Giulia Lama
Nudi
“Giulia Lama veneziana, vivente fra
gl’Arcadi Lisalba molto
erudita nelle filosofie, ed assai
valorosa Pittrice, cosicchè le
principali Chiese cercano avere delle
opere sue, ed in
particolar qualche Palla, nella cui
maniera di dipingere
acquistassi ella grandissimo onore”.
Luisa
Bergalli, Componimenti poetici, delle più illustri
Ricamatrici
d’ogni secolo, Venezia 1726
A Venezia,
nella prima metà del Settecento, oltre a Rosalba Carriera viveva un’altra
pittrice di primo piano, purtroppo del tutto ignorata fuori dalla sua patria:
Giulia Lama (1681 – 1747). Il Museo del Settecento Veneziano di Ca’ Rezzonico
celebra questa figura con la presentazione di 12 splendidi studi di nudo
realizzati dall’artista, parte di una più ampia raccolta di sue opere grafiche,
appartenenti al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museo Correr, a cura
di Vittoria Surian, Daniele D’Anza e Alberto Craievich, aperta fino al 3
settembre 2018.
Figlia
d’arte – suo padre, Agostino, era pittore lui stesso oltre che mercante d’arte
e perito – a dispetto delle sue colleghe impegnate nella produzione di generi
“femminili” come il ritratto o la miniatura, Giulia Lama si cimentò nella
pittura di storia, con grandi composizioni affollate, ricevendo diverse
commissioni ecclesiastiche (in particolare le pale d’altare per le Chiese di
Santa Maria Formosa e di San Vidal) e suscitando evidentemente invidia e
maldicenze tra colleghi maschi, tanto da far scrivere all’abate Antonio Conti:
“la povera donna è perseguitata dai
pittori ma la sua virtù trionfa sui suoi nemici”.
La sua
estetica, lontana da visioni prettamente decorative o intrise di calda
sensualità, si qualifica nelle raffigurazioni dal forte risalto plastico ed
espressivo, violente nella loro gestualità e nell’uso del colore, in sintonia
con quanto diffuso in quegli anni a Venezia da Giambattista Piazzetta.
Questi
peraltro – uno dei pochi colleghi che le dimostrarono sincero apprezzamento –
ci ha lasciato uno straordinario ritratto della pittrice, che compie la sua
esistenza interamente nella parrocchia di Santa Maria Formosa senza mai
lasciare Venezia, e che pare essere stata non bella d’aspetto, ma dal
temperamento forte seppure malinconico.
Dallo studio
dei documenti d’archivio, Giulia riemerge come artista poliedrica e donna
raffinata e istruita, avendo ricevuto un’educazione scientifico umanistica di
tutto rispetto.
La giovane
Lama studiò infatti matematica con il padre domenicano Tommaso Pio Maffei –
colui che “aveva insegnato matematica e
la politica ai soggetti più illustri del nostro Paese” – e frequentò il
circolo scientifico umanistico che a Venezia si era raccolto a casa Doro “medico di gran fama”, ove si alternavano
esperimenti e dissertazioni scientifiche a discussioni letterarie.
Da qui forte
passione anche per la poesia – tanto che nel 1726 Luisa Bargelli, futura moglie
di Gasparo Gozzi, inserì alcuni sonetti e canzoni della pittrice tra
“I
componimenti poetici delle più illustri ricamatrici d’ogni secolo”.
Dunque
pittrice e poetessa a pieno titolo – entrambe espressioni di un suo sentire
esistenziale infelice, per le delusioni amorose e i tormenti dell’anima – ma
anche merlettaia, attività che le garantì in effetti il sostentamento.
Il disegno
del nudo, almeno dal Rinascimento, è alla base della formazione di un artista.
Con la nascita delle accademie d’arte, lo studio della figura umana dal vivo
diventa istituzionale: è la materia d’insegnamento più importante e su di essa
si basa la ragione d’essere scuola. A Venezia l’Accademia viene fondata tardi,
ultima fra le capitali artistiche italiane, tuttavia, la presenza di spazi
estremamente dedicati a questa pratica è documentata in città almeno dalla metà
del Seicento.
Testimonianza
visiva, in presa diretta, di una scuola di nudo nella Venezia del Settecento è
lo straordinario disegno di un giovanissimo Giambattista Tiepolo (collezione
privata).
Com’è logico
aspettarsi, fra gli artisti non compare nessuna donna. Eppure in quelle sedute,
forse, almeno una c’è stata, qualora sia da riconoscersi nel disegno la sala di
posa dell’atelier di Piazzetta.
Il suo nome
è Giulia Lama, figlia a sua volta di un pittore, Agostino, ma riconosciuta
sempre come “scolara di Piacetta” secondo quanto recita l’iscrizione apposta in
calce a un suo disegno conservato al British Museum di Londra.
Molti
disegni eseguiti nell’accademia di Piazzetta ci sono giunti in fondi omogenei,
acquistati nel 1935 dal Comune di Venezia e oggi custoditi nel Gabinetto dei
disegni e delle stampe del Museo Correr. Tra essi si trovano i disegni di
Giulia Lama. Proprio la presenza di disegni della pittrice sono un indizio
della sua partecipazione alle sedute di copia dal modello immortalate da
Tiepolo.
Il gruppo
del Correr comprende dodici fogli, tutti raffiguranti studi di nudo. Sono stati
assegnati alla pittrice da Ugo Ruggeri (1973) e da allora l’attribuzione non è
mai stata messa in dubbio. I disegni sono eseguiti a gesso nero e rosso con
lumeggiature di gesso bianco. Sul verso di alcuni troviamo studi anatomici o,
in un caso, una figura panneggiata in preghiera. Il supporto è la tipica carta
ruvida e spessa impiegata dai pittori veneziani per questo genere di studi. In
alcuni casi è stata trattata con acquarello, così da rendere il fondo più
uniforme e far risaltare i gessi impiegati per eseguire i disegni. Tutti i
fogli, oltre ai segni dell’usura del tempo, rivelano bordi sfibrati, strappati,
piegature irregolari, sbavature di colore e macchie. Ci conducono dentro la
quotidianità del mestiere di pittore.
Sono fra le
cose più belle che lei abbia realizzato.
I fogli di
Giulia Lama sono ben riconoscibili. Come in Piazzetta, il disegno non definisce
in modo lineare, analitico, le anatomie, ma mira a raggiungere la plasticità
delle forme attraverso il contrasto fra luce e ombra. La pittrice esaspera
questo modo di lavorare. Il segno del gesso è incisivo, a tratti grossolano,
mentre il chiaroscuro è particolarmente violento, realizzato con ombre nette,
senza passaggi intermedi e sfumature, come se la pittrice non fosse in grado di
ammortizzare la propria foga.
Rodolfo
Pallucchini, l’artefice della riscoperta moderna della pittrice nel 1933,
scrive:
“Negare la
validità della sua espressione pittorica, che è all’unisono di quella poetica,
in base al procedimento accademico del bel disegno, come si è fatto nel
Settecento e si è continuato a fare nei tempi nostri, significa non
comprendere, anzi escludere dalla storia, una delle personalità più avvincenti
e drammatiche del Settecento veneziano: la sua inquietudine semmai è sintomo
dei tempi che verranno, e non a Venezia soltanto”.
Maria Paola
Forlani
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