Arte e magia
Il fascino
dell’esoterismo
In Europa
La natura è un tempio ove colonne
viventi
Confuse parole a volte van
mormorando;
L’uomo va in foreste di simboli
passando
Che lo guardano con occhi familiari
intenti.
Come lunghi echi che da lontano si fondono
In una tenebrosa unità e immensa
Profonda come notte e come luce
intensa
I profumi i colori i suoni
rispondono.
Charles
Baudelaire
Arte e Magia. Il
fascino dell’esoterismo in Europa (promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e
Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, a Palazzo Roverella
sino al 27 gennaio, a cura di Francesco Parisi, catalogo SilvanaEditoriale)
indaga i rapporti tra le correnti esoteriche in voga tra 1860 e gli anni
immediatamente successivi al primo conflitto mondiale, in particolare tra il
pensiero magico-irrazionalista e la sua influenza sulle arti figurative
europee.
Suddivisa per suggestive sezioni tematiche, la mostra dispiega una
vasta costellazione di espressioni artistiche che evidenziano quanto il
pensiero esoterico abbia influenzato sia gli sviluppi del Simbolismo europeo
sia, in molti casi, la nascita stessa delle avanguardie storiche.
In campo
filosofico l’illuminismo aveva espunto ogni afflato trascendentale proponendo
una concezione utilitaristica dell’uomo e della sua anima e un universo che si
muoveva secondo leggi immutabili. Eppure fu proprio durante l’illuminismo che
streghe, diavoli, maghi, spettri e altri equivoci personaggi divennero un
pretesto letterario in un mutamento di prospettiva che partiva dall’interesse,
mai sopito, per l’alchimia come ponte fra l’ambito scientifico e quello
spirituale. La Biblioteca Lamiarum:
documenti e immagini della stregoneria dal Medioevo all’età moderna, ovvero
la mostra bibliografica e documentaria (Pisa, Palazzo della sapienza,
Biblioteca universitaria, 24 marzo – 23 aprile 1994) fu l’occasione per
conoscere un consistente nucleo di libri a soggetto stregonico e stampati dagli
albori della nostra civiltà tipografica fino al 1751 (date di pubblicazione
dell’Apologia del congresso notturno
delle Lammie di Girolamo Tartarotti), che fornirono una sorta di esemplare
iconologia per artisti e scrittori.
Maghi e streghe testimoniavano di fatto un
sentimento – che si rese pienamente manifesto col romanticismo – di rivolta
contro l’ordine sociale, evidenziando il parallelo contrasto tra una mentalità
mascherata da progressismo e quella nuova, più retriva e codina, in cui
convivevano sia una moderna tecnologia sia una élite di “maghi” o “gran
maestri” dediti ad antichi rituali e blasfeme parodie della liturgia cattolica
e alle messe nere descritte nel celebre romanzo Là-bas (1891) di Joris-Karl Huysmans.
Ė proprio in area francese che si svilupperà una rinascita del
soprannaturale, un revival della religiosità eterodossa, un ritorno al divino e
la cosiddetta “renaissance de l’occultisme”. Si trattava di una sorta di
rifiuto della secolarizzazione, un nuovo ellenismo che aveva i suoi profeti in
Eliphas Lévi e Joséphin Péladan, quest’ultimo fondatore dell’Ordine
kabbalstique e del Salon annuel de la Rose+Croix e teorico dell’arte idealista e
mistica in stretta relazione con il movimento simbolista internazionale.
Nella mostra
di Palazzo Roverella, una delle protagoniste indiscusse del percorso tematico,
trasversale a molte sezioni iconologiche e storiche, è indubbiamente la figura
della strega, rappresentata sia come matrice del sabba sia nella sua oscura
solitudine. Nelle arti figurative “fin de siécle”, tra le più celebri
rappresentazioni delle riunioni di streghe, svettano le Notti di Valpurga di Albert Welti e Otto Greiner, accompagnate da
una vastissima produzione grafica, specie di area germanica, da Ernest Baelach
e Paul Bürck. In aerea francese alle streghe
venivano associati i conigli piuttosto che i comuni animali notturni come lupi,
rospi e pipistrelli; si giustifica così la presenza di questo animale nella
litografia di Georges de Feure, Agli
animali del diavolo in corpo (1893) che mostra una strega accanto al suo
calderone magico con un coniglio sospeso a mezz’aria.
