Il Pulpito Restaurato
Del Duomo di Siena
Un complesso
e articolato contratto, ancor oggi conservato, attesta che il 29 settembre 1265
l’Opera del Duomo di Siena commissionò a Nicola Pisano l’esecuzione di un
Pulpito marmoreo, che il grande architetto e scultore portò a termine nel giro
di tre anni con l’aiuto del figlio Giovanni e degli allievi Arnolfo di Cambio e
Lapo.
La
monumentale struttura architettonica, interamente coperta di altorilievi
scolpiti, fu sistemata nella zona destra dello spazio sottostante la cupola e
qui rimase fino al 1506, quando fu totalmente smontata e rimase in attesa della
collocazione attuale, che fu terminata nel 1543.
Nel momento
più alto della sua attività, Nicola seppe concepire un formidabile capolavoro,
che resta fra le maggiori creazioni avvenute col rimontaggio cinquecentesco e a
causa dell’invecchiamento secolare. Questa situazione rende unico il monumento
senese rispetto a complessi analoghi come il Pulpito del Battistero di Pisa,
compiuto dallo stesso Nicola nel 1259, e i pulpiti di Giovanni Pisano nella
chiesa di Sant’Andrea a Pistoia e del Duomo di Pisa, che invece sono stati
completamente dilavati e si presentano con le nude e bianche superfici
marmoree, come se fossero appena uscite dalle mani degli scultori.
Nel Pulpito
di Siena, sotto la polvere e l’affumicamento delle candele votive, sono state
recuperate tanto la patina generale quanto i resti delle colorazioni e delle
dorature, che davano alle animate figurazioni una gradevole apparenza
naturalistica. Le più cospicue testimonianze di queste indispensabili finiture
cromatiche si trovano ovviamente nei sottosquadri delle figure scolpite e negli
anfratti più profondi degli altorilievi, dove non ha potuto agire la lenta ma
inesorabile consunzione dovuta a poco accorte manutenzioni.
L’intervento
di restauro ha tenuto conto del fatto che il Pulpito duecentesco è stato in
parte manomesso nel Cinquecento e col rimontaggio è stato dotato di
un’elaborata scala di marmi, che avvolge a spirale sul pilastro prossimo al
monumento di Nicola.
Questa
situazione ha consigliato un attento studio di carattere archeologico della
struttura architettonica così formata, che ha permesso di prendere cognizione
del complesso intervento attuato con il progetto dell’architetto Baldassare
Peruzzi. Infatti, il complesso ha subito una riduzione dei rilievi istoriati,
che sono stati amputati delle originarie incorniciature, e pure una
manomissione delle sculture angolari, in origine immaginate con la tipica
struttura della Säulen Figuren, vale a dire le statue legate alle
colonne, che sono tipiche delle cattedrali d’oltralpe.
Per quanto
riguarda l’operazione più importante e difficile della pulitura generale, è
stato calibrato il grado, partendo dalla scelta tenue, che è indicata dalla
parte cinquecentesca della scala, vale a dire degli intagli su pietre preziose
con tutte le tipiche gradazioni cromatiche di questi manufatti artistici.
Il restauro
di questa complessa opera è stata un’impresa di estrema delicatezza e una sfida
a stare al passo con i tempi, se non a superarli, con l’obiettivo di formare
una documentazione che dà conto di quanto si è trovato, vale a dire che ha
preso atto dello stato conservativo attuale, e ha creato un archivio
informativo sul risultato dell’intervento. Per questi motivi si è ricorso a
ogni tecnica tradizionale e all’avanguardia: dalle relazioni scritte, alle
analisi chimiche delle materie, dalla lettura storica dell’architettura con le
tecniche dell’archeologia stratigrafica alle elaborazioni grafiche, dalle
riprese fotografiche professionali del visibile a quelle con i raggi
ultravioletti, dalle riprese in fotogrammetria alla restituzione in 3D.
Questa
iniziativa non solo si è proposta di assicurare conservazione al Pulpito, ma
anche cercato di cogliere l’irripetibile occasione per imbastire su questo
monumento uno studio globale e approfondito di carattere storico,
architettonico e scientifico, che solo un restauro può fornire.
Il pulpito di Siena, malgrado gli
interventi dei collaboratori (spesso riconoscibili), è opera unitaria di Nicola
Pisano.
L’idea
fondamentale è, come già detto, quella di Pisa: un pulpito isolato, sostenuto
da colonnette, con Storie di Cristo scolpite
sul parapetto. Ma Nicola non si ripete, anzi si rinnova profondamente,
opponendo il movimento alla calma statica della prima creazione. La differenza
è riconoscibile fin dalla visione d’insieme. Il pulpito è ottagono, più vicino
quindi all’impianto circolare, e i pannelli, accostati mediante angoli meno
evidenti, sono separati soltanto da statuette, così da essere uniti dalla
continuità dell’animazione plastica.
Nei singoli
pannelli, in luogo di poche immagini, sono molte piccole figure; perciò le
superfici si interrompono frequentemente accogliendo brevi zone di luce
alternante a brevi zone d’ombra nelle rientranze e generando un’intensa vita
chiaroscurale.
Si osservi,
a paragone con l’analoga scena pisana, la rappresentazione della Natività; qui, mediante la fluidità
della materia marmorea e la straordinaria varietà dei passaggi, si interpretano
e si differenziano i singoli sentimenti.
Oppure si
esamini la Crocifissione. Intorno al
corpo di Cristo, dalle braccia impetuosamente sollevate, è una zona quasi vuota
che, isolandolo, lo incornicia e lo potenzia. Egli non è collocato al centro
della composizione, ma spostato a destra così da opprimere in uno spazio
ristretto, schiacciandoli sotto il peso del rimorso, i sacerdoti ebrei che,
voltandosi a guardarlo, fuggono verso il basso, quasi accavallandosi
terrorizzati; il decentramento della croce lascia a sinistra uno spazio più
ampio per accogliere il tema più importante: il dolore sconsolato dei fedeli.
Si osservi
infine con quale potenza premichelangiolesca, con quale umana comprensione sia
stato espresso il dramma di alcuni fra i dannati nella scena del Giudizio Universale.
La
drammaticità del pulpito senese non è tuttavia un tradimento delle origini
classiche di Nicola, il quale anzi continua a comporre equilibratamente. Ė un accostamento alla sensibilità
gotica.
Maria Paola
Forlani
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