Salvatore Nocera
Un decennio di ritardo
Bologna
ricorda Salvatore Nocera, a dieci anni dalla sua scomparsa, con la prima
personale del pittore nella sua città di nascita, nella Sala Ercole di Palazzo
d’Accursio, fino 23 luglio 2017. La mostra dal titolo Salvatore Nocera. Un decennio di ritardo è stata curata da Elisa
del Prete (catalogo associazione Bologna per le Arti). L’esposizione è nata da
un’idea di Mario Giorgi, autore che ha conosciuto l’artista in vita, e
realizzata grazie a Eva Picardi e alla madre Felicia Muscianesi, eredi
testamentarie di Nocera e promossa nell’ambito delle attività dell’Associazione
Culturale Bologna per le Arti.
Salvatore
Nocera nasce il 4 luglio 1928 a Bologna da una madre bolognese, Antonia
Mazzanti, proprietaria della Locanda Galliera, e padre siciliano che li
abbandonerà quasi subito. Grazie al sostegno incondizionato della madre Nocera
studia prima alla facoltà di Architettura di Firenze, rinunciando tuttavia di
laurearsi, quindi frequenta per alcuni anni, tra ’52 e’53, l’Accademia di Belle
arti di Bologna. Ben voluto e sostenuto per il suo talento artistico da
Virgilio Guidi, preferirà iniziare il suo percorso artistico da autodidatta
come scultore, frequentando i laboratori di Ugo Guidi e Cleto Tomba, per
dedicarsi poi quasi subito alla pittura.
Ѐ del 1949 la sua partecipazione al Premio Cremona con un grande Crocefisso accettata grazie
all’intervento di Carlo Carrà, presidente di giuria, contro il parere degli
altri membri. Nel ’53 realizza la sua prima bi-personale a Venezia assieme
all’amico pittore Emilio Contini – con una presentazione di Virgilio Guidi – in
cui propone una serie di disegni.
Nel corso
degli anni Cinquanta, con il diffondersi in Italia di una serie di iniziative
espositive legate alla celebrazione della Resistenza, Nocera viene invitato a
partecipare a diverse mostre in regione assieme a altri artisti figurativi tra
cui Aldo Borgonzoni, con cui l’artista coltiva uno scambio proficuo in una fase
in cui a Bologna sta invece iniziando ad affermarsi un tipo di pittura astratta
e volutamente ”disimpegnata” che sfocerà poi nell’informale.
Presto però
si trova a prendere le distanze da un tipo di realismo sociale in cui non
riesce a riconoscersi, per dedicarsi invece a una ricerca pittorica del tutto
personale, in cui mescola l’ordine della pittura contemporanea del gruppo milanese
Novecento alla grande pittura italiana rinascimentale dei cieli veneti e delle
forme statuarie di Piero della Francesca e Masaccio. Nel ’54 incontra Carolina
Agosti che diventerà sua moglie. In seguito al matrimonio si trasferisce a Caprino
Veronese, dove la moglie gestisce la farmacia di famiglia.
Dal 1959 si
reca periodicamente a Parigi. Affitta uno studio in Boulevard de Clichy a
Montmartre, quartiere denso di vita intellettuale, dove risiedevano anche
diversi altri artisti italiani.
Iscritto al
sindacato Nazionale degli Artisti Francesi, partecipa con regolarità al Salon
des Indépendants e al Salon d’Automne dove all’inizio degli anni Novanta
esporrà anche il suo ultimo lavoro, un trittico di oltre 6 metri, un’opera dall’umore
testamentario che tra colpi di colore, scritte, volti cancellati, svela la
condizione di inquietudine che lo fa stare davanti alla tela per tutta la vita.
Ѐ a Parigi che, finalmente a contatto con una scena artistica di più ampio
respiro, Nocera giunge alla maturazione di una ricerca pittorica più astratta
che attinge ancora una volta alla storia dell’arte, per tradurre, sempre in
chiave del tutto singolare, l’ultimo impressionismo in un espressionismo più attuale.
Lo stesso Arcangeli definisce, questo momento
del 1954 l’ <<Ultimo Naturalismo>> e che attingendo alla scuola
parigina, venne poi generalmente classificato come informale, una ricerca pittorica dall’impronta decisamente più
astratta e materica che detterà legge a Bologna per almeno un ventennio. Le
opere di Nocera, sedotto dall’informale, sono di una sensibilità quasi
corrosiva, come se il pittore volesse bruciare rapinosamente il contatto con la
natura e le sue presenze. Pennellate rapide e quasi strappate, nervose nell’intreccio;
colori e fondi caldi, intrisi d’umori, tali da alludere a maturazioni avvenute
e materie prossime al disfacimento. Tuttavia la sua ricerca non abbandonerà mai
la figurazione e anche laddove l’espressione si farà più astratta non sarà mai
rivolta a un’indagine puramente concettuale bensì sarà sempre guidata dalla necessità
di penetrare ulteriormente le possibilità formali, di andare oltre la
rappresentazione per giungere a una figurazione potenziale.
Dopo il
fallimento del primo matrimonio e momenti di grande solitudine e depressioni
ritroverà coraggio e nuove linfe di ricerca intellettuale con una nuova musa, Felicia Muscianesi
psicoterapeutica ed appassionata d’arte.
Gli ultimi
vent’anni di produzione sono caratterizzati da una pittura fortemente materica
e bulimica, di cui l’artista, affidandosi anche a collage e assemblage come
alle fotografie e alla carta stampata, sembra voler esprimere in modo ossessivo
nuove forme e materiali (spesso trovati per caso: carta assorbente, da regalo,
vecchi poster e cartoline, etc.), dimostrando una flessibilità tecnica e
mentale, e una fiducia nelle possibilità dell’arte e dell’espressione, assai
rare tra i suoi contemporanei
.
La sua è una
rassegnazione ultima di fronte all’impossibilità di fare, del fare davvero, un
tentativo ultimo di restare vivo, nella pittura e nell’arte, fino in fondo,
come sempre è stato consapevole dell’unica sua ragione di vita.
Negli ultimi
anni le cromie si fanno sempre più evanescenti, al limite della presenza, la
sua ricerca più sottile, leggera, quasi trasparente. L’arte non muore ma
svanisce.
Di Nocera
restano alcuni diari che pur non avendo una vera e propria forma letteraria
raccolgono interessanti spunti e appunti su riferimenti, visioni, altri autori
Salvatore
Nocera muore a Bologna il 5 settembre del 2008.
La
collezione dei suoi libri, oltre 8000 volumi, è stata donata alla biblioteca
Comunale dell’Archiginnasio.
Maria Paola
Forlani
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