Il Miracolo dell’Arte che salva dalla
sofferenza
Il potere
curativo e salvifico della grande arte: questo il tema centrale della nuova
mostra virtuale proposta dagli Uffizi sul sito (www.uffizi.it/mostre-virtuali/guarigioni-miracolose), nella delicata fase della ripresa dopo il
lokdom.
“Guarigioni miracolose. Malattia e intervento
divino. L’arte interpreta il miracolo in opere dal Tre al Novecento” è il titolo dell’ipervisione, realizzata dalle
Gallerie degli Uffizi con il coordinamento di Patrizia Naldini: quindici opere,
scelte tra quelle delle collezioni del Museo e non solo, realizzate da grandi
maestri come Beato Angelico,
Sandro Botticelli, Rembrandt, solo per citare
alcuni nomi.
Ad aprire il
percorso è una scena di miracolo della Beata Umiltà nel
polittico degli Uffizi dipinto da Pietro Lorenzetti intorno al 1335, dove si
mostra il risanamento della gamba di un monaco che ne aveva rifiutata
l’amputazione. Il gesto sembra prefigurare quello analogo dei due santi medici
Cosma e Damiano nello scomparto di predella della Pala di San Marco ora
nell’omonimo museo fiorentino, una delle prove più alte della pittura del Beato
Angelico, anch’essa inclusa nell’ ipervisione. Chini su una sorta di tavolo
operatorio, Cosma e Damiano sostituiscono la gamba in cancrena del diacono
Giustiniano con quella tolta ad un etiope seppellito nel cimitero di San Pietro
in Vincoli.
I santi medici,
scelti come simbolici protettori spirituali dei signori di Firenze, compaiono
di nuovo in una delle opere più belle del giovane Botticelli, la pala di
Sant’Ambrogio, esposta nella galleria delle Statue e delle Pitture della stessa
sala dove si trova la celebre Primavera. Un disegno storicamente attribuito
alla scuola di Raffaello raffigura uno dei miracoli di Gesù, la guarigione del
cieco nato, uno dei sette segni narrati nel Vangelo di Giovanni, mentre la
miracolosa potenza del gesto taumaturgico è espressa da un’incisione di
Rembrandt e dal San Pietro guarisce gli infermi con la sua ombra, dipinto
attribuito al francese Laurent de La Hyre: soggetto di cui Firenze vanta un
illustre precedente quattrocentesco, l'affresco di Masaccio sulle pareti della
Cappella Brancacci in Santa Maria del Carmine.
La conclusione
del viaggio nel prodigio della cura è affidata a un grande autore del
Novecento, Giovanni Colacicchi, che nel 1943, nel pieno infuriare della seconda
guerra mondiale, rappresenta con grande originalità un San Sebastiano non
trafitto dalla consueta pioggia di frecce: a caratterizzare il martire, nel
lavoro del pittore di origini anagnine, è invece un corpo seducente e perfetto,
quasi un inno metafisico all’intangibilità dello spirito e della bellezza da
parte del male.
“Ciò che vogliamo
raccontare con “Guarigioni miracolose” è la vittoria della speranza sulla
sofferenza, sul male, sulla malattia – spiega il direttore delle Gallerie degli
Uffizi Eike Schmidt – lanciando un messaggio forte di sostegno alle tante
persone che ancora sono in pericolo e a quelle che hanno passato momenti
terribili durante la pandemia. L’esperienza della malattia fa parte della
condizione umana e la guarigione ci ricorda i molti motivi per cui vale la pena
vivere: è il miracolo inspiegabile che ci riempie di speranza e ci ricorda che
dobbiamo essere grati per tutto quello che l’esistenza ci rivela”.
M.P.F:
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