Albert Oehlen
Cows by the water
Parole
accanto alla pittura
Jean-Perre
Criqui
“Ci sono certe imprese in cui un
accurato disordine è il metodo buono”
Herman
Melville, Moby Dick o la Balena
Cap. 82 “L’onore e la gloria della
balena”
“Benchè le nostre informazioni siano
false, non le garantiamo”
Erik Satie
Venezia,
nella sede di Palazzo Grassi, presenta, fino al 6 gennaio 2019, “Cow by the Water”, la mostra personale
di Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania) nell’ambito del programma delle monografie
di artisti contemporanei – alternate a esposizioni tematiche della Pinoult
Collection.
L’esposizione,
a cura di Caroline Bourgeois, traccia un percorso lungo la produzione
dell’artista attraverso una selezione di oltre 80 opere, dalle più note a
quelle meno conosciute, dagli anni ’80 a oggi, provenienti dalla Pinault
Collection e da importanti collezioni private e musei internazionali. Il
percorso espositivo, concepito insieme all’artista appositamente per gli spazi
di Palazzo Grassi, non segue un ordine cronologico ma un ritmo sincopato tra i
diversi generi, a voler rappresentare il ruolo della musica nella produzione di
Albert Oehelen, metafora del suo metodo di lavoro dove contaminazione e ritmo,
improvvisazione e ripetizione, densità e armonia dei suoni, diventano gesti
pittorici.
Pur
rifiutandosi di appartenere a una corrente o a un movimento artistico
specifico, Albert Oehlen si è affermato come uno dei protagonisti della pittura
contemporanea grazie a una ricerca in continua evoluzione dedicata al
superamento dei limiti formali e alle sperimentazioni, più che al soggetto
dell'opera.
Albert
Oehlen è un artista che sfida tanto le categorizzazioni quanto l’estetica, il
pensiero o l’approccio classici della pittura. Varia sia i soggetti delle sue
opere, sia la tecnica utilizzata. Così facendo, indaga la definizione stessa di
cosa sia un dipinto, un quadro, passando dall’astrazione alla figurazione, dal
collage al computer painting, dai finger Malerei (dipinti realizzati
con le dita) all’utilizzo della spazzola, dalle opere completamente grigie a
quelle astratte multicolori.
Albert è un
punk che interroga sempre in modo radicale una posizione, un rapporto sacro con
l’arte. Partendo da una dimensione ribelle che rifiuta ogni clichè e utilizza
un suo humour profondo, mette in discussione l’insieme dei nostri punti di
vista di riferimento: il rapporto con la natura, il ritratto, l’astrazione con
i suoi riferimenti eroici, i collage utilizzando manifesti pubblicitari di
prodotti popolari.
Le sue opere premono per ritornarvi più volte, cercando sempre nuovi livelli di lettura.
Per accostarci
al suo lavoro, i curatori, si sono basati sul rapporto con la musica, in
particolare con il free jazz in quanto metafora del suo approccio.
Il musicista
di free jazz è un grande virtuoso che, in ogni improvvisazione, si assume il
rischio del fallimento, nella speranza di trovare un nuovo suono o un’altra
esperienza musicale. L’esposizione di Palazzo Grassi, che raccoglie lavori dal
1980 a oggi, aspira quindi a utilizzare il rapporto con la musica come chiave
per seguire il percorso e l’attività dell’artista fin dai suoi esordi.
Albert
Oehlen è un artista che ama perseverare. I temi si ripresentano, ma con
l’intento di approfondirli ogni volta in un modo diverso, riprovare sempre.
Nella sua opera Elevator 1-8, per
esempio, Oehlen combina un gruppo di otto quadri, datati 2016, con uno
risalente al 1996 (Raumflug).
Naturalmente ho un grande interesse
per la musica di improvvisazione. Innanzitutto perché mi piace, e poi perché la
mia pittura – in particolare ciò che sto facendo in questo momento, ma anche il
mio lavoro precedente – dà sempre l’impressione di essere stata eseguita
rapidamente, dunque è paragonabile alla musica improvvisata.
Albert
Oehlen, Elevator Paintigs, New York,
Gagosian
Gallery, 2017.
Attraversando
il lavoro artistico di Albert Oehlen taluni approcci ricorrono come
punteggiatura, per esempio i quadri della serie Computer Paintings (opere derigrafate a partire da un immagine
realizzata al computer e poi lavorate con materiale pittorico, una pratica
adottata dall’artista per la prima volta nel 1992) oppure la serie degli Alberi. Sembra che l’uso del tema
ricorrente sia per Oehlen un modo più semplice di darsi una cornice per
spiegare il lavoro senza preoccuparsi del “soggetto”.
Di solito il computer aiuta a fare
qualcosa che altrimenti non si riesce a fare. I computer aprono una finestra
sul futuro. In questo caso le cose si rovesciano. Il pittore corregge i pixel e
alla fine l’immagine del computer dà vita a un’immagine dipinta a mano.
-Albert
Oehlen, Carré d’Art
I suoi
quadri sono complessi e non possono essere ridotti né a una spiegazione né a
una descrizione. Il primo pensiero dell’artista è che sia possibile trattare
qualsiasi soggetto e che, anche partendo da una rappresentazione figurativa,
essa ci conduca verso l’astrazione, forse forma ultima del suo lavoro.
La ricerca
di Oehlen si muove in più direzioni e attraverso le interviste l’artista ci
rivela parte dei suoi punti di riferimento (Salvator Dalì, John Grahm, Willem
de Kooning, Philip Guston, Francis Picabia, Sigmar Polke, Jackson Pollock,
Robert Rauschemberg, Georg Baselitz), dimostrando il proprio interesse per un
approccio peculiare, che va ben al di là del “buon gusto”.
All’inizio
della carriera, negli anni settanta, la sua pittura – e la sua pratica in
generale – fu duramente criticata. Con il ricorso a supporti diversi – specchi,
stoffe, affiche – Oehlen si è progressivamente liberato dai modi più stridenti,
dai temi più diretti, per rivolgersi fin dagli anni ottanta verso l’astrazione
assumendosi sempre più rischi. L’artista ha un senso del paradosso, come
attestano i suoi Computer Paintings che
sono dipinti e i collage che diventano “quadri”.
Fin
dall’inizio egli affina questa qualità, ma le tiene a distanza mantenendole
allo stesso tempo a portata di mano, consapevole dell’esistenza di diverse
“storie di pittura” e del rapporto con il reale. Il lavoro di Oehlen fa pensare
alle realtà del mondo senza che lui ne parli mai esplicitamente, ma piuttosto
come un’eco. In questo modo l’artista ci spinge costantemente a spostare sempre
più in là i nostri limiti e i nostri pregiudizi, per lasciarci guidare da una
musica fino a quel momento ancora sconosciuta.
Sono convinto di non poter
raggiungere la bellezza attraverso una via diretta, può essere solo il
risultato di un insieme di riflessioni. Altrimenti dobbiamo ritornare al suono
puro e originale che genera la felicità, e io ci credo. […]
Albert Oehlen <<Monopoli>>, 2010
Maria Paola Forlani
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