ROMA 900
De Chirico, Guttuso, Capogrossi,
Balla, Casorati, Sironi, Carrà, Mafai,
Scipione e gli altri
Nelle collezioni
Della Galleria d’Arte Moderna
di Roma Capitale.
Si è aperta alla Fondazione
Magnani Rocca (Parma – Mariano di Traversatolo), promossa dalla stessa
Fondazione e da Roma Capitale, fino al 5 luglio 2015, la mostra Roma 900, a cura di Federico Pirani e Stefano Roffi (catalogo
SilvanaEditoriale).
L’esposizione, attraverso
oltre cento splendide opere, intende presentare il “Novecento romano”, quindi
il collezionismo pubblico e la cultura artistica a Roma nella prima metà del XX
secolo, nella complessità dei linguaggi che si sono succeduti, con gli artisti
e i movimenti di riferimento.
La mostra segue e presenta
interessanti itinerari che hanno fatto la storia del nostro novecento e che
Roma ha saputo accogliere nelle sue gallerie e collezioni.
La prima sezione presenta: Simbolismo, sentimento dannunziano di poesia
e natura.
Il paesaggio era il genere
dove quasi naturalmente venivano a trovare espressione le istanze di quel vasto
orientamento culturale europeo che ha nome e identità nel Simbolismo e che costruiva, pur nelle diverse accezioni, la sensibilità
comune agli artisti dell’ala culturale più avanzata, e proiettata verso la
modernità, verso il Novecento. Anche le affermazioni di un critico d’arte,
giovane ed estemporaneo come Gabriele D’Annunzio, a Roma dal 1891, individuava,
proprio nella pittura dei paesisti, i
principi di una nuova estetica.
La moderna pittura di
paesaggio era intesa come poesia della natura. Ogni mezzo – dal
nuovo strumento della fotografia, a quello più tradizionale del disegno, al
bozzetto eseguito all’aperto – era uno stadio da cui partire per una personale
rielaborazione dell’artista: il fine era il superamento del vero, la resa di
uno stato emotivo nell’osservazione di un paesaggio, in un particolare punto e
in una particolare ora del giorno. La nuova visione della realtà già informava,
sul finire del secolo precedente, le opere di Giulio Aristide Sartorio e di Adolfo
De Carolis, amici e illustratori per D’Annunzio.
La concezione ispirata della
natura, luogo eletto per l’individuo ove annullare ogni contraddizione e
carpire invece l’essenza della realtà, avrebbe in gran parte sostenuto la
declinazione simbolista della cultura romana nei primi decenni del Novecento e
sarebbe stata la filosofia de I XXV della
Campagna Romana, sodalizio artistico fondato nel 1904 da Enrico Coleman e Onorato Calandi al quale aderirono molti artisti rappresentati in
mostra le cui opere, fino alle Biennali romane negli anni venti, continuarono a
essere oggetto delle acquisizioni capitoline.
Segue la seconda sezione: Secessione, nel secolo di Klimt
Mentre l’Ottocento moriva, e
con esso la mitologia positiva della Belle époque, una generazione di giovani
artisti si poneva in aperto conflitto con il sistema ufficiale delle
esposizioni, contestando i criteri conservatori e selettivi che ne regolavano
la
partecipazione, rivendicando autonomia di ricerca e libertà di espressione.
Come era già avvenuto a Monaco, Berlino e Vienna, gruppi di artisti italiani
sceglievano di associarsi nel comune segno della Secessione. Le esigenze di
rinnovamento e di apertura internazionale si polarizzarono fra il 1908 e il
dalle interpretazioni
elegantemente mondane del Divisionismo di Innocenti,
Linone, Bocchi, alle novità plastiche di Melli. Secessione Romana rappresenta quindi un’avanguardia
‘moderata’, contrapposta all’avanguardia radicale del Futurismo, che intende
invece incidere in maniera rivoluzionaria sul linguaggio artistico e sulla
realtà sociale e politica. Il primo conflitto mondiale fa ‘tabula rasa’ nei
confronti di ogni aspirazione avanguardista, fagocitando lo slancio vitale.
La terza sezione è dedicata
a: Futurismo e Aereopittura, la nuova
spiritualità plastica extraterrestre.
