Maestri “A rischio”
Il cantiere del Duomo
di Siena
E le “teste Grandi”
Per la facciata del
Battistero
Nei locali
della cosiddetta Cripta del Complesso Monumentale del Duomo di Siena si è
inaugurata la mostra Maestri “a rischio”. Il cantiere del duomo
di Siena e le “teste grandi” per la facciata del battistero. Promossa
dall’Opera della Metropolitana, in collaborazione con Opera Civita, a cura di
Roberto Bartalini e Alessandro Bagnoli (catalogo Sillabe)
Per la prima
volta sono state esposte al pubblico otto grandi sculture raffiguranti delle
teste maschili e femminili, in origine collocate nella parte alta della
facciata del battistero senese, incompiuta rispetto al progetto originario. Le
protomi sono state estratte dalla facciata del battistero per poterne garantire
la conservazione e sono state sostituite in
loco da calchi: la secolare esposizione delle sculture agli agenti
atmosferici e all’inquinamento ha infatti provocato una generale corrosione
degli strati superficiali del marmo e, in alcuni casi, delle fessurazioni e la
forte alterazione dell’intaglio lapideo. Dopo un attento restauro, le sculture
sono presentate al pubblico con un elaborato allestimento museografico, che
evoca la loro funzione e collocazione originarie.
Non è facile
dire se la committenza intese affidare a queste sculture un qualche
significato. Oggi ne percepiamo soprattutto la valenza ‘ornamentale’, che
dovette almeno in parte presiedere fin dall’origine all’ideazione della serie,
destinata a enfatizzare lo stacco della cornice marcapiano posta a coronamento
di quest’ordine di facciata. Grazie alla capillare documentazione dei lavori
nel cantiere della cattedrale nel corso del XIV secolo, sappiamo con certezza
nel 1355-1357 si stava lavorando in questa zona nella fabbrica del duomo. Le
sculture si possono così riconoscere come le otto conservate di una serie di
“teste grandi” che furono realizzate nel corso dell’estate e dell’autunno
dell’anno 1356. Solo le sculture collocate nella sezione centrale della
facciata si sono conservate; sono invece perdute quelle delle aeree sinistra e
destra.
Sotto la
direzione del capomastro del momento, lo sculture Domenico d’Agostino, che
diresse il cantiere del duomo dal 1350 al 1358 e di nuovo nel 1362, le “teste
grandi” furono intagliate da cinque diversi scultori, pagati con modalità di
retribuzione che al tempo si definiva “a rischio”, ossia non secondo il
tradizionale pagamento “a giornata”, bensì in base al numero dei “pezzi”
lavorati.
Senza alcuna
‘paternità’, non possono rimanere, al momento, le sculture in realtà più
impressionanti del ciclo: l’espressionistica testa dalle orecchie a sventola,
il volto della donna affilato e della preziosa acconciatura a boccoli, la testa
dell’uomo in età e dai capelli cortissimi, dalla forte presa emotiva, che a
Enzo Carli richiamò alla mente addirittura il Profeta Abacuc scolpito da Donatello per il fiorentino Campanile di
Giotto (il cosiddetto “Zuccone”). Non sembrano avere paralleli nella scultura
di secondo Trecento a Siena, né paiono anticipare l’opera di scultori
altrimenti noti. Per quanto, dunque, gli autori restino celati, il loro nome
deve nascondersi tra quelli di Giovannino di Cecco, Paolo di Matteo e Domenico
di Vanni, gli altri tre maestri impegnati “a rischio” in quell’estate-autunno
del 1356 nella serie delle “teste” e in altri elementi d’ornato per l’area
orientale della cattedrale.
Maria Paola
Forlani
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