Il
tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi in mostra a
Roma
50 anni dalla scomparsa di Roberto Longhi: i
Musei Capitolini presentano una importante mostra sulle opere caravaggesche
presenti nella collezione del grande storico dell’arte.
Il tempo di Caravaggio. Capolavori della
collezione di Roberto Longhi, a cura di Maria Cristina Bandera, direttore
scientifico della Fondazione che porta il nome del grande storico dell’arte,
situata a Firenze nella casa che fu sua dimora. E comprende una grande
“raccolta”, come amava chiamarla Longhi stesso, composta delle opere delle
maestranze che hanno segnato la storia dell’arte tra cui ovviamente un
importante e significativo nucleo dedicato a Michelangelo Merisi da
Caravaggio e ai suoi seguaci (aperta fino al 13 settembre
2020).
E proprio al Caravaggio, grande amore di Longhi è dedicato questo
progetto espositivo che comprende più di 40 opere distribuite in cinque sale.
La mostra è un omaggio a Longhi, a 50 anni dalla sua scomparsa.
Roberto Longhi nasce nel 1890 ad Alba. Ultimo di tre
figli, frequenta i cinque anni di ginnasio presso il Liceo Govone, in quel di
Modena. Successivamente si diploma a Torino, iscrivendosi poi alla facoltà di
Lettere all’Università dove frequenta il corso di Storia dell’arte tenuto da
Pietro Toesca, laureandosi con lui nel 1911 con una tesi su Caravaggio “Studioso
importante e innovativo, soprattutto una figura carismatica” così lo descrive
la curatrice Bandera “Longhi ha iniziato a studiare Caravaggio da giovanissimo.
All’epoca Caravaggio, come ricorderà nei suoi scritti anche Longhi, era uno
degli artisti meno noti d’Italia. Naturalmente questa attenzione al pittore, di
cui lo storico dell’arte ne riconobbe subito la portata rivoluzionaria, si pose
anche nello spirito d’avanguardia in cui Longhi si era mosso.
Quest’ultimo
dedicherà al Merisi, con un’attenzione al pubblico fino all’epoca della mostra
ospitata a Palazzo Reale, a Milano, nel 1951. “Il pubblico guardi bene, osservi
come Caravaggio non sia l’ultimo pittore del Rinascimento ma piuttosto il primo
artista dell’età moderna. Il pubblico guardi come Caravaggio si sia imposto di
essere naturale, comprensibile, umano, piuttosto che umanistico, in una parola
popolare”. Così Longhi spiegava la modernità del grande pittore italiano e il
pubblico premiò la mostra; furono fatti 500.000 i visitatori. Tantissimi sono
stati gli scritti, i contributi e le soddisfazioni in ambito accademico e di
ricerca; il metodo Longhi è uno dei capisaldi della Storia della Critica dell’Arte,
cui tutte le generazioni successive si sono rivolte. Scomparso nel 1970 e, in
ottemperanza alle sue volontà, l’anno successivo viene costituita la Fondazione
di Studi di Storia dell’Arte, cui tutte le generazioni successive si sono rivolte.
Ad oggi le attività si sono intensificate, promuovendo diverse borse di studio
rivolte a studiosi e ricercatori meritevoli di tutto il mondo.
La mostra si apre con le parole dello Storico
dell’arte, scritte nel 1951: “Dopo Caravaggio, i “caravaggeschi”. Quasi tutti a
Roma, anch’essi, e da Roma presto diramatesi in tutta Europa. La “cerchia” si
potrà dire, meglio che la scuola; dato che il Caravaggio suggerì un
atteggiamento, provocò un consenso in altri spiriti liberi, non definì una
poetica di regola fissa; e insomma, come non aveva avuto maestri, non ebbe
scolari”. La mostra è costituita con approccio scientifico che
non dimentica il grande pubblico, toccando dapprima il clima artistico del
manierismo lombardo e veneto dove si formò il pittore, con quattro tavolette di
Lorenzo Lotto e due dipinti di Battista del Moro e Bartolomeo Passerotti.
Nelle
opere che seguono sono visibili le nette influenze del famoso naturalismo di
cui Caravaggio incarnò gli aspetti e che praticò in maniera magistrale. Tra le
maestranze troviamo Carlo Saraceni, Angelo Caroselli, Guglielmo
Caccia (detto il Moncalvo), Domenico Fetti, Pier Francesco Mazzucchelli (detto
il Morazzone). Non mancano Jusepe de Ribera con cinque tele
raffiguranti gli Apostoli, la Deposizione di Cristo di Battistello Caracciolo,
insieme a Valentin de Boulogne – con un’ambientazione che fa riferimento alla
famosa Vocazione di San Matteo di Caravaggio nella chiesa di San Luigi dei
Francesi. Troviamo poi le opere di artisti fiamminghi e paesaggi di Viviano
Codazzi e Filippo Napoletano. Tra i grandi artisti sono visibili i genovesi
Bernardo Strozzi, Giovanni Andrea De Ferrari, Gioacchino Asserato, Andrea
Vaccaro, Giovanni Antonio Molineri, Giuseppe Caletti, Carlo Ceresa, Pietro
Vecchia, Francesco Cairoe, Monsù Bernardo. Infine, concludono il percorso due
capolavori di Mattia Preti insieme a due opere di Giacinto Brandi.
M.P.F.
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