venerdì 10 marzo 2017

PLAUTILLA NELLI

Plautilla Nelli

Arte e devozione sulle orme di Savonarola

Alle donne artiste, e in particolare alle donne che coltivarono il loro talento creativo tra le mura conventuali, gli studi hanno dedicato crescente attenzione, specie negli ultimi vent’anni. Anche la figura di Plautilla Nelli (Firenze 1524-1588), la “prima pittrice fiorentina” le cui opere ai tempi di Giorgio Vasari erano disseminate nei conventi e nelle dimore dei gentiluomini fiorentini, è stata investita dall’impulso dei nuovi studi. Per tale motivo le Gallerie degli Uffizi hanno voluto inaugurare la serie di mostre dedicate alle donne artista con una monografia (Sillabe editore) sulla suora pittrice e un’esposizione a cura di Fausta Navarro dal titolo “Plautilla Nelli. Arte e devozione sulle orme di Savonarola. Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, aperta fino al 4 giugno 2017. La mostra è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le Gallerie degli Uffizi e Firenze Musei, ed è stata realizzata con il generoso contributo di Advancing Artists Foundation e con la collaborazione del Museo del Tessuto di Prato.

Entrata a quattordici anni nel convento domenicano di Santa Caterina in Caffaggio – a Firenze, in piazza San Marco -, Plautilla, imbevuta dalla mistica savonaroliana, fu interprete appassionata della poetica figurativa ispirata al magistero di Girolamo Savonarola nel campo delle arti e al nuovo modello disciplinato di santità femminile della riforma tridentina.

Nel monastero fiorentino ricoprì la carica di priora e fu a capo di una fiorente bottega artistica grazie alla quale numerose consorelle sue discepole contribuirono alla diffusione di immagini sacre, avvalendosi di una tecnica pittorica da vere professioniste. Intesa come parte integrante del lavoro quotidiano delle suore e approvato come regola di tutte le terziarie domenicane, la creazione di immagini sacre era valutata essenzialmente per la loro efficacia devozionale e non certo dal punto di vista dell’originalità di stile o della composizione. Il gusto “conservatore” nel campo artistico delle suore – e di Plautilla Nelli in particolare – rifletteva la scala dei valori maggiormente stimati, tra cui al sommo grado quelli che rappresentavano la continuità della illustre tradizione artistica domenicana.

L’attività artistica del convento di Santa Caterina in Cafaggio fu destinata a soddisfare principalmente la richiesta del mercato dei “parenti e clienti”, ovvero di coloro i quali erano legati alla vasta rete dei conventi toscani dell’Ordine dei Predicatori. La richiesta era diffusa a tal segno da implicare la serialità, come nel caso dei quattro dipinti raffiguranti l’immagine di una santa domenicana ritratta di profilo che costituiscono il fulcro di tutta la mostra.

La vendita di tali opere divenne fondamentale per la vita del convento di Santa Caterina all’indomani della riforma dei monasteri femminili emanata dai decreti tridentini (1566), riforma che sanciva la proibizione di ricercare beneficenze fuori delle mura conventuali. Le modifiche apportate alle iscrizioni che riportano il nome di Santa Caterina da Siena distinguibili nella serie dei quattro dipinti tramandano il nome di “un’altra Caterina”: suor Caterina de’ Ricci, coetanea di Plautilla e anch’ella fervente savonaroliana, suggerendo la possibilità che in tali ritratti la Nelli volesse rappresentare la “monaca santa” di Prato, uguagliandola alla santa senese.


Pittrice rinomata e monaca venerabile, Plautilla Nelli è una delle rare artiste di cui si parla nelle celebri Vite di Giorgio Vasari. Questi, come altri storici del Cinquecento, ne lodava la vastità della fama e l’ampiezza della produzione. Se nel Settecento e ancora nell’Ottocento era possibile identificare molte delle opere di Plautilla Nelli citate dal Vasari e dai suoi colleghi, dalla fine del Novecento quasi tutti i lavori documentati andarono perduti o finirono dimenticati, con la sola eccezione di tre dipinti: la pala con il Compianto collocata nella chiesa conventuale di Santa Caterina in Carreggio e attualmente al Museo di san Marco a Firenze, il grande dipinto de L’ultima cena proveniente dal refettorio dello stesso convento e trasferito presso il convento dei frati di Santa Maria Novella a Firenze, e la pala della Pentecoste nella chiesa di San Domenico a Perugia, l’unica opera rimasta nella sua sede originale. In mancanza di testimonianze ulteriori, questi tre dipinti hanno costituito la base primaria per l’attribuzione di altre opere della pittrice.
Tra le opere in mostra di Plautilla Nelli sfilano magnifiche lettere decorate per miniature di antifonari.
Iniziale A: La Presentazione di Gesù al Tempio con due monache (circa 1545 – 1557)
Firenze Museo di San Marco.
La vivida luce che pervade il Tempio malgrado l’assenza di un fuoco sacro di un cero o di una lucerna è la traduzione visiva della “luce per illuminare le genti” di cui parla il Vangelo. A rafforzare l’atmosfera sovrannaturale concorre la finestra scura da cui si desume che all’esterno sia buio.

Iniziale A: Adorazione del Bambino con la Vergine Maria, Giuseppe e due monache.
1558 Firenze Museo di San Marco.
Annidata tra due canti una grande iniziale A contiene una raffigurazione prolettica in linea con l’annuncio dell’imminente arrivo del Salvatore espresso nelle sezioni cantate. Anticipando la nascita di Gesù, l’immagine mostra la Vergine Maria che insieme a Giuseppe e a due monache domenicane guarda amorevolmente il Bambino. Inginocchiate di fronte al Dio che si è fatto carne, le due consorelle ne ammirano “la bellezza perfetta”. La presenza delle monache oranti avvisa l’osservatore che ciò che ha di fronte è un evento che trascende il tempo lineare, proprio come negli affreschi delle celle di San Marco del Beato Angelico nei quali monaci domenicani in preghiera meditano sulla Passione di Cristo.


L’Annunciazione (olio su tavola) della Galleria degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture.
Al pari di altre opere appartenenti alla fase iniziale della carriera di Plautilla Nelli,
l’Annunciazione mostra punti di contatto con lavori della prima generazione di artisti fiorentini legati alla Scuola di San Marco, come Albertinelli, Sogliani e Tosini. Per la posa, il profilo e l’affollamento delle pieghe del tessuto sotto il busto, l’arcangelo Gabriele richiama il suo omologo dell’Annunciazione di Volterra (1497) attribuita a Fra’ Bartolomeo, i cui disegni Plautilla possedeva e usava come modelli. Altri elementi del dipinto, quali la colonna al centro e l’accentuazione dei contorni, particolarmente evidente nella raffigurazione dell’abito dell’angelo sgualcito e ricco di pieghe, richiamano esemplari quattrocenteschi.



Maria Paola Forlani

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