Boldini
Ritratto di signora
Un corteo di
eleganti femmes fatales sfila accanto
a figure femminili delineate con sciabolate di colori accesi, pennellate
veloci, dissonanti accostamenti.
Alcune di
loro, con il cipiglio ancora avvolto dal profumo di un’epoca che non c’è più si
apprestano a guardare la scena espositiva milanese dopo circa trent’anni di
assenza. Sono le donne di Giovanni Boldini, “fragili icone” incastonate in
atmosfere rarefatte e abiti fruscianti, protagoniste di una mostra che le vede
eccezionalmente uscire dal Museo Giovanni Boldini – Galleria d’Arte Moderna e
Contemporanea di Ferrara per un dialogo con il piccolo e preziosissimo nucleo
di opere L’Amazzone, Treccia bionda,
L’Americana, Giovane donna con fiore –del pittore, conservate alla GAM di
Milano, e che durerà fino al 17 giugno, a cura di Omar Cucciniello e Alessandro
Oldani.
Basterebbero
i tre grandi capolavori concessi dal Museo Giovanni Boldini di Ferrara a questa
mostra milanese tutta (o quasi) al femminile – La contessa de Leusse (1889 – 1890), La passeggiata al Bois de Boulogne (1909 circa) e La signora in rosa (1916) –
a dare
l’idea della notorietà internazionale acquisita dal pittore italiano (ma, si sa
francese d’adozione) durante gli anni della Belle Ėpoque, tanto che
“La gran
vita mondana che sfila a Parigi sino alla vigilia della Prima guerra mondiale
diventa un suo harem privato e obbediente, un mondo speciale ammesso alla
manifestazione e mediazione del suo genio, con un esclusivismo di patenti che
quasi fa impallidire le offerte di D’Annunzio e quelle al giovane Gordon Craig”.
(Carlo Ludovico Ragghianti)
Cronologicamente
l’ultimo di questi bellissimi ritratti risale agli anni del conflitto, ma
indica, appunto, quale importanza Boldini potesse ancora vantare presso la
committenza cosmopolita che, pur nella tragicità degli eventi bellici e
nonostante la tarda età dell’artista, per consegnare la propria immagine alla
posterità ancora ricorreva alla sua mano abile e veloce, ai suoi modi eleganti
e seducenti, alla sua capacità di ricreare un’inconfondibile, vaporosa
atmosfera mondana. La signora in rosa è
Olivia de Subercaseaux Concha, aristocratica parigina di origine cilena,
flessuosamente seduta su un divanetto Luigi XVI che faceva parte dell’arredo
dello studio del pittore. Era stato il celebre ritrattista americano James
Whistler a presentare Boldini ai Subercaseaux e a procuragli, di conseguenza,
diverse importanti commissioni come questa.
Ancor più
importante, con la sua altezza di oltre due metri, La passeggiata al Bois de Boulogne ritrae l’estrosa esponente
dell’alta società statunitense Rita Lydig (nata Hernández de Alba de Acosta, di origini
cubane). In compagnia del marito Philip, capitano dell’esercito americano ormai
in pensione, con il quale soggiornava spesso a Parigi, frequentandovi
letterati, musicisti, artisti. Si tratta di un’opera esemplare della tarda
maturità e condensa le ricerche figurative e stilistiche elaborate da Boldini
durante una lunga e sfaccettata carriera, che ha permesso al pittore di
rinnovare il genere del ritratto con una formula che si traduce in una perfetta
sintesi di tradizione e modernità. L’opera è, infatti, rappresentativa dello
studio della grande ritrattistica inglese del Settecento: la scelta di
ambientare il ritratto all’aperto, sullo sfondo di una vegetazione, rimanda in
particolare a The Morning Walk, dipinto
da Thomas Gainsbourough nel 1795 (Londra, National Gallery), cui il pittore
ferrarese senz’altro guardò.
Di Rita
Lydig si può anche ammirare in mostra un disegno – anch’esso proveniente dalle
collezioni ferraresi e databile al primo decennio del Novecento – che la
raffigura a mezzo busto, di profilo tramite pochi e rapidi tratti di matita.
Tra le
incisioni in mostra, sempre provenienti da Ferrara, significativo è Il cappello con gli aspri (1900 circa).
Il foglio a puntasecca su carta giapponese, raffigura una signora elegante con
un cappello alla moda, decorato da vistosi aspri o piume di airone. Da un punto
di vista tecnico, la stampa presenta una veloce redazione parziale della figura
e una vivacità compositiva grazie al segno marcato, elettrico e preciso. La puntasecca
dimostra, inoltre, che la sensibilità grafica di Boldini, al pari di quella
pittorica, offre un efficace connubio tra l’interpretazione dello stile e del
gusto estetico allora in auge e la resa dell’attitudine della modella.
Boldini con
grande maestria corrispose pienamente all’edonismo della sua ricca e colta
committenza, effigiandone i membri in modo innegabilmente seducente ed
esclusivo. Come nei grandi dipinti su tela, anche nei lavori su carta il suo
virtuosismo tecnico, non limitandosi alla diligente trascrizione oggettiva,
restituisce la naturalezza di uno sguardo, di un gesto, l’impercettibile
irrequietezza della figura.
Con tutta
probabilità, l’artista considerò l’attività incisoria marginale rispetto
all’opera pittorica; egli infatti, lavorò all’incisione in forma privata,
realizzando perlopiù effigi informali di giovani donne e dame eleganti di amici
o di qualche personaggio per lui significativo dal punto di vista affettivo o
professionale.
Negli anni
successivi alla Grande Guerra, che segna storicamente la fine della Belle Ėpoque, nulla sarebbe stato come prima
in Europa. Boldini si spegne a Parigi all’età di ottantotto anni, l’11 gennaio
del 1931. Le opere con le quali aveva immortalato i protagonisti di quella
stagione mitica, con cui definì il canone stesso della bellezza e dell’eleganza
di un’epoca, avrebbero conosciuto una breve stagione di oblio per riacquistare,
letteralmente ma progressivamente, la loro statura di indispensabili documenti
pittorici di quell’importante frangente storico ed essere riconosciuti in tutto
il loro <<forte potere d’incanto>>.
Maria Paola
Forlani
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