Henri Rousseau.
Il candore arcaico
Henri Rousseau (1844-1910)
detto il Doganiere è ritenuto senz’altro il pittore naïf più importante dei tempi moderni. Nato a Laval, era stato addetto alla
dogana di Parigi. Dipingeva quasi segretamente, dedicandosi anche alla musica.
Solo nel 1885 riuscì a presentare qualche dipinto al Salon des Indépendants.
Dopo un’esposizione al Salon d’Automne, nel 1905, strinse amicizia con Picasso,
Delaunay e Apollinaire, che subito ebbero a stimarlo e a farlo conoscere.
Morirà in un letto miserabile
dell’ ospedale Neeker di
Parigi, questo gentile e bizzarro vecchietto che, in un momento di euforia
aveva detto a Picasso:<< Noi due siamo i più grandi pittori
dell’epoca>>, ma la sua opera rimarrà come il più alto tributo dell’arte
ingenua.
Forse il momento più magico
della sua pittura è raggiunto dal Doganiere con la serie dei dipinti esotici
realizzati dopo il 1891, nei quali gli schemi formali sembrano coincidere con
gli stessi archetipi, esserne cioè l’esatta proiezione.
La <<Stimmung>> magica di opere
come Tempesta nella giungla, del
1891, o
Zingara dormiente, del 1897, trova riscontro nei quadri della maturità, come
L’incantatrice di serpenti o Il sogno di
Yadviga eseguiti dopo il 1907.
La lunga favola di Rousseau
non si costringe tuttavia ad una unica <<elegia bianca>>.
Questo tipico rappresentante
della piccola borghesia francese non manca di rapporti
con la civiltà del suo tempo:
le emozioni, le credenze, i miti assumono però le figurazioni fiabesche che
l’immaginazione ingenua gli detta con inesauribile freschezza. Egli si incanta
dinanzi alle conquiste del Progresso, ed esalta la pace riconoscendola unica
garanzia di quel Progresso, che gli scrittori del tempo scrivevano con
l’iniziale maiuscola, nel loro estremo ottimismo positivista.
Molte volte Rousseau sembra
respirare in un clima di Esposizione Universale.
E perciò paventa la guerra,
assurda distruttrice. Il pavento della catastrofe lo induce anzi a dipingere Guerra, dove il genio della morte
cavalca il buio mostruoso destriero sopra una turba di cadaveri e di moribondi,
fra alberi spogli dai rami spezzati.
Un ideale di fratellanza
universale gli suggerisce invece I
rappresentanti delle potenze straniere vengono a salutare la Repubblica in segno di
pace: qui, tutti i potenti della terra appaiono insieme per schiudere
all’umanità un’era di serena prosperità, mentre il popolo esulta facendo il
girotondo attorno al monumento.
In molti suoi quadri, poi, il
Progresso s’inserisce coi simboli più clamorosi di quegli anni: gli aerei di
Wright e di Blériot, il dirigibile <<Patrie>> e aerostati che
paiono sortire dalle pagine di Jules Verne.
A Rouseau la fondazione Musei
Civici di Venezia, con la collaborazione scientifica e i prestiti eccezionali
del Musée d’Orsay et de l’Orangerie di
Parigi, dedica una mostra, prodotta da 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore, con
oltre cento opere provenienti dalle più importanti istituzioni internazionali
(quaranta opere dell’artista e sessanta a confronto), ospitata nell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale con
il titolo Henri Rousseau. Il Candore
Arcaico, ( Catalogo 24 Ore Cultura), aperta fino al 5 luglio 2015. Il
progetto, nato da un’idea di Gabriella
Belli e Guy Cogeval, commissari
dell’esposizione, condiviso e sviluppato da illustri studiosi italiani e
stranieri, non vuole essere l’ennesima celebrazione della naïveté del pittore francese, ma piuttosto la presentazione di un lungo
percorso di studi iniziato da diversi anni per mettere nella giusta luce
critica e storiografica l’opera di Rousseau, figura
di riferimento per i grandi
protagonisti delle avanguardie storiche,
per intellettuali come Apollinaire
e
Jarry, per
grandi collezionisti come Wihelm Uhde e
Paul Guillaume, ma anche per tanti
pittori che precedettero e superarono le avventure cubiste e del futurismo: da
Cézanne a Gauguin, da Redon a Seurat, da Morandi a Carrà, da Frida Kahlo a
Diego Rivera, per
non dire di Kandinskij e Picasso. Tutti artisti presenti in
mostra con opere che dialogano coerentemente con quelle dipinte dal Doganiere nella
sua breve stagione creativa tra il 1885 e
il 1910.
Accanto a essi, una scelta
mirata di lavori esemplari di antichi maestri – da Liberale da Verona al Maestro
della Fruttiera Lombarda, da Giovanni
di ser Giovanni detto lo Scheggia a Francisco
Goya – per indagare, con un taglio critico assolutamente nuovo,
quell’ispirazione all’arcaismo che
vive nel corso dei secoli come parallela al classicismo e della quale l’opera
di Rousseau sembra essere lo spartiacque tra Otto e Novecento.
Un evento mai realizzato
prima d’ora in Italia, che attraverso otto sezioni tematiche consente di
ammirare alcuni dei più celebri capolavori del pittore francese, come il
celebre Ritratto-paesaggio (18889-90),
che l’artista considerava il primo “ritratto-paesaggio” della storia dell’arte.
Il cortile (1896-98) acquistato
personalmente da Kandinskiy ed esposto nella prima mostra del Blaue Raiter a
Monaco. La guerra o la cavalcata della
Discordia (1894) dipinta da Rousseau con quello sguardo innocente che
Ardengo Soffici, suo grande estimatore, definiva ricco di “ingenuità da
bambino”.
Fino alla fine della sua
vita, la ricchezza poetica mai venne a mancare al Doganiere:<< In lui –
scrisse lo studioso Otto Bihalji-Merin – il vero e la rappresentazione
figurativa sono una sola cosa, una relazione d’identità quale sussiste anche
nei bambini e nei popoli primitivi, istintività dunque che non distingue fra
immagine e realtà>>.
Maria Paola Forlani
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