiori
esponenti (Monet, Sisley, Pissaro) non
furono disegnatori geniali.
Essa è piuttosto il frutto del lavoro di un Manet o di un Degas, che, all’inizio della loro carriera di artisti, fecero
tuttavia riferimento nei loro disegni ai grandi maestri italiani del
Rinascimento e alle loro figure ideali.
Essa risiede anche in una continua affermazione del
ruolo dell’immaginazione, che tende ormai all’onirico e allo spettacolare, come
in Redon o in Rodin.
Con Toulouse-Lautrec,
come con Seurat e Cézanne, l’atto grafico si afferma come
conquistatore: di un’estrema acidità nel primo, di una straordinaria maestria
tecnica nel secondo, sorta d’ “invenzione del nero”, e infine di un’audacia
prodigiosa in Cézanne, che cerca di avvicinare la resa della sua “piccola
sensazione”, a lungo meditata, alla sua alta concezione dell’“arte dei musei”
attraverso una ricerca di armonia formale, di una potenza incomparabile.
Maria Paola Forlani
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