Anche il lupo veniva, per
la sua natura selvaggia e predatrice, posto al fianco alle menadi notturne in
volo: emblematica rappresentazione ne è Tre
donne e tre lupi (1892) di Eugéne Grasset, ambientata in una inquietante
foresta.
Il
quinquennio di Péladan vide protagoniste nei suoi Salon (1892-1897) alcune
delle figure più importanti del movimento simbolista: qui si affermarono miti
decadenti imbevuti di occultismo cattolico confinante spesso con il satanismo.
Péladan era rimasto fortemente affascinato dalle opere di Félicien Rops, Jean
Delville e Fernand Khnopff. Per lo scrittore mago, Rops – considerato l’unico
artista capace di cogliere l’essenza della spiritualità moderna nelle forme
contemporanee – eseguì lo straordinario frontespizio per Le Vice Suprême (1884),
mentre sia Khnopff che Delville avevano dato vita al perfetto ideale di
bellezza teorizzato da Péladan: l’androgino. I Salon de la Rose+Croix coincisero, più o meno, con
l’attività espositiva dei Nabis (1891-1900) che aprirono nuove strade di
reinterpretazione di un’arte “religiosa”, seppure eterodossa, ponendo l’accento
sull’autonomia della pittura piuttosto che su un vago programma
mistico-religioso.
Con il nuovo
secolo la ricerca artistica si sviluppò maggiormente all’interno del movimento
modernista in un’atmosfera dominata dal grande interesse per la cosiddetta
“ricerca dell’invisibile” che coinvolgeva anche la psichiatria e la nascente
psicanalisi, con la sua attenzione alle sfere liminari del sogno, dell’atto
mancato, e ovviamente del subconscio e dell’inconscio.
Inaspettatamente,
nel XX secolo, la seconda generazione dei teosofi inglesi, con i loro scritti,
riuscirono a stimolare molti artisti, spingendoli verso una “ricerca interiore”
manifestata attraverso le arti. Questa fu appunto la formula che Kandinskij
“seminò” nel dibattito artistico del XX secolo con il suo Lo spirituale nell’arte (1911).
Il moto Ex Oriente Lux apparve, in seguito, nel
sottotitolo del volume di Ėdoard Schurè Sanctuaires
d’Orient (Paris 1898).
Nel volume e nella sentenza, di cui non è possibile
accertare l’origine, il concetto di Oriente veniva allargato geograficamente e
indistintamente a diverse coordinate geografiche che andavano dall’Egitto
all’India passando per Israele. Tutto questo universo influenzò non solo la
letteratura ma, soprattutto, l’arte figurativa. La lettura di Schopehauuer,
dedicata alle scienze occulte (Spiritualismus
und Materialismus), Dresda 1858) fu fondamentale per molti appartenenti
all’eterogeneo movimento della Lebensreform che, strettamente connesso al culto
dell’Oriente, praticava una sorta di rifiuto del mondo, nel caso specifico un contra-mundus antiborghese, e voleva
ridefinire la qualità della vita.Uno dei centri di questo movimento fu la collina di Monescia ribatezzato Monte Verità, vicino ad Ascona, che attirò nel breve volgere di un decennio numerosi artisti, letterati e scrittori accomunati dall’idea di un’umanità autentica. Lo scrittore Emil Szittya nel suo Das Kuriositaten-kabinett (1923) definì Ascona un prodotto di tutte le “fantasie religiose” della terra, espressione perfetta che bene sottolineava il significato vacuo di tutte le tendenze occulte che avevano popolato i sogni spirituali di molti artisti all’alba della modernità.
Maria Paola
Forlani
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