La fortuna di Raffaello nella grafica del
XVI secolo. Da Marcantonio Raimondi e Giulio Bonasone
In occasione del
quinto centenario della morte di Raffaello, la Pinacoteca Nazionale di Bologna
ha organizzato una mostra dedicata alla produzione incisoria derivata da
invenzioni dell’urbinate nella prima metà del XVI secolo.
A partire dal
1510-1511 circa, Raffaello entrò infatti in contatto con l’incisore bolognese
Marcantonio Rinaldi, dando origine ad una nuova stagione di produzione e
diffusione della stampa, un prodotto tipicamente rinascimentale con cui si
erano confrontati protagonisti quali Andrea Mantegna, Antonio Pollaiolo e
Albrecht Dürer.
Sanzio, che aveva
allora circa 27 anni e il suo ruolo era più che affermato a Roma, dovette
vedere in Marcantonio l’artista adatto per confrontarsi con questa tecnica,
intesa certamente nella primissima fase come modo sperimentale di diffondere
proprie idee provenienti dal disegno. Il curiculum di Marcantonio, artista che proveniva dalla
bottega bolognese di Francesco Francia e che aveva già realizzato un alto
numero di incisioni, compresa la derivazione a bulino della serie xilografica
della Vita della Vergine di Dürer,
fu la scintilla scatenante che portò alla produzione di alcuni dei capolavori
della storia della grafica. Raffaello elaborò infatti dei disegni appositamente
studiati per essere tradotti in stampa da Raimondi, il quale realizzò così
opere fondamentali come la Strage degli
innocenti, il Giudizio di Paride, Il Morbetto (o Peste
frigia) e il Quos ego.
Tuttavia
la diffusione dello stile di Sanzio attraverso l’arte incisoria non avvenne
solo grazie alla realizzazione di opere tratte da fogli appositamente eseguiti,
ma anche da esemplari derivati da semplici sue idee in corso di realizzazione.
All’interno della
bottega dell’artista circolava infatti una grandissima quantità di disegni
corrispondenti a diverse fasi di studi per dipinti o per affreschi che vennero
consegnati direttamente, o attraverso copie realizzate dagli allievi, agli
incisori. Se questo sistema venne definendosi in particolare con Marcantonio,
che con la sua esperienza e capacità dovette contribuire notevolmente a
crearlo, a partire dal 1516 circa e sino alla sua scomparsa, altri incisori
oltre al bolognese si confrontarono con Sanzio, come Agostino Veneziano, Marco
Dante e Ugo da Carpi. Il sistema, che doveva in parte essere organizzato dal
“garzone” di Raffaello Baviero de’ Carrocci, divenne sempre più ampio, portando
alla diffusione dello stile raffaellesco in un circolo vorticoso di rimandi tra
disegno, pittura e incisione che contribuì al propagarsi della fama
dell’artista, anche dopo la sua morte.
Il successo di questo tipo di produzione
è testimoniato, oltre che dalla creazione di nuove incisioni, anche dalla copia
o replica di stampe già eseguite, che diffusero così importanti invenzioni
dell’artista come gli affreschi della Farnesina, le scene delle logge vaticane,
i cartoni per gli arazzi della Scuola Vecchia e della Scuola Nuova, o ancora le
raffigurazioni della stufetta del Cardinal Bibbiena. Gli artisti che
contribuirono a tale produzione furono ad esempio Jacopo Caraglio, Enea Vico,
Nicolas Beatrizet e Giulio Bonasone. Il linguaggio di Raffaello diveniva così a
disposizione degli artisti, che ne assorbirono le creazioni anche attraverso la
produzione incisoria.
M.P.F.
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