MATER
Percorsi simbolici sulla maternità
Incipe, parve puer, risu conoscere matrem.
Incomincia, piccolo, a riconoscere la madre dal
sorriso
Virgilio, IV Ecloga, v.60
La maternità racchiude in
un’unica immagine il mistero della vita nell’Universo, segnando l’irruzione del
tempo del singolo essere umano nell’immensità dell’infinito. In questo miracolo
della materia, che genera e pensa se stessa, permane il più grande mistero
della vita.
Si è aperta la mostra Mater.
Percorsi simbolici sulla maternità, fino al 28 giugno 2015, al Palazzo
del Governatore di Parma, curata da Annamaria Andreoli, Elena Fontanella e
Cosimo Fonseca (catalogo L’Erma di Bretschneider).
L’evento si propone di
esplorare l’aspetto sacrale e archetipico della maternità e il suo ruolo fondamentale
nella cultura mediterranea attraverso una selezione di capolavori archeologici
e artistici, provenienti da importanti musei e collezioni italiane.
L’essere umano, ricorda
Focault, a differenza degli animali non ha istinti, neanche quello materno, ma
è frutto di produzioni culturali che, in ogni momento storico, trasformano
concetti, credenze, forme e modalità di vita. Ad ogni epoca che si affaccia
sulla scena del mondo, da quella industriale a quella cibernetica, corrisponde
una sorta di morte e di rinascita che richiede, inevitabilmente, la perdita e
la trasformazione di sé in altri ordini di senso.
I curatori, nel progettare la
mostra, sono partiti da un concetto polisemantico della “maternità” scandito
entro contesti e sistemi sociali di diversificata tipologia e di variegata
tradizione. A cominciare dal modello triadico che alla maternità collega
indissolubilmente le capacità fecondante e l’impulso generante per proseguire
con l’altro modello, scandito anch’esso entro un modello triadico, della paternità
e della filiazione. Le cosmogonie, da quelle arcaiche a quelle di più raffinata
elaborazione strutturale, ripetono questi modelli talvolta mutando o
accentuando l’ordine gerarchico dei tre fattori che sono sociologicamente
pregnanti e geneticamente funzionali, sino a quando si stabilizza un livello di
acculturazione che alla maternità in quanto tale riconosce un indubbio e
acclarato protagonismo.
La mostra si sviluppa
attraverso quattro macro sezioni:
I sezione: Cosmogonie e Dee Madri: la Maternità della Terra e la Maternità
del Cielo.
Dalle antichissime
raffigurazioni delle Grandi Madri ‘steatopigie’ fino ai miti greco-romani il
tema della fertilità e della maternità ha rappresentato per secoli la
rappresentazione fisica del costante rapporto dell’Umanità con il Divino.
Tra le opere di maggior
importanza di questa sezione, sono esposti gli idoli femminili primitivi (Dea Madre) come la celebre “Venere di Savignano (Mo)” del Museo Etnografico
Pigorini di Roma ma, soprattutto, la “Madre
dell’ucciso di Urzei” del Museo Archeologico di Cagliari. Quest’opera si
presenta di struggente fascino per composizione e suggestioni evocative.
L’immagine materna, per il mistero, la densità di piani, le infinite
sfaccettature che racchiude, ben si presenta, nel corso dei secoli, a veicolare
una amplissima gamma di metafore. Prima di tutte, quella basata sulla
corrispondenza tra la funzione
generatrice della terra e quella
della donna: come terra, la donna
accoglie il seme, lo custodisce nel suo corpo, lo fa crescere e germogliare, lo
riporta alla luce trasformato in frutto.
Per me sei figlio, vita morente,
ti portò cieco questo mio ventre
come nel grembo, adesso in croce
ti chiama amore questa mia voce
F.De Andrè, Tre madri,
da <<La
Buona Novella >>
Nella stessa sezione seguono:
l’Artemide
Efesina dei Musei Vaticani, l’Ara con
Eros del museo Regionale di Gela, i celebri Bambini in fasce (ex voto) del santuario di Vulci del II sec. a.C.
del Museo Archeologico di Napoli. I misteri femminili legati al culto di Iside
e di Demetra sono rappresentati dal busto di Iside in basalto della XXVI
dinastia del Museo Egizio di Firenze e della preziosissima statua di Proserpina
(III sec. a.C.) del Museo Civico di Lucera.
