Voci di donne
L’universo femminile
nelle raccolte laurenziane
S’intitola
<<Voci di donne>> la mostra allestita nei locali adiacenti alla
Biblioteca Laurenziana di Firenze, a cura di Maria Rita Fantoni, aperta fino al
29 giugno 2018, (catalogo Mandragora).
La
biblioteca già agli inizi del XX secolo, avviò la tradizione delle esposizioni
temporanee, organizzate con regolarità, allo scopo di valorizzare il patrimonio
posseduto. Il prestigioso <<contenitore>>, commissionato da papa
Clemente VII
de’ Medici per ospitare la preziosa raccolta
di manoscritti collezionata dalla sua potente famiglia, fu progettato da
Michelangelo, il quale ne diresse i lavori tra il 1523 e il 1534, anche se
furono Giorgio Vasari e Bartolomeo Ammannati a completarlo, qualche decennio
più tardi, quando vennero incaricati dal granduca Cosimo I di proseguire
l’opera, pur attenendosi ai disegni originali del maestro fiorentino. Attenta
custode di un tesoro incommensurabile, la raffinata struttura ci introduce alla
rassegna dedicata alla figura femminile, esaminata sia come soggetto passivo
che attivo. Effettuata sui cataloghi di tutti i manoscritti, dai papiri greci
fino ai carteggi novecenteschi, l’indagine ha rivelato un cospicuo numero di
testi legati al mondo muliebre, molti dei quali poco studiati, se non
addirittura ignorati finora e, in maggioranza, mai esposti e conservati nei
fondi Ashburnham, Mediceo Palatino e Redi.
Sono stati
così individuati sessantasei documenti, che vengono ora presentati in sei
sezioni, all’interno delle quali sono stati ordinati seguendo il criterio
cronologico delle singole protagoniste, e non sulla base della datazione dei
pezzi. L’esposizione si apre con una selezione di composizioni poetiche,
trattati e diari, scritti da undici donne su differenti supporti, in un ampio
lasso di tempo.
Il primo
esemplare, il più antico, è il frammento di una poesia composta da Saffo, poetessa
greca vissuta tra VII e VI secolo a.C., conservato su un ostrakon databile al II secolo (il termine ostrakon, in greco designava la conchiglia, ma per traslato fu
utilizzato per designare frammenti di terracotta usati come supporto scrittorio),
sistemato insieme al pezzo più recente.
Largamente
ammirata e apprezzata dai suoi contemporanei, ripresa come modello dai poeti
ellenistici e, attraverso questi, dai neòteroi latini e da Orazio, divenne
presto leggenda. Si fantasticò di un suo amore infelice per il bel barcaiolo Faone,
che l’avrebbe portata a suicidarsi gettandosi nel mare dalla rupe di Leucade,
invenzione ripresa da Ovidio (Heroides, XV)
e da Leopardi (Ultimo canto di Saffo).
Ma fu
soprattutto il poeta Anacreonte, vissuto una generazione dopo di lei, che,
legando Saffo al tema dell’amore omossessuale (“Lesbico” o “saffico”) per i
versi amorosi rivolti alle fanciulle del tiaso, contribuì ad aumentare la fama
e al contempo a generare l’altalenante balletto fra secolari pregiudizi
moralistici, esaltazioni di perfezione formale della sua poesia e atteggiamenti
censori.
Accanto all’ostrakon è esposto un pezzo più recente,
una lettera di Medea Norsa, papirologa del XX secolo. Mentre proviene proprio
dall’Egitto il papiro che riporta parzialmente il poemetto la Conocchia di Erinna.
Accanto, in
successione, è esposto il più antico compendio medieale, di ginecologia,
ostetricia e cosmesi il quale è costituito da tre trattati il Liber de sinthomatibus, il De curis mulierum, e il De ornatu mulierum: il primo tratta di
problematiche ostretiche e ginecologiche, il secondo affronta questioni sia
mediche che cosmetiche, l’ultimo è un trattato di cosmetica.
I tre
scritti sono stati tramandati, a partire dai cataloghi delle biblioteche
medievali, sotto il nome di Trotula, quella che è considerata la prima donna
medico, appartenuta alla scuola medica salernitana nell’XI-XII secolo.
