I pittori della luce.
Dal Divisionismo al Futurismo
Il Mart di
Rovereto ha aperto, fino al 9 ottobre,
la mostra I pittori della luce. Dal
Divisionismo al Futurismo a cura di Beatrice Avanzi, Musèe d’Orsay; Daniela
Ferrari, Mart; Fernando Mazzocca, Università degli Studi di Milano e presenta
oltre 80 opere in sei sezioni cronologiche e tematiche: Il Divisionismo tra vero e
simbolo;
La luce della natura; La declinazione
simbolista. Una “pittura di idee”;
La declinazione realista. L’impegno
sociale; Verso il futurismo; La pittura futurista.
Come in
Francia, anche in Italia, sulla fine del secolo, la conoscenza delle teorie sul
colore conduce a una corrente artistica che, analogamente al pointeillsme, sostiene la necessità di
non mescolare i colori sulla tavolozza, ma di accostarli direttamente sulla
tela, puri, cosicchè la fusione avvenga nella rètina dell’osservatore. Poiché i
colori invece che fusi, sono divisi, questa corrente pittorica è detta
<<divisionismo>> con un termine che lo stesso Seurat avrebbe
preferito a pointillsme, ritenendolo
più adatto a esprimere la propria tecnica.
E,
analogamente a quanto accade in Francia, il divisionismo si carica spesso di
significati simbolici, come riaffermazione dell’intima spiritualità
dell’artista contro il verismo e quindi contro i macchiaioli.
Se ne
accorse bene Fattori, che ha sempre difeso il verismo, accusando i divisionisti
e i simbolisti, fra i quali un gruppo di suoi allievi, di mancare di
personalità, perché seguaci di un programma e di fare perciò <<una nuova
accademia convenzionale>>, come <<servi umilissimi di
Pissaro>>, aggiungendo: <<noi macchiaioli del tempo antico si
lottava ma nessuno correva dietro all’altro>>.
Le teorie
divisioniste sono state esposte da Gaetano Previati (Ferrara 1852 – Lavagna,
Genova, 1920) in alcuni scritti degli inizi del secolo nuovo, ma la corrente
era nata da qualche decennio con opere dello stesso Previati, di Segantini e di
Morbelli e già Vittore Grubicy de Dragon (Milano, 1851 – ivi, 1920) aveva
scritto entusiasta che con questa pittura <<si arrivava a rappresentare
la luce, e poiché tutto quello che si vede è luce , si potevano creare delle
immagini talmente simili agli aspetti della realtà, da parere prodigi>>,
esaltando però al tempo stesso <<il valore soggettivo dell’artificio
pittorico>>.
Il
divisionismo è un fenomeno principalmente lombardo, secondo una logica
continuazione storica della cultura locale che tende, dal Piccio alla
<<scapigliatura>>, a scorrere la forma nel pulviscolo atmosferico,
in opposizione alla razionale solidità toscana.
Il
divisionismo si configura, quindi, non come una filiazione del movimento
francese, ma come tendenza autonoma, che condivide con il pointillsme alcuni presupposti tecnici e teorici. Al centro
dell’indagine della pittura divisionista c’è la rappresentazione della luce, in
particolare dell’ambiente naturale. Liberatasi della tradizione paesaggistica,
la pittura divisa trova nell’ambiente una dimensione di unione tra l’uomo e la
natura e un tema privilegiato di indagine luministica.
Pur nelle
differenze stilistiche e tematiche tra un pittore e l’altro, che in mostra sono
sottolineate e poste a confronto, alcune questioni, largamente condivise,
emergono con forza. L’interesse per il mondo operaio, per esempio, o la
predominanza di opere dedicate a tematiche politiche e sociali, evidenzia un
cambiamento di gusto e un’attenzione alle condizioni delle classi più disagiate
e alle disparità sociali senza precedenti che permette alla pittura di assumere
una dimensione collettiva e politica lontana dal pietismo della pittura di
genere dei decenni precedenti.
Dalla forza
di questa nuova poetica e sulle sue basi tecniche scaturisce all’inizio del
‘900, il Futurismo. Il maggiore movimento d’avanguardia italiano si sviluppa
intorno alle idee del poeta Filippo Tommaso Marinetti che nel febbraio 1909
irrompe sulla scena artistica con il Manifesto Futurista, pubblicato sulla
prima pagina de “Le Figaro”.
All’appello aderiscono Umberto Boccioni, Giacomo
Balla, Carlo Carrà, Luigi Russolo e Gino Severini che nell’aprile dell’anno
successivo firmano il Manifesto tecnico
della pittura futurista, in cui proclamano che “non può sussistere pittura
senza Divisionismo”, indicando nella comune formazione divisionista il
substrato di partenza del movimento.
La scomposizione della luce associata a
quella forma e a una vocazione alla rappresentazione del movimento e della
velocità della vita moderna proiettano l’arte italiana nel cuore del coevo
dibattito artistico europeo. La città industriale in piena crescita, le
periferie urbane in espansione, il dinamismo e il progresso sono temi che
caratterizzano questa nuova ricerca.
Per rendere
questa globalità carica di “significati” e di “moto” nelle arti visive,
immobili per costituzione, il futurismo si serve, in pittura, principalmente
delle <<linee forza>>; poiché la linea agisce psicologicamente su
noi con significato direzionale, essa, collocandosi in varie posizioni, supera
la sua essenza di semplice segmento e diventa <<forza>> centrifuga
o centripeta, mentre oggetti e colori si sospingono in una catena di
<<contrasti simultanei>>, determinando la resa del
<<dinamismo universale>>.
MARIA PAOLA
FORLANI
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