Il Rinascimento giapponese: la natura
nei dipinti su
paravento dal XV al XVII secolo
Per la prima
volta in Italia trentanove grande dipinti su paraventi pieghevoli (“byōbu) e porte scorrevoli
(“fusuma”) provenienti da templi
buddisti, musei nazionali, municipali e privati oltrechè dall’agenzia per gli
affari culturali del Giappone e che presentano i grandi temi dell’epoca d’oro
della pittura giapponese dal XV al XVII secolo, sfilano ora a Firenze alle
Gallerie degli Uffizi ( Aula nagliabechiana), a cura di Rossella Menegazzo
(catalogo Giunti), aperta fino al 7 gennaio 2018.
Si tratta di
secoli di grande subbuglio politico per il Giappone, segnato da continue
battaglie interne tra clan che dal XII secolo si contendono il potere portando
alla separazione della capitale amministrativa da quella imperiale che rimane
stabile a Kyoto fino al 1868. Una separazione che segna anche gusti e gli stili
artistici, mantenendo da una parte lo sguardo ai classici cinesi, dall’altra a
quelli propri, dando vita a stili e interpretazioni originali, che rispondono
alle esigenze di grandi e facoltose committenze, con una fioritura delle arti a
trecentosessanta gradi che può essere interpretata come un vero e proprio
Rinascimento.
Due sono i
grandi filoni che si possono individuare in questo senso in pittura: quello in
stile autoctono (“Yamatoe”) e quello in stile cinese (“Kanga”). Lo “Yamatoe”
(letteralmente pittura giapponese) è lo stile che si sviluppa in maniera
autonoma in Giappone a partire dal Mille in ambito imperiale, dando vita a
rotoli illustrati e paraventi con una varietà di colori brillanti a cui
potevano aggiungersi decorazioni d’oro, argento e mica con soggetti legati a un
paesaggio tipicamente giapponese e ad attività secolari. Un esempio
straordinario è la coppia di paraventi Paesaggio
con sole e luna dove il verde malachite e il bianco delle dolci colline
costellate di pini è completato dal disco del sole dorato e dalla falce di luna
argentata su ciascun paravento applicati con lastre metalliche al supporto pittorico.
Un intervento che esemplifica anche lo stretto rapporto tra arte pittorica e
tecniche artigianali tipiche della lavorazione della lacca, del metallo, della
ceramica, dei tessuti, esistente in Giappone ancora oggi e che si concretizza
anche con rigonfiamenti del pigmento di bianco d’ostrica (“gofun”) per rendere
petali di fiori, piume di uccelli o artigli di rapaci così come nuvole dorate
tridimensionali.
L’altro
importante filone è il “Kanga” (letteralmente pittura cinese) con carattere
manifestamente cinese e che in Giappone comincia a diffondersi al più tardi nel
XIV secolo. Queste pitture si caratterizzano per i colori tenui e limitati e
una preferenza per tonalità d’inchiostro nero, calibrate abilmente dal pittore
che con quelle tonalità esprime non solo gli elementi del paesaggio, ma anche
la luce e l’aria che li avvolgono.
Esempi dell’influenza cinese sono i tanti
paraventi sul tema di fiori e uccelli (“Kacho”) delle quattro stagioni
(“shiki”) e il capolavoro Scimmie e
foresta di bambù di Hasegwa Tōhaku del tardo XVI secolo. Qui si
legge non solo la maestria della resa delle atmosfere e dei vapori quasi
tangibili che avvolgono il boschetto di bambù, ma anche i significati simbolici
attribuiti alla natura, tipici della tradizione buddista zen. I gibboni infatti
sono uno dei soggetti classici utilizzati per illustrare l’illusorietà della
condizione umana, qui esemplificata dal braccio teso ad afferrare il riflesso
della luna sull’acqua, ma anche, in questo caso, l’amore familiare.
Alla fine
del XV secolo entrambi gli stili avevano pittori specializzati che rispondevano
alle grandi committenze di samurai per castelli e residenze aristocratiche, ma
anche di templi, che andavano adottando temi secolari e in particolare il tema
della natura anche nell’ambito degli spazi sacri. Ѐ evidente che il sentimento verso la
natura della cultura giapponese è profondo e si può dire anche religioso sin
dalle origini: fiori, piante, animali, cambiamenti stagionali segnano tanto
l’ambito artistico e letterario quanto la ritualità della vita quotidiana, dal
Kimono indossato all’arrangiamento floreale della stanza fino anche alla
decorazione del paravento con cui si modula l’atmosfera di un ambiente, rendendolo
più o meno spazioso, luminoso, austero, fastoso, o dimostrazione di potere
verso chi si accoglie.
Maria Paola
Forlani
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