Incontro e Abbraccio
Nella Scultura del Novecento da Rodin a
Mitoraj
Si
è aperta a Padova la mostra “Incontro e Abbraccio nella scultura del Novecento
da Rodin a Mitoraj” nel Palazzo del Monte di Paschi, fino al 9 febbraio 2020, a
cura di Alfonso Pluchinotta in collaborazione con Maria Beatrice Autizi.
Una
mostra dalla forte attualità sociale, e, non a caso, a promuoverla è la
Fondazione Salus Pueri, onlus creata nel 1992, a Padova, per far sì che la Pediatria
del locale Politecnico sia sempre più “casa”, naturalmente temporanea ma
familiare, per i più piccoli.
Mostra
d’arte, quindi, a sviluppo tematico – tra le poche in Italia – “Incontro e
Abbraccio” esplora, attraverso una potente rassegna di bel 120 sculture del
Novecento, le molteplici singolarità della condizione umana. 120 opere, spesso
capolavori, di Auguste Rodin, Vincenzo Gemito, Arturo Martini, Pietro Canonica,
Jacque Lipchitz, Agenore Fabbri, Virgilio Guidi, Luciano Minguzzi, Fernad
Legér, Henry Moore, Marchel Duchamp, George Segal, Salvator Dalì, Lorenzo
Quinn, Igor Mitoraj fino alle tendenze iconiche di fine secolo.
Tutte
riunite per sottolineare le tante “attese” da cui siamo circondati. “Attese” di
persone che chiedono il sostegno di una parola, il riconoscimento di uno
sguardo, la condivisione di un gesto.
L’obiettivo
di un percorso espositivo così concepito è quello di offrire una visione
dell’Uomo, aperto e positivo, in contrapposizione a chiusure, indifferenza o
disimpegno.
In
ragione di questo obiettivo, la scelta delle opere e la loro collocazione in
mostra non risponde ad una cronologia di realizzazione, a ragioni di assonanza
stilistica o ad altri criteri che afferiscono alla storia e critica d’arte. La
scelta è condotta su tutt’altro registro, persino più affascinante e certo coinvolgente:
a fare da filo conduttore sono precisi temi in dialogo tra loro: il cammino
della vita, la formazione, l’incontro, la relazione, la lontananza, l’attesa e
la compassione.
“tra
le espressioni artistiche, - scrive Maria Beatrice Autizi -, la scultura è
quella che riesce a rappresentare meglio le problematiche dell’uomo, per la
tridimensionalità e per la relazione dei corpi e delle forme nello spazio:
quello spazio intimo della materia che racconta il corpo trasformandolo in
forma e luogo di accadimenti nelle più diverse modulazioni, ora armoniche in
una compostezza classica, ora enfatizzando il movimento con cui la materia
racconta se stessa, ora sollecitando le superfici con tonalità impressioniste,
o ripiegando su narrazioni liriche, o simboliche, o metafisiche”.
L’opera
d’arte scultorea si fa qui sollecitazione, introspezione, ricerca delle forme e
dei gesti. L’arte plastica esalta la complessità dei volumi e richiama sul
dettaglio, aspetto valorizzato dalla possibilità data ai visitatori di rigirare
e toccare alcune delle opere in mostra.
Soprattutto
la figura umana a più dimensioni suscita osservazioni diverse, invita a
riflettere sulla vita, le sue grandezze e le sue fragilità, più di quanto
potrebbero le immagini bidimensionali di uso comune. “Ci stiamo diseducando
alla tridimensionalità, al tatto, alla durata che genera rappresentazione,
avvertendoci così di diventare osservatori frettolosi, meno capaci di cogliere
le disposizioni dell’animo e dell’affettività”, sottolinea Alfonso Pluchinotta.
Nell’epoca
digitale, l’Umanesimo appare sempre più lontano, scavalcato (ma non domato)
dalla velocità e dalle nuove possibilità di comunicazione, che limitano
l’esercizio dell’attenzione e della riflessione, il farsi della sedimentazione
e della memoria, la dimensione reale e rispondente dei contatti.
Significativa,
in mostra, è l’opera di Arturo Martini Figliol Prodigo, 1926 (bronzo a
patina medaglia, cm.219x149x100).
Martini
rivisita il brano evangelico del Figliol Prodigo, imprimendovi il segno della forza
immediata dei sentimenti. Due figure di eguale grandezza si incontrano
lentamente, definendo il gesto in cui l’incontro culmina: l’abbraccio della riconciliazione,
nel quale il figlio sembra gettarsi con tutto il peso del suo pentimento. Nella
fissità dello sguardo del padre si legge il tempo dello smarrimento, che
prelude al momento del riconoscimento.
Nelle sue mani protese, l’una posata
sulla spalla, l’altra a sorreggere il corpo del figlio, il padre porta la
rivelazione dell’Amore che, trasceso il suo sgomento, si fa spazio tra luci e
ombre, tra esitazione e stupore e si riversa nella piena accoglienza
dell’abbraccio.
M.P.F.
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