Segue
Ildegarda di Bingen (1098-1179), una delle figure femminili più significative e
sorprendenti del Medioevo. Monaca benedettina, teologa, studiosa di medicina e
scienze naturali, autrice di musica e canti religiosi, fu anche grazie al suo
carisma, una personalità di spicco in campo politico e religioso tanto che
divenne consigliera di sovrani e importanti personaggi laici ed ecclesiastici.
Il codice laurenziano a lei attribuito contiene l’opera Physica.
Il Medioevo
è, anche, ben testimoniato dalla figura di Santa Caterina da Siena, autrice del
Dialogo della divina dottrina, riportato
da un piccolo codice miniato.
Lucrezia
Tornabuoni (1421-1482), figlia di Francesco Tornabuoni e di Nanna Guicciardini,
fu una delle figure femminili di spicco della Firenze del Quattrocento. Cosimo
de’Medici la scelse come sposa per il figlio Piero. Gli scritti che ha
lasciato, tutti in volgare, comprendono quarantanove lettere, otto laudi, una
canzone, cinque poemetti sacri e un sonetto. La laude di Lucrezia esposta è Ben venga osanna, che ricorda l’entrata
di Gesù in Gerusalemme.
Vittoria
Colonna (1490-1547), forse la più nota dei suoi tempi, ebbe un ruolo di
assoluto spicco nei cenacoli religiosi e letterari dell’epoca; nota per i
rapporti di vicinanza e amicizia con i maggiori personaggi del suo tempo, dai
papi all’imperatore Carlo V, raccolse intorno a sé gruppi di intellettuali che
si inserivano a pieno nel vivace dibattito culturale dell’epoca.
Il codice, a
lei attribuito, occupa una rilevante posizione all’interno della tradizione
manoscritta della produzione poetica della Colonna, raccoglie centodue
componimenti, tra sacri e profani ed epistolari: nove di questi sonetti sono
però di autori diversi. La raccolta fu allestita come dono a Margherita di
Angoulême, moglie di Enrico II d’ Albret re
di Navarra, che ne aveva fatto richiesta suo è lo stemma che compare ad inizio
pagina. A lei venne inviato per tramite di Alberto Sacrati, oratore estense in
Francia; quanto il luogo di allestimento del codice, la critica non è concorde
e ne ha attribuito la provenienza ora a Roma, ora a Ferrara.
Gli scritti
della ritrattista veneziana Rosalba Carriera chiudono il percorso iniziale, al
quale segue il settore consacrato alle autrici di epistole. Sono 14 le lettere
esposte, alcune con firma autografa, quasi tutte custodite nel Carteggio
Acciaioli del XIV secolo, tra cui due delle regine di Napoli, Giovanna I e
Giovanna II e alcune anche nel seicentesco Carteggio Huet.
Di notevole
spessore è la figura di Margherita di Martino, seguace savonaroliana, la quale,
nel 1496, scrive al frate ferrarese, esortandolo a considerare una riforma
delle norme che regolamentano l’abbigliamento delle fanciulle. Sono invece
dedicate a regine, duchesse e marchese le opere del terzo comparto,
storicamente rilevanti, come la versione del De Beneficiis di Seneca di Benedetto Varchi che reca la dedica di
Eleonora di Toledo, oppure dei manoscritti legati alle donne di Casa Medici e
Lorena, come Caterina o Giovanna d’Austria, sposa di Francesco I, omaggiata da
un maestro comasco che, per lei, compose una piccola Grammatica, allo scopo di insegnarle l’italiano.
Le due
sezioni successive prendono in esame le dame committenti, come Eufrasia de’
Lanfranchi, monaca benedettina di nobile famiglia pisana, vissuta nel Trecento,
che fece realizzare un breviario di squisita fattura, e le copiste, tutte suore
di conventi fiorentini ora scomparsi che eseguirono pregevoli opere. La mostra
si conclude con quei personaggi femminili che, a vario titolo, hanno posseduto
diversi esemplari, come i 3 codici acquistati da Maria Luisa di Spagna per
essere donati alla Biblioteca nel 1806.
Maria Paola
Forlani
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