lunedì 18 giugno 2018

IL PULPITO DI SIENA RESTAURATO


Il Pulpito Restaurato

Del Duomo di Siena


Un complesso e articolato contratto, ancor oggi conservato, attesta che il 29 settembre 1265 l’Opera del Duomo di Siena commissionò a Nicola Pisano l’esecuzione di un Pulpito marmoreo, che il grande architetto e scultore portò a termine nel giro di tre anni con l’aiuto del figlio Giovanni e degli allievi Arnolfo di Cambio e Lapo.
La monumentale struttura architettonica, interamente coperta di altorilievi scolpiti, fu sistemata nella zona destra dello spazio sottostante la cupola e qui rimase fino al 1506, quando fu totalmente smontata e rimase in attesa della collocazione attuale, che fu terminata nel 1543.

Nel momento più alto della sua attività, Nicola seppe concepire un formidabile capolavoro, che resta fra le maggiori creazioni avvenute col rimontaggio cinquecentesco e a causa dell’invecchiamento secolare. Questa situazione rende unico il monumento senese rispetto a complessi analoghi come il Pulpito del Battistero di Pisa, compiuto dallo stesso Nicola nel 1259, e i pulpiti di Giovanni Pisano nella chiesa di Sant’Andrea a Pistoia e del Duomo di Pisa, che invece sono stati completamente dilavati e si presentano con le nude e bianche superfici marmoree, come se fossero appena uscite dalle mani degli scultori.

Nel Pulpito di Siena, sotto la polvere e l’affumicamento delle candele votive, sono state recuperate tanto la patina generale quanto i resti delle colorazioni e delle dorature, che davano alle animate figurazioni una gradevole apparenza naturalistica. Le più cospicue testimonianze di queste indispensabili finiture cromatiche si trovano ovviamente nei sottosquadri delle figure scolpite e negli anfratti più profondi degli altorilievi, dove non ha potuto agire la lenta ma inesorabile consunzione dovuta a poco accorte manutenzioni.

L’intervento di restauro ha tenuto conto del fatto che il Pulpito duecentesco è stato in parte manomesso nel Cinquecento e col rimontaggio è stato dotato di un’elaborata scala di marmi, che avvolge a spirale sul pilastro prossimo al monumento di Nicola.
Questa situazione ha consigliato un attento studio di carattere archeologico della struttura architettonica così formata, che ha permesso di prendere cognizione del complesso intervento attuato con il progetto dell’architetto Baldassare Peruzzi. Infatti, il complesso ha subito una riduzione dei rilievi istoriati, che sono stati amputati delle originarie incorniciature, e pure una manomissione delle sculture angolari, in origine immaginate con la tipica struttura della Säulen Figuren, vale a dire le statue legate alle colonne, che sono tipiche delle cattedrali d’oltralpe.

Per quanto riguarda l’operazione più importante e difficile della pulitura generale, è stato calibrato il grado, partendo dalla scelta tenue, che è indicata dalla parte cinquecentesca della scala, vale a dire degli intagli su pietre preziose con tutte le tipiche gradazioni cromatiche di questi manufatti artistici.

Il restauro di questa complessa opera è stata un’impresa di estrema delicatezza e una sfida a stare al passo con i tempi, se non a superarli, con l’obiettivo di formare una documentazione che dà conto di quanto si è trovato, vale a dire che ha preso atto dello stato conservativo attuale, e ha creato un archivio informativo sul risultato dell’intervento. Per questi motivi si è ricorso a ogni tecnica tradizionale e all’avanguardia: dalle relazioni scritte, alle analisi chimiche delle materie, dalla lettura storica dell’architettura con le tecniche dell’archeologia stratigrafica alle elaborazioni grafiche, dalle riprese fotografiche professionali del visibile a quelle con i raggi ultravioletti, dalle riprese in fotogrammetria alla restituzione in 3D.

Questa iniziativa non solo si è proposta di assicurare conservazione al Pulpito, ma anche cercato di cogliere l’irripetibile occasione per imbastire su questo monumento uno studio globale e approfondito di carattere storico, architettonico e scientifico, che solo un restauro può fornire.

Il pulpito di Siena, malgrado gli interventi dei collaboratori (spesso riconoscibili), è opera unitaria di Nicola Pisano.
L’idea fondamentale è, come già detto, quella di Pisa: un pulpito isolato, sostenuto da colonnette, con Storie di Cristo scolpite sul parapetto. Ma Nicola non si ripete, anzi si rinnova profondamente, opponendo il movimento alla calma statica della prima creazione. La differenza è riconoscibile fin dalla visione d’insieme. Il pulpito è ottagono, più vicino quindi all’impianto circolare, e i pannelli, accostati mediante angoli meno evidenti, sono separati soltanto da statuette, così da essere uniti dalla continuità dell’animazione plastica.

Nei singoli pannelli, in luogo di poche immagini, sono molte piccole figure; perciò le superfici si interrompono frequentemente accogliendo brevi zone di luce alternante a brevi zone d’ombra nelle rientranze e generando un’intensa vita chiaroscurale.
Si osservi, a paragone con l’analoga scena pisana, la rappresentazione della Natività; qui, mediante la fluidità della materia marmorea e la straordinaria varietà dei passaggi, si interpretano e si differenziano i singoli sentimenti.

Oppure si esamini la Crocifissione. Intorno al corpo di Cristo, dalle braccia impetuosamente sollevate, è una zona quasi vuota che, isolandolo, lo incornicia e lo potenzia. Egli non è collocato al centro della composizione, ma spostato a destra così da opprimere in uno spazio ristretto, schiacciandoli sotto il peso del rimorso, i sacerdoti ebrei che, voltandosi a guardarlo, fuggono verso il basso, quasi accavallandosi terrorizzati; il decentramento della croce lascia a sinistra uno spazio più ampio per accogliere il tema più importante: il dolore sconsolato dei fedeli.
Si osservi infine con quale potenza premichelangiolesca, con quale umana comprensione sia stato espresso il dramma di alcuni fra i dannati nella scena del Giudizio Universale.

La drammaticità del pulpito senese non è tuttavia un tradimento delle origini classiche di Nicola, il quale anzi continua a comporre equilibratamente. Ė un accostamento alla sensibilità gotica.


Maria Paola Forlani



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