Gli Uffizi e il territorio
Bozzetti di Luca
Giordano e Taddeo Mazzi
Per due grandi
complessi monastici
Le Gallerie
degli Uffizi presentano al pubblico una mostra, a cura di Alessandro Griffo e
Maria Matilde Simari (catalogo Giunti) in cui vengono focalizzate due delle
nuove acquisizioni più importanti operate nell’ultimo biennio: due bozzetti
rispettivamente di Luca Giordano e Taddeo Mazzi, preparatori di ben più
ampie decorazioni ad affresco o su tela che si trovano in complessi monastici
di Firenze e del contado.
Legati il
primo (Luca Giordano) agli affreschi della Cappella Corsini nella basilica
fiorentina di Santa Maria del Carmine (1682) e il secondo (di Taddeo Mazzi) a
una pala realizzata per la cappella dell’Antella presso il santuario di Monte
Senario (1725 – 1726), essi ribadiscono lo stretto rapporto che unisce il museo
fiorentino al territorio: le due piccole tele infatti richiamano grandi cicli
decorativi che fanno parte del tessuto storico e artistico della città e dei
suoi dintorni e rappresentano, inoltre, un invito a visitare luoghi di grande
fascino ma meno noti al grande pubblico.
Le qualità
pittoriche presenti in entrambi i bozzetti confermano le ragioni della fortuna
di un genere artistico apprezzato dal collezionismo per il formato ridotto e
per quei caratteri di virtuosismo sintetico e di brio esecutivo propri delle
opere “non finite”. Con essi si esemplifica molto bene uno degli aspetti
cruciali del collegamento tra museo e territorio. Infatti, essendo parte del
processo creativo all’interno della bottega dell’artista, dello sviluppo verso l’opera finale – pari ai disegni
preparatori già collezionati da Giorgio Vasari nel suo leggendario Libro, il bozzetto si collega in maniera
strettissima ad opere presenti in città e nei dintorni, opere che tuttavia non
si possono spostare (come il caso degli affreschi di una cupola) o non si
devono traslocare (come è il caso di una pala d’altare dipinta per un insieme
architettonico – decorativo).
Per
l’occasione, i due dipinti vengono accompagnati dagli autoritratti di Luca
Giordano e di Taddeo Mazzi, presenti agli Uffizi già da epoca granducale, e da
due ulteriori bozzetti storicamente in rapporto con le nuove acquisizioni.
Nella Sala del Camino sono così esposti anche un bozzetto di Luca Giordano
proveniente dalla Galleria Corsini – sempre riferibile alla volta affrescata
della cupola della cappella del Carmine con la scena della “Dedicazione della
Cappella” – nonché uno studio per l’affresco della volta della navata della
chiesa di Montesenario, dipinto nel 1718 da Anton Domenico Gabbiani, di
proprietà della Galleria degli Uffizi.
Quando il
pittore napoletano Luca Giordano (1632 – 1705) arrivò a Firenze nel 1682 per il
suo secondo soggiorno in città era già pittore celebre e ricercato. I cugini
Bartolomeo e Neri Corsini, membri di una delle più eminenti famiglie
fiorentine, gli avevano commissionato un’imponente opera ad affresco per
decorare la grande cupola della cappella di famiglia nella basilica di Santa Maria
del Carmine. Le pitture dovevano celebrare l’antenato Andrea Corsini,
carmelitano e vescovo di Fiesole, che nel 1629 era stato canonizzato. Il
soggetto scelto con Sant’Andrea Corsini
viene accolto nella gloria celeste dalla santissima Trinità fu sviluppato
da Luca Giordano con piena sensibilità barocca dilatando pittoricamente lo
spazio della cupola e popolando di una folla di personaggi raffigurati in una
straordinaria varietà di pose e volti.
Le fonti
antiche ricordano che tre accurati bozzetti furono realizzati nei primi mesi
del 1682 da Giordano come elaborazioni o “pensieri” relativi agli affreschi
della cupola. Uno di essi, proprio quello raffigurante la scena principale con
Il Santo Corsini che ascende al cielo, da molti decenni era considerato
disperso. Ricomparso sul mercato antiquario in occasione della Biennale
dell’Antiquariato del 2015, il bozzetto di Luca è stato nel 2016 acquistato
dalle Gallerie degli Uffizi per conservare al patrimonio pubblico questa
preziosa testimonianza legata alla maggior impresa barocca degli ultimi decenni
del Seicento fiorentino.
Nativo di
Palagnedra (Svizzera) Taddeo Mazzi venne accolto nel 1694, appena diciottenne
nella compagnia di San Carlo Borromeo di via dei Calzolai, naturale riferimento
per la cospicua comunità lombarda che a Firenze vedeva presenti altri artisti
ticinesi, specialmente stuccatori. Con loro il pittore lavorò all’impresa
decorativa della cappella dedicata a Manetto
dell’Antella, presso il santuario servita di Monte Senario, dove realizzò
gli affreschi della cupola e la pala d’altare il cui bozzetto è esposto in
mostra. Per piglio esecutivo della pittura raggrumata e veloce la teletta lo
rivela efficace rappresentante della cultura figurativa fiorentina del primo
Seicento, attento inoltre alla tradizione del secolo precedente come suggerisce
la composizione arcaizzante, confrontabile con i dipinti di un’altra cappella
legata sempre ai dell’Antella, alla Santissima Annunziata, chiesa appartenente
al medesimo ordine dei Servi di Maria. Databile al 1726 l’opera si pone a
chiusura di un’attività del Mazzi dedita in esclusiva a soggetti di argomento
religioso, che lo documenta in contatto anche con l’ambiente del granduca
Cosimo III e della figlia Anna Maria Luisa, Elettrice Palatina. Di
quest’ultima, presso la villa della Quiete, si conserva un ritratto di mano
dell’artista che la raffigura in veste di Sant’Anna: un omaggio al nome proprio
della principessa e alle doti di devozione dell’ultima Medici, che volle legare
a Firenze il patrimonio artistico della famiglia tutt’ora agli Uffizi.
Maria Paola
Forlani
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