Vittorio Corcos.
Ritratti e sogni.
Nella Parigi di fine Ottocento, la Villa Lumiére che incantava artisti e intellettuali, per conquistare il passaporto di “pittore di successo” bisognava passare dallo studio del mercante ed editore Adolphe Groupil. Ci arrivò Giovanni Boldini, diventando il ritrattista delle donne più affascinanti della Bella Époque. E altrettanto fece nel 1880 Vittorio Corcos, livornese classe 1859, che contese al collega ferrarese una clientela di dame sofisticate e bellissime disposte a posare per lui. Entrambi provenivano dalla provincia italiana, scalpitanti di lasciarsi alle spalle le polveri di antichi maestri e desiderosi di buttarsi nel vortice di novità che prometteva la capitale francese. Ci arrivarono e frequentarono gli stessi salotti, in primis quello del pittore Giuseppe De Nittis.
Ma l’analogia tra i due finisce qui perché Boldini si lascerà travolgere dall’ efervescenza parigina e delle sue donne che sprigionano una forza dirompente, sensuale e ammiccante, mentre Corcos tornerà in Italia, nel mondo dorato dell’alta borghesia toscana, ed esprimerà una bellezza femminile che si racchiude in una dimensione interiore, intima e composta. Nei suoi dipinti c’è poco posto per una sensualità esibita in incarnati rosei: tutto si concentra in sguardi profondi ed enigmatici, in pose precise che rivelano l’animo e i sentimenti dei suoi personaggi.
Lo si può constatare alla mostra “Vittorio Corcos. Ritratti e sogni” aperta fino al 14 febbraio a Bologna nella sede di Palazzo Pallavicini.
Nel percorso, curato da Carlo Sisi, compaiono una quarantina di opere, provenienti da collezioni private e da importanti musei pubblici quali la Galleria d’Arte Moderna di Roma o gli Uffizi, presentate in sei sezioni tematiche: La famiglia e gli amici. Nel salotto della “gentile ignota”; Gli anni di Parigi; il primato del ritratto; Luce mediterranea; Stati d’animo.
Uomini illustri, giovanotti che amoreggiano con timide ragazze, ma anche donne affascinate che trasmettono una sottile inquietudine popolano l’universo di Corcos che aderisce al naturalismo, al verismo, e solo in parte viene scombussolato da temi saturnini.
È lo specchio della sua biografia. Nel 1886 l’artista lascierà Parigi per rientrare a Livorno, quindi a Firenze dove sposerà Emma Ciabatti, vedova Rotigliano, che lo introdurrà nella scena culturale e intellettuale del tempo, tanto che nel salotto e nell’atelier di Corcos siederanno Giovanni Pascoli, Giosuè Carducci, Pietro Mascagni. E ancora donne aristocratiche e artiste quali Isadora Duncan e la principessa Maria Josè.
Per Corcos arte fa rima con modernità, e tanto basta a conquistare le corti europee: nel 1904 ritrae l’imperatore Guglielmo II, nel 1922 la regina Elena di Savoia. Dalla sua terra la Toscana, prenderà una luminosità che nei suoi dipinti si traduce in una perenne primavera.
Solo a tratti Corcos lascia emergere un lato più oscuro o un atteggiamento più sfumato, come nell’opera “Sogni”, manifesto della mostra. È il ritratto di Elena Vecchi, figlia dello scrittore Jack La Bolina, che venne presentato a Firenze nel 1896 suscitando un “chiasso indiavolato” perché, come riportarono le cronache, quella ragazza era stata ripresa in maniera troppo esplicita intenta a sognare <<ciò di cui non dovrebbero sognare le ragazze>>.
M.P.F.
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