Schifanoia e Francesco del Cossa
L’oro
degli Estensi
È
tornata a splendere uno dei simboli più importanti di Ferrara: quel Palazzo
Schifanoia che con la sua magia, ha accompagnato i fasti rinascimentali della
città e affascinato per secoli i suoi visitatori.
Dopo il terremoto
del 2012, i restauri architettonici dedicati al miglioramento strutturale
antisismico e l’emergenza da Covid-19, il 2 giugno si è riaperto finalmente una
prima porzione dell’antica delizia.
È
così nuovamente fruibile la parte più significativa dell’edificio che si
presenta in una veste luminosa del tutto nuova e con l’esposizione Scifanoia e Francesco del Cossa. L’oro degli
Estensi.
Testimonianza
eccezionale della magnificenza della corte degli Este, Schifanoia deve la sua
fama al marchese e poi duca Borso che plasmò l’edificio a sua immagine e
somiglianza.
Avvio e fulcro
del percorso espositivo ed il simbolo di tutto questo è il magnifico Salone dei
Mesi, fatto decorare dal principe estense intorno al 1469 per celebrare la sua
azione di governo. Una miscela di sapienza antica, astrologicaa e pragmatismo
politico elaborata da Pellegrino Prisciani, astrologo e bibliotecario di corte,
per esaltare l’età dell’oro che la città visse nei vent’anni di potere
borsiano, dal 1450 al 1471.
In questa
straordinaria impresa collettiva, svetta il genio pittorico di Francesco del
Cossa capace di realizzare un’abbagliante traduzione visiva delle aspirazioni
ducali nei mesi di Marzo, Aprile e, parzialmente, Maggio, che si pongono come
il vertice espressivo assoluto del Salone. Accanto al Cossa, che realizzerà un
simile capolavoro non senza contrasti con il committente, altri maestri, tra i
quali il genio furente del giovanissimo Ercole de’ Roberti.
Un nuovo sistema
di illuminazione racconta ora tutto questo in modo sorprendente. Grazie alla
regia luminosa dello studio Pasetti lighting – apprezzato specialista di in
lighting desing applicato ai Beni Culturali – le pitture murali sono fruibili
attraverso un sistema dinamico a led capace di spaziare dalla luce omogenea e
museale a scene specifiche, offrendo un’inedita esperienza di visita, immersiva
ed emozionale, che muterà per sempre la percezione del Salone dei Mesi.
Il tema della
luce è centrale anche per la sontuosa Sala delle Virtù e per la Simbolica Sala
delle Imprese che in questo contesto possono essere apprezzate in una rinnovata
veste illuminotecnica mirante a valorizzare al meglio gli stucchi policromi e
dorati degli appartamenti ducali.
In queste due
sale trovano posto gli “ori degli
Estensi”: una raccolta
delle opere di pertinenza dei Musei di Arte Antica più strettamente connesse
alla figura di Borso accompagnate da una significativa selezione di “ospiti”
legati all’Officina ferrarese. È
così possibile rievocare i fasti dell’epoca quattrocentesca, quando Ferrara fu
realmente una città d’avanguardia, crocevia di stile e tendenze, capace di
elaborare un linguaggio artistico al contempo prezioso e popolare, decorativo
ed espressivo. Un ambiente fertile per l’innovazione in ogni campo delle
tecniche artistiche.
La costante
ricerca della magnificenza caratterizza la vita di corte ad ogni livello. La
numismatica, ad esempio, ricopre un ruolo fondamentale nel definire l’immagine
ufficiale del potere dinastico grazie a Pisanello e alle monete d’oro della
zecca di corte, in confronto con gli oggetti di uso quotidiano, come i piatti
in ceramica graffita, nei quali è possibile riconoscere le medesime scelte
figurative che contraddistinguono il Salone dei Mesi
Analogamente, la
grande stagione della miniatura, esemplificata dalla Bibbia certosina ornata da
Guglielmo Giraldi, anticipa ed accompagna le conquiste della “sorella maggiore”
cioè la pittura, mentre la scultura vive una dimensione di aperto dialogo tra
nord e sud, tra la Firenze di Donatello e la Padova di Mantegna, esemplificata
da personalità come Antonio di Cristoforo e di Domenico di Paris, quest’ultimo
presente a Schifanoia attraverso gli scintillanti stucchi della Sala della
Virtù e prestiti d’eccezione. Conclude il percorso la celeberrima Pala Grossi di
Giovanni Antonio Bazzi, eseguita per la chiesa della Concezione di Reggio
Emilia, una tela che esemplifica l’influenza che Francesco del Cossa ed Ercole
de’ Roberti hanno avuto sull’arte settentrionale di fine Quattrocento.
M.P.F
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