Ippolito Caffi
Tra Venezia
e l’Oriente
1809-1866
“Sono arrivato qui dopo un mezzo
naufragio sul Mar di Marmora. L’imponenza di Smirne e la sua posizione mi ha
sorpreso non poco, ma quando fui giunto dirimpetto a Costantinopoli, a Pera,
Galata e il Bosforo, io mi credeva trasportato in Paradiso”
Ippolito
Caffi a Lettera ad Antonio Tessari, 3 novembre 1843
150 anni fa
muore durante la battaglia di Lissa nell’affondamento della Re d’Italia – sulla
quale si era imbarcato per testimoniare le vicende belliche con l’incisività
dei suoi disegni – Ippolito Caffi (1809 – 1866), bellunese di nascita e
veneziano d’elezione, straordinario pittore-reporter, irrequieto osservatore
della società e convinto patriota. 150 anni fa (quasi un segno del destino!) il
Veneto e Venezia vengono annessi all’Italia. Venezia: la città che Caffi ha
maggiormente amato, lottando per la sua libertà, e di cui ha tradotto in
pittura la struggente bellezza, con una capacità di sintesi che non ha eguali
in tutto il secolo.
Ѐ in questa coincidenza di ricorrenze che l’imponente fondo di dipinti di
Caffi appartenente alla Fondazione Musei Civici di Venezia – che ha avviato
un’intensa attività di valorizzazione del proprio patrimonio – viene esposto
integralmente, a distanza di cinquant’anni, in una grande mostra al Museo
Correr aperta fino al 20 novembre 2016, promossa dalla Fondazione MUVE insieme
a Civita Tre Venezie e a Villaggio Globale International a cura di Annalisa
Scarpa ( catalogo Marsilio ).
Una mostra
che è un tributo a quello che possiamo considerare il più moderno e originale
vedutista del tempo, insuperabile nell’immortalare con la sua pittura di luce
l’anima di luoghi e di popoli incontrati in tanti viaggi in Italia, in Europa e
nel bacino del Mediterraneo. Ma soprattutto un tesoro – pressochè inesplorato e
stupefacente nel suo complesso – che finalmente riemerge: un nucleo pittorico
di oltre 150 opere che la vedova Caffi, Virginia Missana, ha donato alla città
nel 1889 insieme ad altrettanti disegni sciolti e a ventitrè album.
Definito per
la sua abilità prospettica l’ultimo erede di Canaletto, Ippolito Caffi supera
in realtà ed elude la tradizione canalettiana, arricchendola con un’accentuata
comprensione del dato atmosferico e un ricercato studio sugli effetti di luce,
fino a traghettare il genere del vedutismo verso la contemporaneità.
Ѐ una luce “emotiva” quella che Caffi traduce in pittura e che rende i
suoi quadri tanto poetici, affascinanti e amati: una capacità di analisi di
ogni sfumatura ambientale così come di ogni elemento architettonico e
urbanistico percepito con inusuale empatia. Una miscela geniale di bagliori
artificiali e di luce naturale: effetti chiaroscurali che scandiscono il
concetto di vedutismo tradizionale, applicando un’inedita ottica che raggiunge
formule modernissime, in un gioco continuo tra il “sublime” e il “pittoresco”.
Ecco Ippolito Caffi, artista ma anche uomo travolgente: una vita che scorre
come in un romanzo tra arte e passione politica.
“…Fra pochi giorni la mia Virginia mi
raggiungerà qui, e allora forse andremo a passare l’inverno a Napoli, finchè si
potrà vedere rotte le catene che tiene oppressa la nostra misera Venezia,
ridotta all’ultimo della sua esistenza morale e materiale […]. Se ami qualche
dettaglio del nostro miserabile paese, fammelo sapere, che lo avrai, col patto
di non compromettermi perché la polizia di Venezia sarebbe capacissima di
vendicarsi sull’innocente mia Virginia […]”
Ippolito
Caffi a Antonio Pavan, Milano 29 settembre 1860.
Reporter di
viaggi e di accadimenti straordinari, Caffi viaggiò in lungo e in largo per
mezza Europa e per il Vicino Oriente. Affamato di novità e di avventura si
spingerà da Atene a Costantinopoli, dal Cairo a Gerusalemme e oltre. L’esilio
lo porta poi a Genova come a Ginevra, a Nizza, a Parigi e Londra, in un
girovagare perennemente creativo.
Non solo, ma
nel panorama degli artisti viaggiatori italiani dell’Ottocento che sentirono il
fascino della Grecia e appunto dell’Oriente, Ippolito Caffi fu il primo artista
ad affrontare da solo un viaggio considerato all’epoca, periglioso e d’indubbia
difficoltà. Prima di lui chi aveva intrapreso questo viaggio lo aveva fatto al
seguito di spedizioni organizzate, per lo più archeologiche, con il ruolo
d’illustratore.
Il desiderio
di Caffi di conoscere quelle terre lontane ha più di una motivazione: le fonti
letterarie contemporanee da un lato – da Chateaubriant a Hugo – e gli audaci viaggi
dell’esploratore padovano Giambattista Belzoni dall’altro, non bastano tuttavia
a spiegare quanto egli desiderasse realizzare questo sogno.
Ѐ il suo senso dell’avventura, la sua
curiosità per ciò che appare meno noto, dai popoli ai monumenti, a fargli
ascoltare questo canto di sirena. La sua straordinaria e pionieristica
esperienza rafforza il suo vocabolario artistico, lo arricchisce di luce vivida
e di colori smaltati, in un reportage dove l’esotico lascia sempre spazio al
meraviglioso e all’incanto.
Maria Paola
Forlani
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