Aloïse Corbaz
L’estasi dell’eros
Grande figura
dell’Art brut, Aloïse
ha prodotto tutti i suoi disegni fantasmagorici durante il suo lungo
internamento per schizofrenia. Se l’artista svizzera non fosse stata curata,
non avrebbe probabilmente creato nulla.
Michéle
Laird, Losanna.
In occasione di
due importanti mostre dedicate ad Aloïse,
in corso a Losanna, è stato sollevato un interrogativo: la sua creatività
sarebbe sopravvissuta ai medicinali odierni? Infatti i farmaci antipsicotici e
antidepressivi alleviano la sofferenza di innumerevoli individui, ma possono
anche arrestare lo slancio creativo.
Occhi azzurri che
scrutano un mondo immaginario, seducenti damine che popolano raffinati ambienti
abitati da personaggi storici, coppie di innamorati e protagonisti di opere
liriche. Così si presenta l’arte di Aloïse
Corbaz.
Settima di otto
figli, nata nel 1886 a Losanna, in Svizzera, Aloïse è una donna alta, bella e con maniere molto
distinte. Figlia di un impiegato delle poste, proviene da un contesto familiare
semplice, segue i suoi studi fino a diplomarsi in musica.
Nel 1911, dopo
una delusione d’amore, si trasferisce a Postdam vicino a Berlino, per lavorare
come governante alla corte tedesca di Guglielmo II di Prussia, per il quale
sviluppa una forte infatuazione. Nel 1914, anno della dichiarazione di guerra
con cui ha iniziato il primo conflitto mondiale, comincia a manifestare
disturbi comportamentali e, una volta tornata a Losanna, viene ricoverata in
ospedale con diagnosi di schizofrenia paranoica. A soli trentadue anni, nel
1918, il suo stato mentale sempre più agitato indurrà la famiglia a portarla
alla clinica elvetica di Cery dove rimarrà fino al 1920 quando sarà internata al
La Rosiére, a Gimel, sempre in Svizzera, fino alla fine della sua vita nel
1964.
Durante questo lungo periodo la bella signorina dai capelli rossi si
trasforma, con il passare del tempo, in un’austera e canuta signora. Fu durante
il suo ricovero che sviluppò la sua frenesia fantastica artistica, prima
disegnando su biglietti di carta poi su fogli di grande formato cuciti tra loro
con ago e filo. Questa attività rappresentò una forza vitale, quasi mistica,
che la condusse a manifestare il suo potenziale creativo nella massima libertà.
Il simbolismo di Aloïse,
a prima vista, sembra essere poco più che un accostamento di colori vivaci, la
gioia di disegnare viene espressa in maniera piena con personaggi teatrali e
figure circensi, frutto della sua realtà interiore. Lo psichiatra Hans Steck,
allora direttore dell’ospedale di Cery, e la giovane dottoressa Jacqueline
Porret-Forel strinsero amicizia con Aloïse
sin dal 1941 e la incoraggiano a disegnare procurandole gli strumenti per la
sua arte.
Usando
inizialmente pastelli, colori estratti da petali di geranio e dentifricio, Aloïse
illustra, sviluppando il suo stile, storie sdolcinate con cui riempie interi
fogli senza lasciare spazi vuoti. La scoperta del disegno fu una vera rinascita
per lei, che le consentì di dare voce al suo universo privato attraversato dal
dolore ma anche dal desiderio di esorcizzare i suoi tormenti grazie a un
prodigioso sfogo di parole e immagini ricche di colore e allusioni La sua
creatività proviene da una forma di inadeguatezza alla realtà, di rivolta
contro la sua apparente tranquillità, come testimonia la sua opera più grande: Cloisonné de théatre.
Nel 1951 Aloïse consegnò alla dottoressa amica Jacqueline
un rotolo di carta su cui l’aveva disegnata, accompagnato da una lettera in cui
descriveva i quattordici metri di questo capolavoro sulle cui superfici, fronte-retro,
trionfa un caos euforico di cromie sgargianti
che esprimono una gioia quasi infantile. È
un’opera monumentale, suddivisa in tre “atti” tematici, ora nella collezione
del Lam – Lille Métropole Musée d’Art Moderne, d’’Art Contemporain et d’’Art
Brut di Villeeneuve d’Ascq, in Francia.
Il primo atto, Grand Bal de nuit, evoca un antico mondo naturale e il fascino
degli sfarzi principeschi e musicali. Il secondo, Le Ricochet solaire, tratta principalmente l’internamento di Aloïse, la sua rottura con la vita passata e la
sua rinascita attraverso lo sviluppo di un universo tutto nuovo. Il terzo Psyché et l’amour, rivela come la sua arte rappresenti uno
strumento di lotta contro il mondo esterno e una sorta di danza rituale per
rafforzare il suo desiderio di libertà.
L’intima connessione tra erotismo e
amore è ben rappresentata dai colori rosso e azzurro che ritornano nei disegni
di Aloïse. Sulla traccia
di un pensiero trasgressivo, i suoi disegni – i primi realizzati nel 1920 ma in
gran parte distrutti poiché si riteneva che le donne con malattie mentali non
potessero fare arte – si adattano a un universo esplorato dal premio Nobel
Octavio Paz nella prefazione della sua collezione di saggi La duplice fiamma, basati sull’intima connessione tra i due
domini di erotismo e amore.
L’ambizioso e visionario progetto
dell’intellettuale messicano analizza le evoluzioni e le metamorfosi di questi
due concetti chiave presenti nell’opera di Aloïse attraverso rispettivamente, il rosso dei
corpi sensuali e l’azzurro degli occhi.
Aloïse stessa ha definito “miracolosa” la
creatività, “L’unica fonte di estasi perpetua”. Jean Dubuffet, il pittore
francese che ha coniato il concetto di Art brut, ha seguito il suo lavoro per
quasi vent’anni e spesso le rendeva visita in Svizzera. Alla sua morte, nel
1964, ha affermato che la sua arte l’aveva guarita.
Il lavoro di Aloïse, considerata una delle figure più
emblematiche dell’Art Brut, ha ottenuto la sua consacrazione attraverso le
mostre al Foyer de l’Art Brut di Parigi, fondato nel 1947, appunto, da Jean
Dubuffet nello scantinato della Gallerie René Drouin, e la pubblicazione della
tesi di medicina della dottoressa Porret Forel.
La vita si fa
arte e l’arte si fa vita per Aloïse
che la espone come un diario intimo, la manifesta come un flusso inesauribili
in continuo rapporto con l’attività della memoria. Ricordi, emozioni, idee e immagini
che tesse con loro creando percorsi di riflessione interiore. I fogli che
unisce rappresentano il suo spazio di libertà e le aree ricche di colore, in
cui prevale il forte senso fisico e percettivo, sono testimonianza dei sentieri
interrotti di arte e psichiatria.
M.P.F.