II sezione: Maternità Rivelata
In questa sezione viene
espressa la decisiva svolta simbolica nella rappresentazione artistica della
Maternità dopo il riconoscimento di Maria come Madre di Dio dal Concilio di
Nicea nel 325 d.C. Partendo dall’esperienza artistico/religiosa delle icone
bizantine presenti in mostra, il percorso si sviluppa dal Trecento toscano fino
al XVII secolo con preziosi capolavori su tavola e celebri Madonne con Bambino
da Filippo Lippi a Andrea Mantegna, da Pinturicchio a Rosso Fiorentino, dal
Veronese a Tiepolo.
III sezione: Dalla Maternità Sacra alla Maternità
Borghese.
La trasformazione della
famiglia in ambito borghese ottocentesco ha modificato l’ideale di sacralità
della maternità. In questa sezione viene analizzato il forte equilibrio sociale
creato dalla rivoluzione industriale che farà da sfondo al recupero della
maternità come valore nuovo, qui ben esemplificato dai ritratti di genere di
Francesco Hayez e di Domenico Induno fino alle magnifiche tele di Felice
Casorati
(La famiglia Consolaro Girelli) e di Gino Severini (La
maternità).
IV sezione: Il Secolo Breve: Emancipazione della
Figura Femminile dai temi archetipici.
La sezione sottolinea il tema
della Maternità nell’arte del Novecento e delle sue avanguardie. Ne emerge non
più una figura di madre astratta e chiusa in una propria femminilità sacrale,
ma una figura in reale competizione con il quotidiano, in cui è la donna –
affrancandosi dalla condizione esclusiva di madre – che determina nell’arte una
variazione della propria iconografia. La maternità sacra si trasforma in
femminilità
deduttiva e il senso procreativo cede il passo a una
rappresentazione estetica concettuale. La sezione si interroga sulla moderna
ricerca artistica di un nuovo archetipo femminile attraverso le opere di Mimmo
Rotella, Michelangelo Pistoletto, Max Kuatty, Bill Viola, Mat Collishaw, fino
alla celebre icona del personaggio di Valentina di Crepax.
Per parlare delle mamme nel
cinema italiano, molto si potrebbe scorrere nella storia di questa arte, dal
muto ai giorni nostri. Io mi fermerei ad un capolavoro emozionante e struggente
come <<Bellissima>> (1951) di Luchino Visconti. Attori Anna Magnani
(Maddalena Lecconi) e Walter Chiari (Alberto Annovazzi).
Maddalena ha un’unica figlia,
Maria (Tina Apiccella), una bambina di otto anni, che lei adora. La bimba agli
occhi della madre è bellissima e Maddalena vuole organizzarle un luminoso
avvenire.
Quando il regista Alessandro
Blasetti cerca una bambina per un film si precipitano al concorso una
moltitudine di mamme e bambine tra cui Maddalena e la figlia.
La madre decide di far
partecipare al concorso Maria facendo tutti i sacrifici possibili
per prepararla adeguatamente.
A Cinecità. Maddalena s’imbatte in Alberto Anovazzi, che le fa credere di
essere l’aiuto regista e di poterla aiutare dietro compenso.
La bimba viene ammessa al
provino. Ma quando Maddalena vede l’immagine della piccola Maria impacciata e
piangente tra le risate del regista e degli aiutanti, s’infiamma di sdegno e
dopo aver fatto una violenta scenata, porta via la bambina.
Indignata e avvilita la madre
si rende conto delle sue aspirazioni sbagliate e rinuncia al fruttuoso
contratto che le viene effettivamente proposto dal regista che aveva visto in
quella bambina qualità espressive non comuni.
Maria Paola Forlani
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