Il mito del volo aereo,
l’ebbrezza della visione dell’alto, la sconfitta della gravità, la
trasfigurazione della visione attraverso la velocità, sono elementi costanti
della poetica futurista. La contingenza storica della guerra segnò
un’importante cesura con l’immagine del volo quale straordinaria espressione
del mito della velocità e del nuovo rapporto tra uomo e macchina; alla volontà
ascensionale intesa come impulso
profetico alla “conquista
delle stelle” e alla dominazione dell’esistente, subentrò la percezione
dell’innalzamento e della visione dell’alto anche come possibilità di salvezza
dalle trincee e dalle macerie del conflitto in atto.
Solo verso la fine degli anni
venti, le diverse esperienze dei singoli artisti futuristi, precursori e nuovi
accoliti, si trovarono raccolte sotto un’unica bandiera riconosciuta proprio
nel Manifesto dell’Aeropittura, dove
sono riassunte le effimere prospettive visive offerte dal volo aereo
sottolineandone il perenne dinamismo e la continua successione di visioni
mutevoli. Al di là del minimo comune denominatore della visione aerea, lo
stesso Marinetti, presentando il movimento nel catalogo della III Quadriennale
romana del 1939, dove i futuristi erano presenti con centoquaranta opere,
individuò quattro tendenze principali: “Una
aereopittura stratosferica cosmica biochimica (…) lontana da ogni verismo”.
La quarta sezione è dedicata
a Ritorno all’ordine, si rinnova la
tradizione italica.
‘Ritorno all’ordine’ è una
corrente artistica europea successiva alla prima guerra mondiale, che ripropone
la centralità dell’ispirazione tradizionale e della storia, del classicismo e
della fedeltà figurativa, del racconto e della celebrazione aulica, rifiutando
gli estremismi dell’Avanguardia che aveva dominato fino al 1918, stemperandoli
attraverso il filtro di un passato all’insegna della stabilità e dell’ordine.
In Italia – con artisti come Severini, Carrà, De Chirico, Tozzi, Funi,
anche Donghi e Casorati – questo cambio di direzione venne riflesso ed
incoraggiato da “Valori Plastici”, una
rivista di critica artistica fondata nel 1918 a Roma sotto la direzione del pittore e
collezionista Mario Broglio
Segue l’itinerario: Scuola Romana, Un Espressionismo barocco.
La prima identificazione
della Scuola Romana è da attribuirsi
a Roberto Longhi,
che sottolinea il lavoro di
questi artisti in senso espressionista e di rottura nei confronti dei movimenti
artistici ufficiali:<< Proprio sul
confine di quella zona oscura e sconvolta dove un impressionismo decrepito si
muta in allucinazione espressionista, in cabala e magia, stanno difatti i
paesini sommossi e di virulenza bacillare del Mafai, la cui sovreccitata
temperatura potrebbe iscriversi al nome di un Raul Dufy nostro locale>>.
L’ultima tappa del percorso
della mostra presenta : Figurazione e
astrazione, Guttuso e Turcato.
Alla Galleria di Roma nel 1944 in una mostra
organizzata del partito comunista “L’arte
contro la barbarie” convergono molti degli artisti che in parte fanno
riferimento a Lionello Venturi, tra gli altri Mazzacurati, Mafai, Leoncillo, Turcato, Stradone, Guttuso, uniti
dal tema della mostra più che da un comune denominatore poetico, che comunque
era nell’orbita dell’espressionismo romano.
La problematica tra “forma e
contenuto” diventa prioritaria. Una questione che attraversa tutta la classe
degli artisti impegnati nella costruzione di un linguaggio moderno, nel momento
in cui si affaccia il dissidio tra intellettuali e partito comunista sul tema
estetico. L’ostruzionismo di Togliatti verso l’astrattismo si manifesterà con
una recensione su “Rinascita” (novembre 1948) per una mostra di arte
contemporanea a Bologna. Con lo pseudonimo di Roderigo di Castiglia, il capo
dei comunisti italiani, dirà “tante brave
persone disposte ad avallare con la loro autorità davanti al pubblico questa
esposizione di orrori e scemenze un avvenimento artistico”.
La risposta più incisiva
sulle ragioni dell’arte astratta arriva tramite la pittura di Giulio Turcato,
che aveva elaborato una sua propria linea orientata verso il colore di Matisse
oltre che verso le forme picassiane.
Maria Paola Forlani
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