Plautilla Nelli
Arte e devozione sulle
orme di Savonarola
Alle donne
artiste, e in particolare alle donne che coltivarono il loro talento creativo
tra le mura conventuali, gli studi hanno dedicato crescente attenzione, specie
negli ultimi vent’anni. Anche la figura di Plautilla Nelli (Firenze 1524-1588),
la “prima pittrice fiorentina” le cui opere ai tempi di Giorgio Vasari erano
disseminate nei conventi e nelle dimore dei gentiluomini fiorentini, è stata
investita dall’impulso dei nuovi studi. Per tale motivo le Gallerie degli
Uffizi hanno voluto inaugurare la serie di mostre dedicate alle donne artista
con una monografia (Sillabe editore) sulla suora pittrice e un’esposizione a
cura di Fausta Navarro dal titolo “Plautilla Nelli. Arte e devozione sulle orme di Savonarola. Uffizi,
Galleria delle Statue e delle Pitture, aperta fino al 4 giugno 2017. La mostra
è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con
le Gallerie degli Uffizi e Firenze Musei, ed è stata realizzata con il generoso
contributo di Advancing Artists Foundation e con la collaborazione del Museo
del Tessuto di Prato.
Entrata a
quattordici anni nel convento domenicano di Santa Caterina in Caffaggio – a
Firenze, in piazza San Marco -, Plautilla, imbevuta dalla mistica
savonaroliana, fu interprete appassionata della poetica figurativa ispirata al
magistero di Girolamo Savonarola nel campo delle arti e al nuovo modello
disciplinato di santità femminile della riforma tridentina.
Nel
monastero fiorentino ricoprì la carica di priora e fu a capo di una fiorente
bottega artistica grazie alla quale numerose consorelle sue discepole
contribuirono alla diffusione di immagini sacre, avvalendosi di una tecnica
pittorica da vere professioniste. Intesa come parte integrante del lavoro
quotidiano delle suore e approvato come regola di tutte le terziarie
domenicane, la creazione di immagini sacre era valutata essenzialmente per la
loro efficacia devozionale e non certo dal punto di vista dell’originalità di
stile o della composizione. Il gusto “conservatore” nel campo artistico delle
suore – e di Plautilla Nelli in particolare – rifletteva la scala dei valori
maggiormente stimati, tra cui al sommo grado quelli che rappresentavano la
continuità della illustre tradizione artistica domenicana.
L’attività
artistica del convento di Santa Caterina in Cafaggio fu destinata a soddisfare
principalmente la richiesta del mercato dei “parenti e clienti”, ovvero di
coloro i quali erano legati alla vasta rete dei conventi toscani dell’Ordine
dei Predicatori. La richiesta era diffusa a tal segno da implicare la
serialità, come nel caso dei quattro dipinti raffiguranti l’immagine di una
santa domenicana ritratta di profilo che costituiscono il fulcro di tutta la
mostra.
La vendita
di tali opere divenne fondamentale per la vita del convento di Santa Caterina
all’indomani della riforma dei monasteri femminili emanata dai decreti
tridentini (1566), riforma che sanciva la proibizione di ricercare beneficenze
fuori delle mura conventuali. Le modifiche apportate alle iscrizioni che
riportano il nome di Santa Caterina da Siena distinguibili nella serie dei
quattro dipinti tramandano il nome di “un’altra Caterina”: suor Caterina de’
Ricci, coetanea di Plautilla e anch’ella fervente savonaroliana, suggerendo la
possibilità che in tali ritratti la Nelli volesse rappresentare la “monaca
santa” di Prato, uguagliandola alla santa senese.
Pittrice
rinomata e monaca venerabile, Plautilla Nelli è una delle rare artiste di cui
si parla nelle celebri Vite di
Giorgio Vasari. Questi, come altri storici del Cinquecento, ne lodava la
vastità della fama e l’ampiezza della produzione. Se nel Settecento e ancora
nell’Ottocento era possibile identificare molte delle opere di Plautilla Nelli
citate dal Vasari e dai suoi colleghi, dalla fine del Novecento quasi tutti i
lavori documentati andarono perduti o finirono dimenticati, con la sola
eccezione di tre dipinti: la pala con il Compianto
collocata nella chiesa conventuale di Santa Caterina in Carreggio e
attualmente al Museo di san Marco a Firenze, il grande dipinto de L’ultima cena proveniente dal refettorio
dello stesso convento e trasferito presso il convento dei frati di Santa Maria
Novella a Firenze, e la pala della Pentecoste
nella chiesa di San Domenico a Perugia, l’unica opera rimasta nella sua
sede originale. In mancanza di testimonianze ulteriori, questi tre dipinti
hanno costituito la base primaria per l’attribuzione di altre opere della
pittrice.
Tra le opere
in mostra di Plautilla Nelli sfilano magnifiche lettere decorate per miniature
di antifonari.
Iniziale A: La Presentazione di Gesù
al Tempio con due monache (circa 1545 – 1557)
Firenze
Museo di San Marco.
La vivida
luce che pervade il Tempio malgrado l’assenza di un fuoco sacro di un cero o di
una lucerna è la traduzione visiva della “luce per illuminare le genti” di cui
parla il Vangelo. A rafforzare l’atmosfera sovrannaturale concorre la finestra
scura da cui si desume che all’esterno sia buio.
Iniziale A: Adorazione del Bambino
con la Vergine Maria, Giuseppe e due monache.
1558 Firenze
Museo di San Marco.
Annidata tra
due canti una grande iniziale A contiene
una raffigurazione prolettica in linea con l’annuncio dell’imminente arrivo del
Salvatore espresso nelle sezioni cantate. Anticipando la nascita di Gesù,
l’immagine mostra la Vergine Maria che insieme a Giuseppe e a due monache
domenicane guarda amorevolmente il Bambino. Inginocchiate di fronte al Dio che
si è fatto carne, le due consorelle ne ammirano “la bellezza perfetta”. La
presenza delle monache oranti avvisa l’osservatore che ciò che ha di fronte è
un evento che trascende il tempo lineare, proprio come negli affreschi delle
celle di San Marco del Beato Angelico nei quali monaci domenicani in preghiera
meditano sulla Passione di Cristo.
L’Annunciazione (olio su tavola) della
Galleria degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture.
Al pari di
altre opere appartenenti alla fase iniziale della carriera di Plautilla Nelli,
l’Annunciazione mostra punti di contatto
con lavori della prima generazione di artisti fiorentini legati alla Scuola di
San Marco, come Albertinelli, Sogliani e Tosini. Per la posa, il profilo e
l’affollamento delle pieghe del tessuto sotto il busto, l’arcangelo Gabriele
richiama il suo omologo dell’Annunciazione
di Volterra (1497) attribuita a Fra’ Bartolomeo, i cui disegni Plautilla
possedeva e usava come modelli. Altri elementi del dipinto, quali la colonna al
centro e l’accentuazione dei contorni, particolarmente evidente nella
raffigurazione dell’abito dell’angelo sgualcito e ricco di pieghe, richiamano
esemplari quattrocenteschi.
Maria Paola
Forlani
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