Alfonso Lombardi: il colore e il rilievo
L’anno delle
celebrazioni per il cinquecentenario della morte di Raffaello offre l’occasione
di ricordare a Bologna Alfonso Lombardi (Ferrara 1497 ca. – Bologna 1537),
abile plasticatore nel solco della tradizione padana rinnovatasi alla luce del
raffaellismo diffuso a nord degli Appennini.
La fama
sovranazionale dello scultore, attestata dalla Vita
che gli dedicò Giorgio Vasari, emerge
dalla rete di relazioni da lui intrattenute con i potenti del momento, come il
duca di Mantova Federico II Gonzaga, Il cardinale Ippolito de’ Medici, il re di
Francia Francesco I e l’imperatore Carlo V.
La mostra, a cura di Alessandra
Giannotti e Marcello Calogero, racconta in quattro sezioni il breve ma fulgido
percorso dello scultore ferrarese in Emilia. La prima sezione ne accompagna i
passi presso la corte di Ferrara, dove i cantieri promossi dal duca Alfonso I
d’ Este gli dischiusero il precoce incontro con la maniera moderna.
Il trasferimento
a Bologna del giovane scultore fu segnato dalla vittoria, nel 1519, nel
concorso per il monumentale Ercole di Palazzo d’Accursio, dove egli dette prova
di una straordinaria rilettura della scultura antica.
Nella città felsinea,
poi, il ferrarese dimostrò la sua capacità di interpretare le invenzioni di
Raffaello, la cui conoscenza – oltre all’apprezzamento diretto della Santa Cecilia –
risulta mediata anche dalla grafica. Gli artisti attivi nella città emiliana
intorno al 1520 risentirono dello stile dell’Urbinate, al punto che molti si
aggiornarono mutando radicalmente il proprio modo di disegnare e di dipingere.
Con questi pittori Alfonso condivise la pronta assimilazione del linguaggio
raffaellesco, come emerge dalla seconda sezione con gli Apostoli per
la chiesa di San Giuseppe di Galliera, ispirati alla serie di uguale soggetto
incisa da Marcantonio Raimondi su disegno dell’Urbinate. Agli Apostoli di
Galliera si affianca lo straordinario busto di Cristo, proveniente dallo stesso complesso e di
recente recupero, posto a fronte di quello modellato da Antonio Begarelli,
grande comprimario della plastica rinascimentale emiliana di tradizione
classicista.
Nella terza sezione le opere realizzate per Castel Bolognese
illustrano la fortunata stagione emiliana della scultura dipinta, in grado di
imitare la pittura fino a sfidarla nel suo campo d’elezione, quello della pala
d’altare.
L’ultima sezione del percorso evoca le qualità di ritrattista di Alfonso e l’incontro con Carlo V che chiude gli anni bolognesi dello scultore, tutti giocati sul filo della cultura raffaellesca romana e padana.
M.P.F.
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