Leonardo da Vinci
1452 – 1519
Per Leonardo, come già per
Leon Battista Alberti, architetto e letterato del XV secolo, la pittura va
compresa nelle arti liberali, poiché è fondata sulla scienza e non sulla
pratica, come le arti meccaniche; ma egli non concepisce la scienza come un
processo unicamente intellettuale: “Dicono
quella cognizione essere meccanica la quale è partorita dall’esperienzia, e
quella essere scientifica che nascesse e finisse nella mente e quella esser
semimeccanica che nasse dalla scienza e finisse nella operazione manuale. Ma a
me pare che quelle scienze sieno vane e piene d’errori le quali non sono nate
dall’esperienzia, madre d’ogni certezza, e che non terminano in nota
esperiezia, cioè la loro origine, o mezzo, o fine, non passa per nessun de’
cinque sensi” Cod. Urb. Lat. 1270, 19).
Questo atteggiamento di
fondo, che pure non va interpretato rigidamente ma con flessibilità, tenuto
conto della straordinaria libertà mentale di Leonardo, del tutto refrattario ai
metodi precostituiti, consente di affrontare in modo nuovo, realmente
sperimentale, l’arte della pittura. L’opera d’arte nasce dall’osservazione
attenta della natura e della sensibilità della percezione dei suoi fenomeni.
Leonardo non si perde in considerazioni generali o astratte, ma affronta le
questioni suscitate dalla sua stessa pratica, le cui risposte sono visibili in
ogni suo quadro: il ruolo dell’ombra e del modellato, l’espressione degli stati
d’animo nei gesti e nelle fisionomie, il problema della prospettiva. Su tutti questi
argomenti le sue ricerche e la sua analisi sono talmente sottili da farli
assumere una posizione di assoluta modernità.
A Milano nella sede di
Palazzo Reale si è inaugurata una straordinaria mostra il 15 aprile 2015,
giorno dell’anniversario della nascita di Leonardo – nato a Vinci il 15 aprile
1452, fino al 19 luglio con il titolo Leonardo da Vinci 1452 – 1519.
L’esposizione ideata e
prodotta da Palazzo Reale e Skira a cura di Pietro C. Marani e Maria
Teresa Fiorio, presenta una visione di Leonardo
non mitografica, né retorica né
celebrativa, ma trasversale su tutta l’opera del poliedrico personaggio,
considerato come artista e scienziato. Tutto ciò attraverso alcuni temi
centrali individuati dai curatori: il disegno,
fondamentale nell’opera di Leonardo; il continuo paragone tra le arti:
disegno, pittura, scultura; il confronto con l’antico; la novità assoluta dei moti dell’animo; il suo tendere verso progetti utopistici, veri e propri
sogni, come poter volare o camminare sull’acqua e per questo, ultimo, argomento
è stata allestita una sezione apposita; l’automazione
meccanica con due modelli storici di macchine – il carro automotore e il
maglio battiloro, realizzati dall’interpretazione dei disegni di Leonardo.
Leonardo nasce, dunque a
Vinci nel 1452, nel 1467 segue il padre a Firenze dove più tardi, entra nella
bottega del pittore e scultore Andrea del Verrocchio e vi rimane per circa
dieci anni. Secondo il Vasari nelle sue Vite,
a questo periodo risalgono le prime applicazioni del chiaroscuro e l’interesse
più attento per l’espressione dei volti. Presso il Verrocchio, Leonardo può
ampliare la propria formazione sia artistica sia più propriamente tecnica, con
particolare riferimento agli studi di meccanica e di idraulica. Si fanno
risalire agli anni giovanili l’Annunciazione
degli Uffizi, l’altra piccola Annunciazione
del Louvre, già parte di una predella, visibile in mostra accanto ad opere del Verrocchio, del
compagno di bottega Botticelli e di straordinari disegni di Leonardo su la
fisionomica.
Nel 1482, Leonardo si
trasferisce a Milano, dove rimane per quasi vent’anni al servizio di Ludovico
il Moro. Partendo per Milano, a Firenze lascia abbozzata a tempera la grande
tavola con l’Adorazione dei Magi e,
dello stesso periodo, con evidenti analogie, l’abbozzo pure a tempera di San Girolamo, quest’ultimo visibile in
mostra. La figura del santo è solo disegnata e “portata avanti” con un unico colore
(escluso il volto, scavato nei dettagli dell’espressione drammatica), mentre lo
spettatore ha quasi la sensazione di potersi affacciare in quella grotta al di
là della straordinaria, sintetica sagoma del leone ruggente.
La composizione è esemplare:
la curva della coda e del corpo del leone in primo piano, la figura del santo,
bloccata nella proporzione del triangolo, al centro, in secondo piano; lo
sfondo scuro che fa risaltare il personaggio, aprendosi sulla luce del
paesaggio a destra e a sinistra; i toni, rimasti sull’ocra per le figure e sui
bruni-bluastri per lo sfondo, vera e propria quinta dietro la figura del santo;
lo studio anatomico, in particolare del volto scavato dalla sofferenza, e di
tutto il corpo, colto nell’equilibrio di uno scorcio perfettamente composto. In
particolare, per dipingere il santo, Leonardo ha sezionato minutamente i
cadaveri, ha studiato il complesso dei movimenti degli uomini e degli animali.
Non può non destare curiosità lo schizzo che appare sulla zona chiara della
parete destra della grotta. Accanto al profilo di una gamba c’è il disegno di
una chiesa vista dall’alto, con la facciata a capanna.
La mostra oltre i già citati San Girolamo della Pinacoteca Vaticana
e la piccola Annunciazione del Louvre, presenta altri capolavori
come la Madonna Dreyfus della National Gallery of Art di
Washington, la Scapigliata della Galleria Nazionale di Parma, il Ritratto di Musico dell’Ambrosiana, la Belle Ferronniére e il San Giovanni Battista entrambe provenienti dal Louvre.
I disegni leonardeschi, in
gran parte esposti alla mostra milanese, rappresentano un patrimonio enorme, in
fogli isolati ma anche, e soprattutto, nelle pagine dei manoscritti: sono circa
7700 pagine.
Questi manoscritti si
dividono in due gruppi: quelli che ci sono giunti nello stato originale, come
taccuini di vario formato con schizzi, disegni e appunti (nella tipica scrittura
“speculare”, cioè da destra a sinistra) su diversi argomenti o su un tema
specifico (i 14 manoscritti dell’Institut de France; il Codice Trivulziano della Biblioteca del Castello a Milano; il
codice torinese sul volo degli uccelli; i 4 codici Foster del South Kensington Museum di Londra; i 2 manoscritti di
Madrid scoperti nel 1967; il codice del conte di Leicester a Holkam Hall); e i codici che i collezionisti hanno
composto con pagine di varia provenienza, come il grande
Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana di Milano e il Codice Arundel
del British Museum di Londra.
Occorre poi citare la celebre collezione di Windsor che comprende tavole
anatomiche (di cui sono presenti trenta disegni in mostra).
Alcune pagine, la cui
perfezione fa pensare che fossero pronte per la pubblicazione,
inaugurano la moderna
illustrazione scientifica. Le altre sono meno rifinite, ma documentano il
procedere del pensiero leonardesco: dall’immagine alla parola e dalla parola
all’immagine in una reciproca, continua stimolazione, in cui è difficile
distinguere chiaramente la ricerca scientifica da quella estetica.
Maria Paola Forlani
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