sabato 9 dicembre 2017

IL RINASCIMENTO GIAPPONESE

Il Rinascimento giapponese: la natura nei dipinti su
paravento dal XV al XVII secolo


Per la prima volta in Italia trentanove grande dipinti su paraventi pieghevoli  (“byōbu) e porte scorrevoli (“fusuma”)  provenienti da templi buddisti, musei nazionali, municipali e privati oltrechè dall’agenzia per gli affari culturali del Giappone e che presentano i grandi temi dell’epoca d’oro della pittura giapponese dal XV al XVII secolo, sfilano ora a Firenze alle Gallerie degli Uffizi ( Aula nagliabechiana), a cura di Rossella Menegazzo (catalogo Giunti), aperta fino al 7 gennaio 2018.

Si tratta di secoli di grande subbuglio politico per il Giappone, segnato da continue battaglie interne tra clan che dal XII secolo si contendono il potere portando alla separazione della capitale amministrativa da quella imperiale che rimane stabile a Kyoto fino al 1868. Una separazione che segna anche gusti e gli stili artistici, mantenendo da una parte lo sguardo ai classici cinesi, dall’altra a quelli propri, dando vita a stili e interpretazioni originali, che rispondono alle esigenze di grandi e facoltose committenze, con una fioritura delle arti a trecentosessanta gradi che può essere interpretata come un vero e proprio Rinascimento.

Due sono i grandi filoni che si possono individuare in questo senso in pittura: quello in stile autoctono (“Yamatoe”) e quello in stile cinese (“Kanga”). Lo “Yamatoe” (letteralmente pittura giapponese) è lo stile che si sviluppa in maniera autonoma in Giappone a partire dal Mille in ambito imperiale, dando vita a rotoli illustrati e paraventi con una varietà di colori brillanti a cui potevano aggiungersi decorazioni d’oro, argento e mica con soggetti legati a un paesaggio tipicamente giapponese e ad attività secolari. Un esempio straordinario è la coppia di paraventi Paesaggio con sole e luna dove il verde malachite e il bianco delle dolci colline costellate di pini è completato dal disco del sole dorato e dalla falce di luna argentata su ciascun paravento applicati con lastre metalliche al supporto pittorico.
Un intervento che esemplifica anche lo stretto rapporto tra arte pittorica e tecniche artigianali tipiche della lavorazione della lacca, del metallo, della ceramica, dei tessuti, esistente in Giappone ancora oggi e che si concretizza anche con rigonfiamenti del pigmento di bianco d’ostrica (“gofun”) per rendere petali di fiori, piume di uccelli o artigli di rapaci così come nuvole dorate tridimensionali.

L’altro importante filone è il “Kanga” (letteralmente pittura cinese) con carattere manifestamente cinese e che in Giappone comincia a diffondersi al più tardi nel XIV secolo. Queste pitture si caratterizzano per i colori tenui e limitati e una preferenza per tonalità d’inchiostro nero, calibrate abilmente dal pittore che con quelle tonalità esprime non solo gli elementi del paesaggio, ma anche la luce e l’aria che li avvolgono.
Esempi dell’influenza cinese sono i tanti paraventi sul tema di fiori e uccelli (“Kacho”) delle quattro stagioni (“shiki”) e il capolavoro Scimmie e foresta di bambù di Hasegwa Tōhaku del tardo XVI secolo. Qui si legge non solo la maestria della resa delle atmosfere e dei vapori quasi tangibili che avvolgono il boschetto di bambù, ma anche i significati simbolici attribuiti alla natura, tipici della tradizione buddista zen. I gibboni infatti sono uno dei soggetti classici utilizzati per illustrare l’illusorietà della condizione umana, qui esemplificata dal braccio teso ad afferrare il riflesso della luna sull’acqua, ma anche, in questo caso, l’amore familiare.

Alla fine del XV secolo entrambi gli stili avevano pittori specializzati che rispondevano alle grandi committenze di samurai per castelli e residenze aristocratiche, ma anche di templi, che andavano adottando temi secolari e in particolare il tema della natura anche nell’ambito degli spazi sacri. Ѐ evidente che il sentimento verso la natura della cultura giapponese è profondo e si può dire anche religioso sin dalle origini: fiori, piante, animali, cambiamenti stagionali segnano tanto l’ambito artistico e letterario quanto la ritualità della vita quotidiana, dal Kimono indossato all’arrangiamento floreale della stanza fino anche alla decorazione del paravento con cui si modula l’atmosfera di un ambiente, rendendolo più o meno spazioso, luminoso, austero, fastoso, o dimostrazione di potere verso chi si accoglie.



Maria Paola Forlani


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